Sport e politica

Tutti uniti contro l’omofobia, ma la legge svizzera cosa dice?

Monaco risponde al divieto della UEFA di illuminare l’Allianz Arena portando i colori dell’arcobaleno in città – Intanto la questione dei diritti LGBT divide anche la politica italiana – Ma l’ordinamento giuridico del nostro Paese cosa prevede sul tema?
© AP/Matthias Schrader
Francesco Pellegrinelli
24.06.2021 06:00

«La UEFA rispetta l’arcobaleno». Con un dribbling diplomatico alla fine anche la UEFA ha deciso di indossare i colori dell’arcobaleno. E così, a poche ore dalla partita Germania-Ungheria, l’organizzazione sportiva ieri ha colorato il proprio logo con i colori dell’arcobaleno, affidando nel contempo a un comunicato stampa la sua posizione ufficiale: «L’arcobaleno è un simbolo che promuove tutto ciò in cui crediamo: una società più giusta ed egualitaria, tollerante verso tutti, indipendentemente dalla loro provenienza, credo o genere». E l’Allianz Arena? Nessun dietrofront. Nessuna illuminazione con i colori dell’arcobaleno, simbolo del movimento LGBT, come richiesto invece dalla città di Monaco di Baviera che ospitava l’incontro. Nella nota stampa diffusa ieri, la UEFA ha ribadito la sua neutralità politica e religiosa confermando quindi il divieto di illuminare lo stadio. «È stata la richiesta ad essere politica perché legata alla presenza della nazionale ungherese». Al divieto della UEFA ha risposto il pubblico esibendo - prima e durante l’incontro - diverse bandiere arcobaleno, con buona pace del primo ministro Viktor Orban che ha preferito non recarsi allo stadio. E ora chissà che non vedremo spuntare qualche bandierina arcobaleno anche sabato sera nella partita degli azzurri.

Il Ddl Zan e il Vaticano

La questione dei diritti LGBT, infatti, sta infiammando anche la politica italiana, dove il Vaticano è entrato a gamba tesa nella discussione sul cosiddetto Ddl Zan, il disegno di legge «per la prevenzione e il contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità». Morale della favola, appellandosi a un concordato tra Stato e Chiesa del 1984, la Santa Sede ha chiesto che il testo venisse rimodulato «in modo che la Chiesa possa continuare a svolgere la sua azione pastorale, educativa e sociale liberamente». Il Vaticano avrebbe espresso timori per «la liberà di pensiero». Ma quali sono gli aspetti controversi di questo disegno di legge contro l’omofobia e la transfobia? E, soprattutto, l’ordinamento giuridico svizzero cosa prevede rispetto a quanto si sta discutendo in Italia?

Identità di genere

Anche la Svizzera ha la sua legge contro l’omofobia. La norma è stata ratificata dal parlamento federale nel 2018. Al pari di Francia, Austria, Paesi Bassi e Germania, solo per citarne alcuni, anche il nostro Paese dispone degli strumenti penali per combattere e punire l’omofobia. Come sta accadendo oggi in Italia con il Ddl Zan, anche in Svizzera all’epoca vennero estese le norme antirazzismo esistenti alla discriminazione basata sull’orientamento sessuale. In altre parole, l’omofobia oggi viene combattuta allo stesso modo del razzismo, attraverso l’aggiunta nel Codice penale di un articolo, il 261 bis. «Ad esempio una persona che dichiara pubblicamente che tutti gli omosessuali devono essere rinchiusi nei campi di concentramento può essere punita con una pena detentiva». A parlare è Marco Coppola, di Zona protetta, l’associazione che si occupa di diritti, salute e sessualità. Tutto bene? «Il nostro articolo 261 bis del Codice penale presenta una differenza sostanziale rispetto alle discussioni che stanno dividendo la politica italiana. Il Parlamento federale ha infatti deciso di estendere le tutele contro il razzismo alle persone omosessuali e bisessuali, tralasciando invece le persone trans». In altre parole, chi discrimina una persona per il suo orientamento sessuale può essere punito penalmente. Non lo è, invece, in relazione all’identità di genere. Ancora Coppola: «Per orientamento sessuale intendiamo l’attrazione fisica o sentimentale nei confronti di qualcuno. L’identità di genere, invece, è il sentimento profondo di appartenenza a un genere. Noi nasciamo con un sesso biologico, maschio o femmina, però possiamo avere un’identità di genere differente. Le persone con un’identità di genere differente dal proprio sesso biologico si chiamano transgender». Ecco una differenza sostanziale tra l’ordinamento giuridico svizzero e il Ddl Zan che invece intende tutelare anche le persone trans. «Il nostro 261 bis non prevede l’identità di genere. Il Ddl Zan, sì». Di qui, le forti divisioni che stanno animando la politica italiana su cui si è innestata, come detto, anche la posizione del Vaticano. Il Ddl Zan introdurrebbe un concetto nuovo nell’ordinamento giuridico italiano. Per i contrari al disegno di legge, inoltre, la definizione sarebbe troppo vaga e offrirebbe la possibilità a chiunque di svegliarsi la mattina e di decidere se essere donna oppure uomo. «Non è che uno ad un certo punto si sveglia e decide di essere transgender, gay o bisessuale. È una condizione. Uno stato in cui una persona si trova», chiosa dal canto suo Coppola.

Libertà di espressione

C’è poi un’altra spaccatura profonda nel Ddl Zan e riguarda la libertà di pensiero che secondo i contrari sarebbe limitata dal disegno di legge e questo nonostante sia stato inserito un articolo ad hoc. Quali espressioni saranno punite e cosa si potrà ancora dire? Se una persona pubblicamente dovesse dire che la famiglia è composta solo da un uomo e una donna potrebbe venir sanzionata? I contrari vogliono vederci chiaro, mentre i favorevoli si appellano alla distinzione prevista dalla legge tra propaganda (permessa) e istigazione alla discriminazione o alla violenza (sanzionata). Ancora Coppola: «L’impianto svizzero non presenta articoli specifici. Ma una cosa è la libertà di espressione e un’altra è l’offesa e l’incitazione all’odio. La legge punisce l’offesa e non le opinioni. Per esempio, in Svizzera presto dibatteremo sul Matrimonio per tutti, ma nessuno si sogna di dire che la tesi contraria viola una qualsiasi norma».

La cultura della prevenzione

Un altro aspetto significativo presente nell’impianto italiano - ma fortemente divisorio - ed escluso in quello svizzero riguarda il capitolo della prevenzione e dell’educazione. «Il disegno di legge italiano prevede non solo la giornata mondiale di lotta contro la omotransfobia, ma più in generale disciplina l’azione di prevenzione. Questo aspetto, in Svizzera, è assente». In Italia, i contrari sono convinti che nelle scuole il tema LGBT non debba entrare. I favorevoli, invece, ritengono che per contrastare le discriminazioni sia fondamentale il contributo della scuola. «La legge ha una funzione dissuasiva, ma alla fine è la cultura che deve cambiare. Serve quindi che i Governi con una base legale operino in questo senso», conclude Coppola.