L’appello

Reati sessuali, «Il diritto penale deve stare al passo con i tempi»

A un anno dallo sciopero delle donne Amnesty International lancia un appello per una revisione legislativa - In Ticino tra i firmatari ci sono Marina Carobbio, Greta Gysin, Natalia Ferrara, Matteo Quadranti
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Red. Online
12.06.2020 06:00

A un anno dallo storico sciopero delle donne, Amnesty International torna a lottare. Lo fa lanciando un appello nazionale «per un diritto penale in materia di reati contro l’integrità sessuale al passo con i tempi», sostenuto da 55 organizzazioni e 130 personalità.

Anche in Ticino l’appello ha generato un’eco e lo hanno firmato Marina Carobbio Guscetti, consigliera agli Stati; Greta Gysin, consigliera nazionale; Natalia Ferrara, avvocato ed ex procuratrice pubblica, granconsigliera; Matteo Quadranti, avvocato, granconsigliere. A sostenere l’appello, anche diverse associazioni attive in Ticino come Business Professional Women, BPW Ticino; Casa Armònia/Consultorio Alissa; Collettivo Io lotto ogni giorno; Coordinamento delle donne della sinistra; FAFTplus – Federazione Associazioni Femminili Ticino plus; Imbarco Immediato.

«L’autodeterminazione sessuale è un diritto fondamentale: ogni rapporto sessuale necessita del consenso di tutte le persone coinvolte. La legge deve meglio proteggere l’autodeterminazione sessuale - si legge in una nota di Amnesty -. Chiediamo una revisione del Codice penale svizzero affinché tutti gli atti sessuali non con-sensuali possano essere puniti in modo adeguato. Le infrazioni previste dall’articolo 189 (coazione sessuale) e 190 (violenza carnale) del Codice penale devono essere completamente riviste. L’inclusione di tutti gli atti sessuali non consensuali sotto l’articolo 198 (molestie sessuali) non è adeguato».

«Il diritto penale in vigore - si legge ancora - è superato: riconosce un atto sessuale contro la volontà della per-sona coinvolta come una grave ingiustizia solo se la vittima è stata costretta all’atto – per esempio con la violenza o la minaccia. Viene quindi indirettamente chiesto alla vittima di di-fendersi e di esporsi cosÌ ad altre ferite. Un “no” non basta, e per questo gravi violazioni dell’autodeterminazione sessuale rimangono regolarmente impunite in Svizzera. Questa legislazione non è compatibile con le disposizioni in materia di diritti umani che la Svizzera ha adottato nel 2018 quando ha ratificato la Convenzione di Istanbul e deve essere rivista urgentemente. La revisione chiesta non porta a un’inversione dell’onere della prova. La presunzione di in-nocenza non è toccata. L’accusa deve sempre dimostrare che la persona accusata ha agito senza il consenso della vittima. La legge deve finalmente stabilire che l’ingiustizia fondamentale durante un’aggressione sessuale non è la coercizione o la violenza, ma il mancato rispetto dell’autodeterminazione sessuale. Questo manderebbe un segnale importante alle vittime di aggressioni sessuali ma anche agli autori potenziali: in Svizzera la violenza sessuale non è tollerata».