Il reportage

Qui si crea carne in vitro

A Wädenswil, nel canton Zurigo, una startup produce macinato di manzo coltivato in laboratorio - A fine anno prossimo è previsto il lancio del primo prodotto - Non avverrà però in Svizzera, bensì nei Paesi asiatici
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«Ecco, qui abbiamo la nostra base. Da qui parte tutto», ci spiega Christoph Mayr, aprendo con cautela un grande contenitore in metallo. L’ingegnere alza il coperchio. Delle lingue di fumo denso fuoriescono dal misterioso oggetto. È azoto liquido. E serve a conservare le preziose cellule staminali con cui la startup presso la quale siamo in visita a Wädenswil, sulla sponda ovest del lago di Zurigo, fabbrica il suo prodotto. «Queste cellule le abbiamo ricavate ieri da un pezzo fresco di vitello. La vera arte è riuscire a isolarle. Solo così possiamo iniziare il processo necessario all’ottenimento del nostro macinato coltivato». Sì, ottenere carne partendo da cellule staminali. Creandola in laboratorio. È quella che viene definita «carne pulita», «sintetica», «in vitro» o «coltivata», e che è diventata la missione di Mayr, che nel 2019 ha fondato Mirai Foods, startup che oggi dà lavoro a una decina di persone.

Amo mangiare carne. Al contempo però so che nuoce all’ambiente

«Perché mi sono buttato in questo settore? Amo mangiare carne. Al contempo però so che è un prodotto che nuoce all’ambiente», spiega Mayr. Un messaggio, questo, che giunge da anni forte e chiaro da scienziati e ambientalisti. «A gravare sull’ambiente è in particolare l’allevamento, che richiede grandi quantità di risorse e genera emissioni di gas serra molto più ingenti rispetto alla coltivazione di alimenti vegetali», cita ad esempio il sito di WWF Svizzera. «Se si confrontano le emissioni originate dalla produzione di un chilo di carne di manzo con quelle generate, ad esempio, da un chilo di lenticchie con un contenuto analogo di proteine, si notano differenze enormi. Per la produzione di un chilo di carne bovina svizzera - nel 2017 e secondo la FAO - vengono emessi da 12 a 13 chili di CO₂ (ovvero equivalenti al valore dei vari gas serra convertiti in CO₂, n.d.r.). Nel caso delle lenticchie, invece, solo 0,7 chili». Secondo diversi studi, la produzione di carne in vitro causa circa il 90% in meno delle emissioni di gas serra e necessita l’80% in meno di acqua e terreno rispetto alla carne convenzionale.

Dalla stalla all’incubatore
Insomma, alla Mirai Foods di Wädenswil non c’è bisogno di alcun terreno, di grandi stalle o di tonnellate di mangime per l’allevamento di bestiame. Al loro posto, nel laboratorio della startup, Christoph Mayr ci indica un mobile bianco: l’incubatore per le cellule. Qui queste sono a mollo nelle sostanze nutritive (vitamine, aminoacidi e zuccheri) di cui hanno bisogno per crescere fino a formare fibre muscolari. In teoria, a processo iniziato, è possibile produrre carne all’infinito. Senza aver bisogno di materiale animale se non le cellule iniziali. O meglio, al momento le colture cellulari in vitro prevedono l’utilizzo di un complemento ricco di siero fetale bovino (o FBS) ottenuto tramite un procedimento controverso. L’FBS viene infatti estratto da feti prelevati da mucche in gravidanza durante la macellazione. I ricercatori della Mirai Foods affermano di aver già ottenuto ottimi risultati nell’ottimizzazione di terreni di coltura cellulare che non richiedano l’utilizzo del siero bovino. Inoltre, l’utilizzo di FBS per gli scopi di ricerca e sviluppo è oramai ridotto al minimo. Mayr tranquillizza: i prodotti offerti per la commercializzazione non conterranno il siero. Il sogno di Mayr e del cofondatore di Mirai Foods, Suman Kumar Das, esperto di ingegneria di tessuti (se ne occupava in ambito di medicina umana presso Novartis) è quello di «produrre carne bovina che sia più etica e sana di quella convenzionale: senza usare modificazione genetica e antibiotici, con meno colesterolo, più omega 3 e 6, meno grassi saturi e più fibre. In futuro, l’azienda spera di poter offrire anche pollo, anatra, pesce e frutti di mare. La startup non punta solo a fornire ristoranti e supermercati, ma anche a offrire una vendita diretta. Il prossimo grande passo? Il lancio dei primi hamburger di manzo coltivato alla fine del prossimo anno. Un lancio di dimensioni commerciali, quindi su larga scala, è previsto a partire dal 2024. L’annuncio arriva a seguito del secondo round di finanziamenti per 2 milioni di franchi, che ha portato il finanziamento totale a 4 milioni di franchi. Il lancio non verrà fatto però in Svizzera, ma «in Paesi asiatici». Non a caso. A dicembre Singapore ha dato come primo Paese al mondo il nullaosta alla commercializzazione del pollo coltivato dalla ditta statunitense Eat Just. Ottenere l’approvazione normativa è impegnativo, constata Mayr. «L’Europa sarà probabilmente una delle ultime a dare un’approvazione, data la lentezza dei processi».

Problemi di costo
Per fare in modo che la carne in vitro possa avere chance di diventare una valida alternativa alla carne proveniente dall’agricoltura, bisogna però ancora abbassare i costi di produzione. È proprio il prezzo del siero FBS a rendere la carne in vitro così costosa, affermano gli esperti. Il primo hamburger di manzo coltivato, prodotto nell’agosto 2013 da Mosa Meat, era costato oltre 270.000 franchi (250.000 euro). Nel 2018 il prezzo era sceso a circa 5.500 franchi. Quanto costa un hamburger oggi? Mayr, di Mirai Foods, preferisce non dare cifre esatte, trattandosi di un’informazione «confidenziale» dell’azienda, ma ci dà un ordine di grandezza: «In questo momento un hamburger costerebbe quanto una bicicletta. Al lancio, saremo nel segmento di prezzo superiore, ma ancora accessibile. Non dovrebbe essere un bene di lusso. Con il tempo, il prezzo scenderà». Intanto la Mirai Foods non è l’unica azienda che punta a lanciare presto i suoi prodotti sul mercato. Tra i concorrenti della startup elvetica figura l’israeliana Aleph Farms, che vuole lanciare una sottile bistecca di manzo nel 2022, prima nei ristoranti, poi nella vendita al dettaglio. Aleph Farms sta lavorando con M-Industry di Migros, la quale ha investito generosamente nel progetto. Invece Bell, che appartiene a Coop, collabora con Mosa Meat. Secondo un articolo recentemente apparso sulla «NZZ am Sonntag», «prossimamente» l’azienda vuole richiedere l’approvazione per il commercio in Europa.