Svizzera-UE, alcuni passi avanti sull'immigrazione
Alcune ore prima dell’incontro, Ignazio Cassis aveva fatto capire che non bisognava attendersi decisioni e che il faccia a faccia con il vicepresidente della Commissione UE Maros Sefcovic doveva servire a fare il punto della situazione a livello politico. Un’occasione per chiarire alcuni punti ancora aperti e stabilire una rotta in vista della stretta finale nei negoziati (in corso da metà marzo) sul nuovo pacchetto di accordi bilaterali. Il responsabile UE del dossier svizzero è giunto nel tardo pomeriggio alla residenza Lohn di Kehrsatz (BE), dove ad attenderlo c’erano il consigliere federale, il capo negoziatore elvetico Patric Franzen e tre segretari di Stato: Alexandre Fasel (DFAE), Helene Budliger (direttrice della SECO) e Christine Schraner Burgener (direttrice della SEM). Da ambo le parti è stato ribadito che l’obiettivo è di concludere entro la fine dell’anno. «Siamo oramai alle fasi conclusive» ha confermato Cassis prima dell’incontro. Poi non ci sono più state comunicazioni ufficiali sui contenuti.
Tre punti in sospeso
I negoziati riguardano il rinnovo dei primi cinque accordi esistenti (libera circolazione, prodotti agricoli, traffico terrestre, traffico aereo e omologazione dei prodotti), la conclusione di tre nuove intese (elettricità, sicurezza alimentare e sanità) e la partecipazione svizzera a programmi europei (ricerca, formazione, gioventù, sport e cultura). Ciascun accordo contiene le disposizioni istituzionali - in Svizzera sono gli aspetti politicamente più controversi dell’intero pacchetto - riguardo alla risoluzione delle controversie e alla ripresa dinamica del diritto europeo. I punti in sospeso sui quali è ancora necessaria una «spinta» politica sono essenzialmente tre: l’aumento del contributo di coesione che la Svizzera versa ogni anno all’Unione per l’accesso al mercato unico, l’accordo sull’elettricità e la questione della libera circolazione delle persone. A questo proposito sembra che ci siano novità a Bruxelles. Dapprima la Svizzera ha cercato invano di trovare un’intesa per una clausola di salvaguardia unilaterale da azionare quando l’immigrazione dai Paesi dell’UE supera una determinata soglia. Ma l’Unione non ha voluto sentir ragioni. I negoziati però sono proseguiri per trovare una soluzione nel quadro dell’accordo attuale, che consente di limitare la libera circolazione in caso di gravi problemi economici e sociali.
Un meccanismo di protezione
Anche l’Unione è consapevole che senza un meccanismo di protezione il pacchetto non avrebbe chance in una votazione popolare. Ebbene, stando ad anticipazioni della SRF, qualcosa si sta muovendo. Bruxelles sarebbe disposta a venire incontro alla Svizzera su come attivare la clausola attuale, abbastanza vaga. Le parti dovranno definire a quali condizioni la Svizzera potrà limitare l’immigrazione e, in secondo luogo, il ruolo di un tribunale arbitrale in caso di controversia. Secondo quanto riferito dall’emittente svizzero-tedesca, che cita fonti riservate, a differenza degli altri accordi, in questo caso non interverrebbe la Corte di giustizia dell’Unione europea. Questo dovrebbe consentire una maggiore accettazione politica in Svizzera.
Le discussioni sono ancora in corso. In cambio di questa clausola la Svizzera dovrebbe rinunciare ad applicare tasse di iscrizione più alte agli studenti universitari (e dei politecnici) provenienti dall’Unione. Questa misura avrebbe ripercussioni finanziarie sugli atenei, in particolare in Ticino (USI e SUPSI). Si può ipotizzare un intervento della Confederazione. Quanto al contributo di coesione, prima dell’incontro Cassis ha detto che la questione verrà affrontata solo a lavori ultimati sul pacchetto di accordi. Questo contributo di (parziale) accesso al mercato, elargito ufficialmente a titolo volontario e per un periodo definito, ammonta oggi a 130 milioni di franchi all’anno. Bruxelles lo vorrebbe aumentare sensibilmente - si parla di 350 milioni di franchi all’anno, se non di più - e rendere regolare. A titolo di paragone, la Norvegia, che in quanto membro dello Spazio economico europeo gode del pieno accesso al mercato unico, paga 390 milioni di franchi.