Polizia disarmata a Losanna, scatta una levata di scudi

Disarmare gli agenti di polizia per certi compiti di prossimità? La città di Losanna ci sta pensando. A metà gennaio, il Consiglio comunale ha adottato un postulato del verde Ilias Panchard che incarica il Municipio di presentare un rapporto. Secondo la maggioranza di sinistra che ha sostenuto la proposta, intitolata «Progetto pilota per una polizia di prossimità senza arma da fuoco», la misura riguaderebbe solo una piccola parte dei 500 agenti cittadini. L’impiego disarmato dovrebbe essere previsto, ad esempio, in caso di manifestazioni o di conflitti di vicinato. n questi casi, il semplice fatto di portare un’arma potrebbe favorire una «escalation» e peggiorare le tensioni. Toccherà comunque all’Esecutivo comunale definire il tipo missione da effettuare senz’arma. Per certe missioni, ha dichiarato Panchard al quotidiano «24Heures», il fatto di non disporre di un’arma da fuoco (pur mantenendo tutte le altre di cui gli agenti sono dotati) permetterebbe di rafforzare la prossimità tra la polizia e la popolazione.
Le reazioni non si sono fatte attendere, in sede sia politica sia professionale. La decisione è stata criticata il presidente dell’Associazione degli agenti di polizia di Losanna, dell’Associazione degli agenti di polizia comunali del Canton Vaud, dal PLR nazionale, che sul suo sito ha lanciato una petizione, è dalla Federazione svizzera degli agenti di polizia (FSFP). Ad alimentarle è stato anche un tentativo di femminicidio avvenuto il 21 gennaio, sventato dall’intervento di agenti armati. «Questo fatto di cronaca ci riporta a una realtà brutale» ha scritto su «Le Temps» il consigliere comunale Nicolas Hurni (PLR): «La violenza può presentarsi in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo, senza preavviso. Di fronte a questa realtà sul campo, le nostre forze dell’ordine devono poter intervenire immediatamente con mezzi adeguati». Per questo il politico locale punta l’indice contro quelle che definisce «iniziative ideologiche sconnesse dalla realtà» e dice che il disarmo parziale di certi agenti creerebbe «una pericolosa frammentazione delle capacità d’intervento». Dura anche la consigliera nazionale Jacqueline de Quattro, già responsabile cantonale della sicurezza per 13 anni, prima di essere eletta a Berna. L’ex consigliera di Stato ha bollato sul «Blick» l’idea come «una follia furiosa», convinta che proposta di disarmare i poliziotti metta in pericolo i losannesi. «La sinistra sbaglia avversario. Gli agenti sono considerati come dei nemici». Ma la presenza delle armi non rischia a volte di peggiorare le cose? «Gli agenti ricevono una formazione molto buona per disinnescare le situazioni. Ma bisogna anche dar loro i mezzi per intervenire quando è necessario. La prevenzione e le belle parole vanno bene, un’arma è più dissuasiva». Anche la Federazione Svizzera dei Funzionari di Polizia, come detto, ieri è intervenuta nel dibattito, prendendo atto «con disappunto» della proposta accolta dal Legislativo comunale. «Il porto dell’arma è una componente centrale del lavoro della polizia e serve principalmente a proteggere la popolazione e gli stessi agenti di polizia», scrive. «Le operazioni di polizia possono comportare situazioni imprevedibili e potenzialmente pericolose in ogni frangente, in cui è necessaria un’azione rapida e decisa. Senza armi da fuoco, la sicurezza dei cittadini e degli agenti stessi sarebbe fortemente messa in discussione».
Il postulato sostiene che il porto di armi da fuoco rende più difficili le misure cosiddette di de-escalazione. Ma sia quest’ultima sia la risoluzione professionale dei conflitti, obietta la FSFP, sono componenti essenziali dell’addestramento degli agenti di polizia. La rinuncia alle armi da fuoco, secondo l’associazione professionale, non porterebbe a una società più pacifica, ma limiterebbe notevolmente la capacità della polizia di agire in situazioni critiche. Inoltre, in caso di gravi violenze o attacchi terroristici, il ritiro delle armi da fuoco «comprometterebbe gravemente la capacità operativa della polizia e metterebbe a rischio la fiducia della cittadinanza nelle proprie forze di polizia».
La FSFP si dice convinta che la protezione della sicurezza pubblica possa essere garantita solo se la polizia è dotata dei mezzi necessari. Oltre a un equipaggiamento moderno, questo include anche armi da fuoco che vengono portate e utilizzate «con la massima responsabilità». Per questo, si appella ai responsabili politici affinché riconoscano le sfide e i pericoli reali del lavoro di polizia. A suo avviso, il postulato ignora i rischi quotidiani a cui sono esposti gli agenti e indebolisce la capacità della polizia di svolgere il proprio compito di protezione della popolazione.