Ipse dixit

Roberto Cirillo, i quotidiani e il Ticino: un rapporto di amore e odio

Ripercorriamo le tante, tantissime dichiarazioni del (quasi) ex direttore generale della Posta: dalla consegna dei giornali oltre il limite delle 12.30 all'esaltazione dei settimanali
©MICHAEL BUHOLZER
Marcello Pelizzari
17.01.2025 15:00

Le dimissioni di Roberto Cirillo, direttore generale della Posta, sono realtà. «Insieme al Consiglio di amministrazione e alla Direzione del gruppo, Cirillo ha gettato le basi per poter affidare alla prossima generazione un’azienda solida e all’avanguardia», si legge nella nota inviata ai media nel pomeriggio. Il massimo dirigente, nello specifico, rimarrà in azienda fino alla fine di marzo. Non solo, resterà a disposizione del presidente del Consiglio di amministrazione, Christian Levrat, per compiti speciali fino alla scadenza del termine di disdetta, ovvero il 31 luglio. Sia quel che sia, con l'annuncio odierno si chiude un'era. Caratterizzata, anche se non soprattutto, da forti tensioni con il mondo dell'editoria. Per tacere delle (annunciate) chiusure di molti uffici postali, di cui venti (potenzialmente) fra Mesolcina e Ticino.

Il limite per la consegna dei giornali entro le 12.30, introdotto nel 2021, comporta uno sforzo organizzativo. I turni di lavoro e le risorse umane vanno gestite di conseguenza e questo si traduce in un costo che, con il passare del tempo, ha sempre meno senso

«Il limite delle 12.30 per la consegna dei giornali dovrebbe essere eliminato». Con queste parole, nel settembre del 2023, Cirillo era entrato a gamba tesa o, se preferite, aveva dato una spallata decisa ai quotidiani. Il direttore generale del Gigante Giallo si era espresso in questi termini durante un'intervista. A suo dire, «oggi molte persone non sono in casa durante il mezzogiorno» e, quindi, per loro non farebbe differenza l’orario in cui sono consegnati lettere e quotidiani. «Dobbiamo avere la libertà di allinearci alle esigenze dei clienti» aveva aggiunto Cirillo. Un’affermazione che, va da sé, aveva suscitato l'indignazione degli editori, a maggior ragione se regionali (come il CdT). E questo perché, in sostanza, consegnare il giornale al pomeriggio comporterebbe la perdita di numerosi abbonati, in un contesto per i media già molto complesso.  

In una successiva intervista alla Domenica, il 24 settembre, Cirillo aveva cercato di chiarire (e allargare) il concetto: «Il limite per la consegna dei giornali entro le 12.30, introdotto nel 2021, comporta uno sforzo organizzativo. I turni di lavoro e le risorse umane vanno gestite di conseguenza e questo si traduce in un costo che, con il passare del tempo, ha sempre meno senso». Il collega Davide Illarietti, incalzandolo, gli aveva chiesto che cosa ne pensassero i suoi amici, in Ticino, sulla consegna in ritardo dei quotidiani. Cirillo, ricordiamo, è di Novazzano: «Ho sentito alcuni carissimi amici storici e sono arrabbiatissimi all’idea di non avere il giornale al bar la mattina. Ma sanno che vado avanti comunque. La Posta fa il suo lavoro da 175 anni e deve guardare sempre avanti per migliorare il servizio». Ahia.

Salto in avanti. Il 23 aprile scorso, in un'altra intervista, stavolta concessa a Giovanni Galli del Corriere del Ticino, il direttore generale aveva dichiarato: «La causa dei problemi dell’editoria è il passaggio dell’informazione dalla carta al digitale e non certo la distribuzione. Già oggi la Posta perde più di cento milioni di franchi nella distribuzione dei giornali. Quindi fa già parecchio per sostenere la carta stampata. Il problema non si risolve chiedendole di perdere ancora più soldi, distribuendo più giornali dove non c’è la distribuzione mattutina fino alle 12.30. Inoltre, questo termine non ha solo conseguenze economiche ma anche sociali, perché il fatto di bloccare il lavoro a quell’ora implica una riduzione del grado di occupazione dei nostri collaboratori al 60-80% e nel contempo riduce la possibilità di proseguire altre consegne, per esempio i pacchi. Ci sono anche altre esigenze da considerare per le economie domestiche e le aziende. Serve una soluzione politica, il problema non può essere delegato a un attore esterno all’editoria. In quanto, come detto in precedenza, la Posta è tenuta a operare in maniera economicamente sostenibile». 

A differenza dei quotidiani, che richiedono una consegna entro le 12.30 (creando sfide a noi della Posta, in quanto per esempio non possiamo offrire posti di lavoro al 100%), Cooperazione ci lascia maggior spazio di manovra e viene distribuito con la posta normale

Parallelamente, Cirillo è finito nell'occhio del ciclone per la citata questione delle chiusure degli uffici postali. Il 29 ottobre, per contro, il direttore generale aveva chiarito una volta di più che lui, e quindi la Posta, avrebbe tirato dritto: il Gigante Giallo, secondo la sua visione, avrebbe dovuto beneficiare della libertà di potersi trasformare. Anche a costo di chiudere gli uffici postali. Di qui l'ennesimo annuncio: entro la fine del 2028, l’ex regia federale prevede di diminuire le filiali gestite in proprio da 770 a circa 600. Scomparirà dunque un ufficio postale su cinque. La strategia, ribadita a Berna e definita «La Posta di domani», punta tuttavia a garantire 2 mila «sedi servite» (compresi uffici postali e circa 1.400 filiali in partenariato, come le agenzie) in tutta la Confederazione. In Ticino, dicevamo, la nuova strategia della Posta avrà importanti ripercussioni: delle attuali 58 filiali, ben venti sono «potenzialmente interessate dalla trasformazione». Più di una su tre.   

In chiusura, il 19 novembre – intervistato dal settimanale della Coop – Cirillo aveva detto che «contrariamente ai quotidiani, Cooperazione ha una vita più lunga per tutta la famiglia». Di nuovo: «Le notizie vengono lette sull’arco di una settimana e quindi marcano in modo decisivo il ruolo della carta stampata nelle case». Il peggio, se così vogliamo definirlo, in una seconda dichiarazione: «A differenza dei quotidiani, che richiedono una consegna entro le 12.30 (creando sfide a noi della Posta, in quanto per esempio non possiamo offrire posti di lavoro al 100%), Cooperazione ci lascia maggior spazio di manovra e viene distribuito con la posta normale». Parole da cui si evince che, aveva scritto il direttore del Corriere del Ticino Paride Pelli, se la Posta non riesce a organizzare il proprio lavoro interno e a prendere in carico seriamente «la sfida» della distribuzione dei quotidiani entro orari che non li danneggino, la responsabilità è dei quotidiani stessi, che hanno la colpa di esistere e di avere degli abbonati che vogliono leggerli. «Magari all’ora della colazione e non dopo pranzo» aveva scritto Pelli.

In questo articolo: