Parlamento

Reati di natura sessuale, prevale «il no vuol dire no»

Secondo la Commissione giuridica degli Stati, il ricorso alla forza non è più un prerequisito dello stupro – Decisiva è la volontà della vittima – La violenza carnale viene estesa a diversi tipi di penetrazione e riguarda anche gli uomini
© CdT / Archivio
Giovanni Galli
18.02.2022 12:19

(Aggiornato alle 23:00) Dopo mesi di lavori, la Commissione degli affari giuridici del Consiglio degli Stati ha completato la revisione del diritto penale in materia sessuale. Il progetto giungerà in aula in giugno, dopo essere stato sottoposto al Consiglio federale per un parere. Quando un rapporto sessuale contro la volontà di una persona deve essere considerato stupro? Oggi la violenza carnale si configura solo in presenza di una penetrazione non voluta e commessa con violenza o minacce. Il solo fatto che l’autore agisca contro la volontà della vittima non basta. Ci si aspetta anche che la vittima si difenda, cercando di sottrarsi all’atto. Dire no non è sufficiente. Se non c’è stato ricorso alla forza o se l’altra persona non è stata messa sotto pressione psicologica, l’atto viene considerato al massimo come una molestia.

Cambio di paradigma

Ma ora si va verso un cambio di paradigma. La revisione di legge punisce chi compie un atto sessuale con la vittima ignorando intenzionalmente la sua volontà e senza forzarla. Sparisce la condizione della coercizione (che diventa un’aggravante), così da tutelare meglio le persone sotto choc o incapaci di respingere il loro aggressore. In altri termini, si tratta di punire per stupro anche chi compie un atto sessuale senza usare violenza, in presenza di un no verbale o non verbale.

Sarà quindi perseguibile per stupro chiunque, «contro la volontà di una persona», compia o faccia compiere un atto sessuale o atti simili all’atto sessuale che comportino la penetrazione del corpo. Si tratta della cosiddetta variante del rifiuto, basata sul principio «no vuol dire no». La commissione dice che intende affiancare alla protezione dell’autodeterminazione sessuale quella dell’integrità sessuale, tenendo conto degli sviluppi sociali degli ultimi decenni.

La minoranza non ci sta

Una minoranza della commissione (sinistra) avrebbe preferito la variante del consenso – secondo il principio «solo sì vuol dire sì» – che richiede un consenso esplicito o implicito per far sì che l’atto non sia punibile. La realtà non è quella in cui uno sconosciuto aggredisce una vittima; nella maggior parte dei casi la vittima conosce il proprio aggressore e fra le due persone sussiste un rapporto di fiducia. In caso di aggressione, molte vittime subiscono una sorta di paralisi («freezing»), che non permette loro di opporre resistenza. Secondo Amnesty International, optando per la soluzione «no vuol dire no», la maggioranza della commissione «ha perso un’importante opportunità di proteggere in modo completo l’autodeterminazione sessuale». La soluzione del rifiuto «continua a dare la corresponsabilità alla vittima, aspettandosi che questa esprima un rifiuto». L’attenzione, secondo l’associazione, rimane troppo concentrata sulle vittime.

Nozione ampliata

All’unanimità la commissione ha quindi rinunciato ad introdurre il reato di «aggressione sessuale» previsto nel progetto preliminare, nel caso di penetrazione senza ricorso alla violenza. Inoltre, la nozione di stupro viene estesa a diversi atti di penetrazione (vaginale, orale e anale). Tutte le persone potranno essere considerate vittime di stupro (oggi gli uomini non possono esserlo), indipendentemente dal sesso o dall’identità di genere. La commissione vuole anche una graduazione dei reati a seconda che vengano commessi senza coercizione, con coercizione o con crudeltà. Le sanzioni per uno stupro senza coercizione possono andare da una pena pecuniaria a cinque anni di carcere. In caso di uso della forza, resta la pena minima di un anno (una minoranza avrebbe voluto portarla a più di due per evitare la sospensione condizionale). Se c’è crudeltà la sanzione minima è di tre anni (la massima fino a 20 anni).

Sanità, minori e pornovendetta

La maggioranza vuole anche un articolo specifico per gli atti sessuali commessi da persone che esercitano un’attività nel settore sanitario. Questo prevede una pena detentiva fino a cinque anni o una pena pecuniaria per chiunque fa subire un atto sessuale adducendo un’indicazione medica. Vengono proposti anche due adeguamenti, per evitare che i minori si rendano punibili penalmente senza esserne coscienti. Il primo riguarda una modifica della definizione di pornografia dura, il secondo i minori che, di comune accordo, fabbricano, possiedono o consumano immagini o film che li raffigurano. Sempre in fatto di minori, viene proposta una pena detentiva minima di un anno per i casi in cui la vittima non ha ancora compiuto i dodici anni. Previsto pure un nuovo reato per punire (fino a un massimo di tre anni) la «pornovendetta», vale a dire la diffusione di foto o video fatti di comune accordo durante una relazione.