Camere

Oggi la decisione sullo stop al finanziamento dell'UNRWA

Il Consiglio degli Stati deve pronunciarsi sulla richiesta di tagliare il contributo elvetico all'agenzia dell'ONU per i rifugiati palestinesi – Il Nazionale aveva detto sì
©Abed Rahim Khatib
Giovanni Galli
18.03.2025 06:00

Si decide stamattina in Parlamento il futuro dei finanziamenti svizzeri all’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi. Istituita alla fine del 1949 e ora diretta dallo svizzero Philippe Lazzarini, l’agenzia si occupa di sostenere sei milioni di persone fra Giordania, Libano, Siria, Cisgiordania e Gaza. Nella sola Striscia sono attivi a vario titolo circa 18 mila collaboratori, su un totale di 30 mila. Il contributo elvetico, già ridotto da 20 a 10 milioni di franchi nel 2024 (da utilizzare esclusivamente per le necessità umanitarie urgenti a Gaza), costituisce solo una piccola parte del bilancio dell’organizzazione, che nel 2023 ammontava a 1,46 miliardi di dollari. Nel mese di settembre il Nazionale aveva approvato una mozione del democentrista David Zuberbühler (AR) per una cessazione immediata dei finanziamenti. I sì erano stati 99, i no 88 e le astensioni 7. Se la Camera dei Cantoni farà altrettanto, il contributo svizzero decadrà. Si prospetta un voto molto tirato, anche perché gli schieramenti sono divisi (il socialista Daniel Jositsch è favorevole alla mozione). Nella Commissione della politica estera, in febbraio, la mozione era passata per 7 voti contro 6 grazie al parere decisivo del presidente Marco Chiesa (UDC). Il Consiglio federale, da parte sua, si era detto contrario, perché la sospensione definitiva dei servizi dell’UNRWA «avrebbe probabilmente ulteriori effetti destabilizzanti sulla regione» e perché difficilmente i compiti svolti dall’agenzia potrebbero essere assunti da altri. 

Due le ragioni invocate contro il proseguimento del sostegno finanziario all’organizzazione: l’impiego di insegnanti e di libri di testo che incitano all’antisemitismo e l’infiltrazione nell’UNRWA da parte di simpatizzanti di Hamas. L’UNRWA respinge l’accusa di sostegno al terrorismo. In ogni caso, una ventina di dipendenti accusati di essere coinvolti nel massacro del 7 ottobre 2023 sono stati licenziati. «Lungi dall’essere una parte del conflitto, l’UNRWA è una vittima di questa guerra» ha scritto Lazzarini poco prima di Natale su «La Stampa», convinto che sia in atto un tentativo da parte di Israele di smantellare unilateralmente l’agenzia. 

Molti Paesi che inizialmente avevano sospeso il loro contributo lo hanno ripreso. A non più pagare sono gli Stati Uniti e la Svezia. In vista della decisione degli Stati si sono moltiplicati gli appelli per non interrompere il sostegno svizzero. Dall’entrata in vigore del cessate il fuoco a Gaza, ha ricordato Amnesty International, l’UNRWA ha fornito il 60% di tutti gli aiuti umanitari nel Territorio Palestinese Occupato e rimane l’attore umanitario più importante in quel territorio. Solo l’agenzia delle Nazioni Unite dispone della rete necessaria per fornire servizi come rifugi di emergenza, strutture igienico-sanitarie, cure mediche e attrezzature, distribuzione di cibo e acqua. 

La settimana scorsa l’«Observatoire éthique et santé humanitaire» di Neuchâtel ha convocato una conferenza stampa a Berna per dire che un eventuale stop ai finanziamenti avrebbe ripercussioni per le vittime a Gaza e per la reputazione della Svizzera. L’organizzazione aveva già scritto una lettera agli Stati in ottobre, ricordando che non esistevano prove di complicità con Hamas. La lettera era stata sottoscritta anche da Carla Del Ponte, già procuratrice del Tribunale penale internazionale per la ex Jugoslavia, da Franco Cavalli e dall’ex ambasciatore in Israele Jean-Daniel Ruch. Per Marco Chiesa, invece, lo stop è giustificato dalle infiltrazioni terroristiche di Hamas. «Questo è il nocciolo del problema, non certo il finanziamento. In discussione dunque non c’è il fatto di fornire un aiuto umanitario, ma in che mani affidarlo. Nella commissione, come dimostra la netta spaccatura, c’è molto scetticismo nei confronti dell’UNRWA. Per questo motivo nasce l’esigenza di rivolgersi ad organizzazioni più affidabili, penso alla Croce Rossa, al Programma alimentare mondiale e a organizzazioni come Médecins sans Frontières o Save the Children.». Un parere, questo, contestato da altri, ma che Chiesa conferma. «Tratteremo anche una mozione del Nazionale che prevede di trovare in prospettiva un’altra organizzazione a cui affidare i nostri contributi, mozione che il Consiglio federale accoglie con favore. Sebbene la maggioranza affermi che l’UNRWA non abbia un futuro a medio e lungo termine e sia necessario trovare soluzioni alternative, la ricerca sarà procrastinata. Per questo motivo, con altri tre colleghi, mi sono opposto. A nostro avviso vanno trovate subito soluzioni che indirizzino i nostri soldi dove c’è bisogno e non nelle tasche sbagliate».