Non vi sono motivi per fermare i rimpatri Dublino verso la Croazia
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La Segreteria di Stato per la migrazione (SEM) continua a rimpatriare i «richiedenti asilo Dublino» verso la Croazia, respingendo la richiesta dell'Organizzazione svizzera aiuto ai rifugiati (OSAR), che a metà febbraio aveva chiesto di interrompere questa pratica.
La cosiddetta «procedura di Dublino» prevede il trasferimento dei rifugiati nel primo Paese dell'Unione Europea (UE) dove sono state registrate le loro impronte digitali e dove risulta registrata la loro domanda d'asilo. Lo scorso 20 febbraio l'OSAR aveva esortato le autorità elvetiche a rinunciare ai rimpatri verso la Croazia, sostenendo che la polizia del Paese balcanico tratta i migranti in modo disumano.
Interpellata da Keystone-ATS, la SEM ha risposto che i problemi che secondo l'OSAR si verificano nelle regioni di confine della Croazia non possono essere collegati ai rimpatri nell'ambito della procedura di Dublino. I trasferimenti avvengono legalmente e senza eccezioni verso la capitale Zagabria.
Non vi è - sottolinea la SEM - alcun collegamento tra i rimpatri e i casi di respingimenti alla frontiera in Croazia menzionati dall'OSAR. Quella dei respingimenti, o dei «pushback», è la pratica illecita di costringere migranti ad uscire da uno Stato Schengen subito dopo il loro ingresso, impedendo loro di fatto di presentare domanda di asilo.
Secondo la SEM, indagini approfondite hanno permesso di escludere che i rimpatriati di Dublino riportati in Croazia dalla Svizzera rischiano di essere respinti in Bosnia-Erzegovina, fuori quindi dai confini dell'UE, o di subire violenze sistematiche da parte delle autorità di polizia croate. Gli episodi di cattiva condotta delle forze di sicurezza croate non indicano un uso sistematico della violenza contro i migranti.
Le critiche e le richieste dell'OSAR si fondano su un nuovo rapporto sul sistema dell'asilo in Croazia. Lo scorso ottobre, suoi dipendenti hanno visitato i centri di asilo e hanno parlato con i rappresentanti delle ONG in loco. Numerosi intervistati hanno evidenziato lacune nel sistema in vigore nella nazione dell'ex Jugoslavia. Ad esempio, è difficile per le persone con problemi di salute, come quelle che hanno subito traumi, ricevere assistenza medica. Inoltre mancano interpreti.