Non sai come votare? Te lo dice ChatGPT
L'uso di chatbot come ChatGPT, in Svizzera, è sempre più massiccio. In particolare fra i giovani. Di più, l'intelligenza artificiale è diventata più di un semplice aiuto nella vita di tutti i giorni. Arrivando, perfino, a definire le nostre scelte politiche. O, meglio, oltre a domande apparentemente banali abbiamo iniziato a interrogare ChatGPT (anche) su temi legati a un referendum o a un oggetto in votazione. Nell'ottica di formarci un'opinione. Con tutte le conseguenze del caso, evidentemente. Questo, riassumendo al massimo, è il panorama che emerge da uno studio di prossima pubblicazione curato da Victoria Vziatysheva dell'Università di Berna e anticipato dal portale Nau.ch. L'autrice dello studio, in particolare, ha spiegato che l'obiettivo della ricerca era capire quali fonti di informazione utilizzano gli svizzeri per prepararsi a un appuntamento con le urne.
Il risultato, di per sé, è sorprendente. Ma nemmeno troppo, pensando al panorama mediatico attuale: il 2% degli intervistati, infatti, ha affermato di utilizzare strumenti di intelligenza artificiale. Per carità, il 2% rimane una percentuale scarsa. Ma su 5,5 milioni di elettori aventi diritto, in Svizzera, parliamo di oltre 100 mila persone. Il che ci porta a dire che chatbot come ChatGPT possono avere un'influenza, diretta, sul risultato di una votazione.
Dicevamo delle conseguenze. Sistemi come ChatGPT vengono allenati con enormi quantità di dati. Dati che, come noto, possono contenere errori, disinformazione o notizie fuorvianti. Di qui la possibilità che una risposta contenga errori o imprecisioni. Provate a chiedere il numero di morti di una determinata guerra o, meglio, provate a ripetere questo esercizio in più lingue: a seconda dell'idioma, la risposta numericamente sarà differente.
Mykola Makhortykh, ricercatore post-dottorato ed esperto di intelligenza artificiale e disinformazione per l'Università di Berna, al riguardo ha sottolineato che gli errori non sono rari, soprattutto quando si tratta di argomenti specifici di nicchia: «Le risposte si basano spesso su informazioni imprecise od obsolete». Il ricercatore ha messo in guardia altresì dalla cosiddetta manipolazione mirata: «Ci sono anche casi in cui l’intelligenza artificiale è deliberatamente programmata per la propaganda. Tuttavia, molti utenti si fidano ciecamente di questi sistemi». Una fiducia che, secondo l'esperto, nasce da un aspetto in particolare: «Le persone tendono a umanizzare la macchina. La vedono come una controparte intelligente e questo può essere ingannevole».
Attualmente, per fortuna verrebbe da dire, l’uso politico dell’intelligenza artificiale sembrerebbe ancora gestibile. Secondo Vziatysheva, la maggior parte delle persone preferisce affidarsi ad esempio a ChatGPT per scrivere e-mail o sintetizzare testi lunghi. Ma le cose potrebbero presto cambiare. Soprattutto se pensiamo che, secondo lo studio, circa il 20% degli intervistati ha spiegato di utilizzare già i motori di ricerca per informarsi sulle votazioni. Quando parliamo di temi politici in generale, non solo legati alle votazioni quindi, questa percentuale sale all'88%. I motori di ricerca come li conosciamo, anzi conoscevamo, stanno cedendo il passo a motori integrati dall'intelligenza artificiale. Sempre Vziatysheva: «Ciò che molte persone non sanno è che i motori di ricerca come Google utilizzano l’intelligenza artificiale da molto tempo. Finora, tuttavia, l'intelligenza artificiale classificava le informazioni esistenti, ad esempio organizzando o personalizzando i risultati della ricerca». In futuro, secondo Vziatysheva, Google e altri fornitori si affideranno sempre di più all’intelligenza artificiale generativa. «E questa cosa rivoluzionerà il modo in cui utilizziamo i motori di ricerca. Non solo i motori ci mostreranno le fonti di informazione, ma formuleranno anche una risposta diretta alla nostra domanda».
E le fonti tradizionali? In Svizzera, al momento, resistono. Oltre il 70% degli intervistati, infatti, ha detto di fare sempre affidamento sul libretto informativo fornito dalle autorità. Il 66% ha dichiarato di ascoltare i consigli di amici e famigliari mentre il 57% ha detto di consultare i giornali. Nel nostro Paese, per contro, sono poco meno del 55% coloro che si fidano di trasmissioni televisive come Rundschau e simili. D'accordo, ma in futuro? Vziatysheva si è detta moderatamente ottimista: «La tecnologia è uno strumento potente. La sfida è ridurre al minimo i rischi e aumentare la fiducia delle persone nelle fonti di informazione affidabili».