Il punto

Oggi si continua, ma com'è andato il primo giorno sul Bürgenstock?

Pesa, come sottolineato più volte, l'assenza della Cina ma un primo passo, concreto, almeno è stato fatto: avvicinare alcuni Paesi che hanno l'orecchio della Russia
©URS FLUEELER
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
16.06.2024 06:00

Andrij Jermak, vestito di verde mimetico, ha alle spalle il lago dei Quattro Cantoni con Lucerna sullo sfondo mentre davanti ha una decina di giornalisti. Perlopiù ucraini come lui. Il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky ha appena parlato sul podio della conferenza di pace del Bürgenstock senza concedersi alle domande, lasciando al suo braccio destro e capo dell'Ufficio del presidente dell'Ucraina l’incombenza. Iryna Uzlova, conduttrice di Canale 24 guarda già avanti. Al prossimo vertice. A quando, si spera, a volere la pace non saranno «solo» i Paesi chiamati dalla Svizzera nel Canton Nidvaldo. «Lo sapete, noi siamo sempre aperti al dialogo - risponde Jermak, protetto da quattro guardie del corpo - La Cina non è presente, ma sta seguendo il processo di pace molto da vicino». In Ucraina c’è insomma fiducia. Almeno a sentire Jermak. «Sappiamo già cosa faremo dopo questa conferenza di pace. Ma è comunque importante che tutti i leader del mondo si incontrino qui in Svizzera, riuniti attorno al diritto internazionale». Non è insomma un vertice inutile, come alcuni sostengono, a cominciare dalla Russia. «Tutti i leader che sono qui - ripete il braccio destro di Zelensky - sono qui per trovare una soluzione alla fine della guerra e di come portare una pace giusta in Ucraina, ma anche di come sostenere i nostri bambini deportati illegalmente e i nostri prigionieri di guerra». 

Tra solidarità e speranza

Parole che non lasciano indifferenti Salome Zourabichvili, presidente della Georgia, Paese che con la Russia è stata in guerra nel 2008. «Esprimiamo grande solidalità all’Ucraina», dice Zourabichvili ai giornalisti, ricordando l’importanza di rispettare i confini nazionali. Karl Nehammer, cancelliere austriaco, vuole essere altrettanto concreto. «Noi ci siamo, ma in una fase successiva è importante che anche la Federazione russa partecipi alla prossima conferenza di pace». Bisogna insistere, dunque. Senza lasciare indietro però anche i Paesi del Sud del mondo. «Abbiamo bisogno di loro - ha precisato Nehammer - in particolare dell’India, della Cina, del Sudafrica e del Brasile»: Tanto più che India e Brasile sono sul Bürgenstock, anche se solo come osservatori. «Come ha detto il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, la pace è una piantina delicata. Una piantina che però è stata piantata e ora dobbiamo continuare a coltivarla». Parola d’ordine pazienza, dunque. Ma anche insistenza. O resilienza, termine molto più di moda.

Non durerà per sempre

Poco dopo davanti ai taccuini arriva anche Alexander Stubb, presidente della Repubblica finlandese. Ha il volto sorridente. Anche perché dice di essere molto contento che al summit sulla pace sia presente il ministro degli Esteri dell’Arabia Saudita. «È un buon segnale», sottolinea. Ma in realtà, aggiunge, «sono anche contento che ci sia una rappresentanza abbastanza nutrita dall'America Latina e dall’Africa». Una nutrita partecipazione non significa però subito la pace. Almeno non subito. Questo vuol dire che serviranno molti anni prima della fine del conflitto? «Penso che il messaggio fondamentale che dobbiamo trasmettere è che questa guerra non andrà avanti per anni e anni», risponde Stubb. Che come presidente finlandese sa benissimo cosa sta passando l’Ucraina e anzi teme, senza nasconderlo, la minaccia russa. «Prima forniremo all'Ucraina le risorse necessarie, le munizioni, le armi, la difesa aerea e le finanze per fare in modo di vincere questa guerra sul campo di battaglia, prima finirà la guerra», è il suo parere. Altrettanto chiaro è il primo ministro del Regno Unito, Rishi Sunak giunto direttamente dal G7 di Borgno Egnazia (Italia) come altri leader europei. «Chi aiuta la Russia fornendole le armi da guerra dovrebbe guardare a Bucha, a Mariupol, a Kharkiv e dovrebbe riflettere sulla scelta che ha fatto».

Un primo passo

Simon Harris, capo del governo della Repubblica d'Irlanda, preferisce invece quello che si sta già riuscendo a portare a casa. «Questo - precisa, sgombrando il campo dai dubbi - è sempre stato un incontro iniziale per riunire il maggior numero possibile di Paesi e iniziare a esplorare, in modo dettagliato e approfondito, forse come non è stato fatto finora, come procedere in termini di pace in Ucraina». Poi certo la Cina non c’è. Ma «alcuni Paesi che hanno l’orecchio della Russia sì, e comuque questa è una conferenza in cui so che il presidente dell’Ucraina era desideroso che fossero rappresentati il maggior numero possibile di Paesi da diverse parti del mondo». Obiettivo raggiunto, quindi. Anche se in futuro probabilmente ci saranno altri summit, «in cui speriamo possano esserci ancora più Nazioni». Antonio Tajani, ministro degli Affari esteri italiano, torna invece sulle dichiarazioni di venerdì del presidente della Russia, Vladimir Putin. Secondo cui l’Ucraina non dovrebbe entrare nella NATO e rimanere dimezzata. «Non mi sembra una proposta di pace, ma di resa», puntualizza tagliente. Il primo giorno sul Bürgenstock è finito. Oggi si continua. Anche se un primo passo sembra davvero essere già stato fatto sul lungo cammino della pace in Ucraina.

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