Tutti impallinati gli sgravi fiscali per attutire il caro benzina

Niente sconti alla pompa. E neanche agevolazioni a livello di dichiarazione d’imposta. Il Consiglio degli Stati ha respinto piuttosto seccamente, come prima Camera, le richieste di attenuare con misure fiscali l’aumento del costo dei carburanti, a seguito della guerra in Ucraina. Cinque le richieste sul tappeto, quattro dell’UDC e una, sulla stessa falsariga ma piu generica, del «senatore» giurassiano del Centro Charles Juillard.
«Ogni pieno costa mediamente 30 franchi in più» ha detto Marco Chiesa, che da un lato chiedeva una riduzione di almeno il 50% delle imposte sugli oli minerali gravante i carburanti e i combustibili (così come dell’obbligo di compensazione del CO2 e dell’IVA) per un massimo di quattro anni, e dall’altro voleva incaricare il Consiglio federale di presentare un progetto per introdurre temporaneamente misure di sgravio relative all’imposta sui carburanti. «Circostanze straordinarie richiedono misure straordinarie», ha detto il presidente dell’UDC, che ha pure chiesto di fare in modo che l’intero sconto andasse a vantaggio dei consumatori. Le altre proposte sono state presentate da Hansjörg Knecht (AG) e da Werner Salmann (BE). Il primo, al pari di Chiesa, chiedeva un pacchetto di aiuti, ma lasciava al Governo un maggiore margine di manovra per quanto riguarda i settori in cui ridurre le tasse. Il secondo, da parte sua, voleva portare dagli 3.000 a 6.000 franchi la deduzione massima, a livello di imposta federale, per le spese di trasferta. «L’intera popolazione beneficerebbe di un pacchetto di aiuti, perché prezzi dell’energia più cari significano anche beni d’uso quotidiano più cari».
Questi in sostanza i motivi alla base delle mozioni. Primo: tenere conto delle esigenze dei lavoratori e delle imprese attive nelle zone periferiche e che dovendo spostarsi di più sono anche più toccati dagli aumenti dei prezzi. Secondo: Germania, Francia e Italia hanno ridotto le accise attraverso sconti sui serbatoi: questo si ripercuote negativamente sulle stazioni di frontiera (soprattutto in Ticino), favorisce il pendolarismo del pieno verso l’estero e il turismo della spesa. Terzo: dopo aver favorito il trasporto durante la pandemia, lo Stato ora deve fare altrettanto per quello privato.
Ma la grande maggioranza della Camera dei Cantoni non ha voluto sentire ragioni. Le mozioni di Chiesa sono state respinte con 34 e 31 voti contrari (8 e 11 a favore), quella di Knecht per 27 contro 17 e quella di Salzmann 29 a 13 (23 a 15 quella di Juillard, che chiedeva di creare un meccanismo di regolazione dei prezzi del carburante in caso di crisi).
«Viviamo per caso in una bolla d’aria o in una speciale biosfera?», ha domandato Ruedi Noser (PLR/ZH), per dire che la Svizzera non può essere disgiunta dal contesto internazionale. «A essere saliti non sono solamente i prezzi della benzina, ma anche quelli ad esempio di elettricità e logistica, moltiplicatisi di cinque o sei volte». Insomma, non bisogna sovraccaricare lo Stato: «Chi pretende questo esige da Ueli Maurer molto di più di quanto molti chiedano al Papa». «Non bisogna dimenticare che parallelamente abbiamo altri problemi», gli ha fatto eco Adèle Thorens Goumaz (Verdi/VD), secondo cui peraltro le deduzioni fiscali e la riduzione delle tasse proposte dall’UDC sarebbero andate a beneficio delle economie domestiche più benestanti, che possiedono veicoli pesanti e potenti. Servo semmai sostegni mirati e non misure a innaffiatoio. Per Carlo Sommaruga (PS/GE), inoltre, non c’è solo il problema della benzina. Bisogna pensare anche ai bassi redditi, sotto forte pressione per gli affitti. Abbassare questi ultimi è la misura migliore per favorire il potere d’acquisto.
Il «ministro» contrario
Contro le mozioni si è espresso pure il «ministro» delle Finanze Ueli Maurer, che ha invitato ad avere una visione più a lungo termine, basata su quanto accadrà «nei prossimi anni e non nelle prossime settimane». Prima di eventualmente intervenire, serve una visione d’insieme. È vero che i Paesi confinanti hanno reagito, ma la loro situazione non può essere paragonata con la nostra. In Svizzera abbiamo un’inflazione al 3%, piena occupazione e un’economia in crescita. Secondo il Consiglio federale non è necessario intervenire adesso. C’è anche una questione di disciplina finanziaria. «Ogni riduzione delle imposte e ogni franco prelevato dalle casse della Confederazione va compensato. Non ho sentito nulla di come intendete farlo», ha aggiunto il consigliere federale. Situazione straordinaria? Sì, ma non così straordinaria come in certi periodi del passato. «Abbiamo avuto picchi inflazionistici come questo, senza che lo Stato intervenisse». Un gruppo di lavoro interdipartimentale è comunque stato istituito per tenere d’occhio lo sviluppo dei prezzi, ha assicurato Maurer.
La questione degli sconti fiscali sarà esaminata giovedì dal Consiglio nazionale.