Svizzera e Ucraina, dopo le tensioni ritorna il sereno
Dall'inizio dell'invasione su larga scala dell'Ucraina da parte dell'esercito di Mosca, l'Unione Europea ha varato quattordici pacchetti di sanzioni nei confronti della Russia. La Svizzera, finora, li ha adottati tutti, pur con un certo ritardo. Mercoledì scorso, però, per la prima volta Berna ha annunciato che non avrebbe ripreso alcune delle nuove misure. La decisione della Confederazione, in particolare, riguarda le filiali di società svizzere all'estero. Secondo l'UE, dovrebbero essere ritenute responsabili della violazione delle sanzioni contro la Russia anche se (e quando) agiscono indipendentemente dalla casa-madre. Un aspetto, questo, che Berna ha giudicato eccessivo: il diritto svizzero, si legge in un comunicato del governo, si applica solo sul territorio elvetico. Tradotto: così com'è stata concepita da Bruxelles, questa misura non può essere adottata. Non solo, la Confederazione riesce già a perseguire penalmente chi utilizza le proprie filiali per dribblare le sanzioni.
Nello specifico, ha scritto il Consiglio federale la scorsa settimana, «l'UE ha introdotto per gli operatori economici l'obbligo, formulato in maniera generica, di garantire che le loro filiali nei Paesi terzi non compromettano le misure sanzionatorie dell'UE». E ancora: «In generale, il diritto svizzero copre le situazioni che si verificano sul territorio soggetto alla propria sovranità. Tuttavia, esistono possibili collegamenti con la giurisdizione svizzera, ad esempio nel caso in cui gli ordini o i pagamenti vietati dalle sanzioni vengono forniti dalla Svizzera. Ciò significa che è possibile perseguire penalmente le attività delle imprese svizzere che utilizzano impropriamente le loro filiali per aggirare le sanzioni. Al momento la Segreteria di Stato dell'economia (SECO) sta indagando su diversi casi di sospetta violazione delle sanzioni da parte di aziende svizzere attraverso filiali all'estero. Il Ministero pubblico della Confederazione ha ripreso uno di questi casi. In base all'attuale legislazione in materia di sanzioni, la Svizzera ha già gli strumenti per perseguire l'aggiramento delle sanzioni attraverso le filiali e lo sta facendo attivamente. Considerata la situazione, il Consiglio federale ha deciso di non adottare sul piano materiale la disposizione dell'UE nella sua forma attuale. Il Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca continua a monitorare la situazione e informerà nuovamente il Consiglio federale se dovessero verificarsi dei cambiamenti».
La decisione, evidentemente, ha fatto e continua a far discutere. Il PS, ad esempio, ha parlato di una mossa «scandalosa» e ha accusato il Consiglio federale di proteggere le aziende e chi trae profitto dal conflitto. Anche l'ambasciatore statunitense a Berna, Scott Miller, si è detto «deluso» dalla decisione. Di qui l'invito, rivolto alla Svizzera, a rimediare. Andriy Yermak, capo dell'amministrazione presidenziale ucraina nonché stretto consigliere di Volodymyr Zelensky, dal canto suo ha usato toni più concilianti. A Bruxelles, in occasione di una tavola rotonda, ha spiegato: «Che cosa posso dire? Ok, al momento non le state applicando tutte le sanzioni. Ma continueremo a lavorare insieme». Quindi, per ribadire l'importanza delle misure Yermak ha posto l'accento sui componenti di origine europea che, ancora, si trovano nei missili russi. Yermak, a Bruxelles, ha incontrato Gabriel Lüchinger, responsabile della sicurezza internazionale presso il Dipartimento degli Affari Esteri, e ha ricordato l'importanza della conferenza del Bürgenstock, oltre agli sforzi profusi sin qui da Viola Amherd e Ignazio Cassis.
Yermak, ancora, ha ribadito che l'Ucraina intende organizzare una nuova conferenza di pace e che, a questo giro, al vertice si accomoderà anche la Russia. Affinché ciò accada, Kiev deve garantirsi una posizione di forza ha sottolineato Yermak. Il quale ha posto l'accento altresì sul piano di vittoria di Zelensky, che comprende un arsenale deterrente e l'integrazione nella NATO dell'Ucraina, rispedendo al mittente i piani di pace proposti da Paesi terzi che non rispettano la sovranità dell'Ucraina. Un riferimento, nemmeno troppo velato, alle iniziative di Brasile e Cina che la Svizzera aveva giudicato positivamente, suscitando le forti critiche di Kiev. Critiche, leggiamo, ora rientrate: «Abbiamo chiarito la questione, si è trattato di un malinteso» ha dichiarato alla Neue Zürcher Zeitung il primo ministro ucraino Denys Shmyhal.