Energia

«Un nuovo incidente nucleare? Ticino non al sicuro»

Da una parte il guasto alla centrale di Leibstadt, dall’altra il fantasma di Chernobyl - Christian van Singer, ex consigliere nazionale dei Verdi: «Non possiamo tollerare simili rischi»
Il nuovo scudo del reattore 4 di Chernobyl. (Foto Keystone)
Paolo Galli
13.07.2019 06:00

Una delle voci critiche più conosciute, in Svizzera, in fatto di materia nucleare, è Christian van Singer, fisico vodese, già consigliere nazionale dei Verdi. Sulla recente temporanea chiusura di Leibstadt, sottolinea: «È la centrale più recente, ma nonostante questo la sicurezza per quel che concerne il nucleare non è mai assicurata fino in fondo. Si vede che un guasto è sempre possibile. Più che Leibstadt, a inquietare sono le centrali più datate, quelle di Beznau per esempio».

Su cosa si basa la sua inquietudine?

«In questo caso su un recente studio condotto dall’Institut Biosphère di Ginevra, che ha esaminato la propagazione della radioattività in seguito a un eventuale incidente in una centrale svizzera, tenendo conto anche dei fenomeni meteorologici, per un anno intero. Tale studio dimostra che, in caso di incidente, un piccolo Paese come la Svizzera verrebbe, tutto o quasi, contaminato. Anche il Ticino non si potrebbe dire al sicuro. È inquietante. L’autorità di sorveglianza ha sempre un approccio positivo al nucleare, non è abbastanza severa nei propri interventi. Si considerano gli aspetti legati alla sicurezza ma anche quelli economici. Invece non dovremmo tollerare il rischio di un incidente».

Per il momento verrà chiuso l’impianto di Mühleberg.

«Sì, ma il problema è Beznau, con i suoi due piccoli reattori. Si sa che il contenitore del reattore ha dei difetti, dicono che non sono gravi, che visto che ha funzionato finora significa che può continuare a funzionare. Ma sono state fatte delle prove su un contenitore simile, che avrebbe dovuto servire per delle reazioni chimiche e che presentava difetti di quel tipo; la cisterna è scoppiata. Se tale incidente dovesse capitare in una centrale nucleare, cosa succederebbe? Le autorità di sorveglianza hanno detto che i reattori di Beznau possono continuare a funzionare: è inquietante. Perché in primo piano restano gli interessi economici, non quelli della sicurezza».

Insomma, da una parte l’autorità di sicurezza, dall’altra questi studi, queste prove...

«Da un lato c’è una serie di predizioni fatte sulla base di modelli informatici, di rischi minimi, uno su un milione magari, ci dicono, dall’altro invece c’è la realtà, che ci ricorda come in poche decine di anni si siano registrati incidenti gravissimi a più reattori. Majak, poi Chernobyl e Fukushima, su tutti. E allora il rischio è molto più importante di quanto non ci dicano. Se dovessi partire per un viaggio in aereo e mi dicessero che un aereo su cento quel giorno cadrà, io prenderei un altro mezzo. Il rischio di un incidente nucleare è molto più importante di quanto calcolato dagli scienziati. Certo, continueranno a dirci che va tutto bene, che gli impianti sono a norma. Altri però ci dicono che in ballo c’è un rischio che non possiamo accettare. Bisogna vedere i fatti, quelli soltanto. Il primo ministro giapponese, in carica all’epoca dell’incidente di Fukushima, in una conferenza a Zurigo ha spiegato come, prima del disastro, fosse a favore del nucleare. Dopo lo stesso, consigliava alla Svizzera maggiore prudenza, rispetto al nucleare, e addirittura di abbandonarlo. Un messaggio molto forte, trasmesso da una personalità che aveva visto da vicino gli effetti di un disastro nucleare».

Siamo tornati a parlare di Chernobyl, come se certe paure fossero parte di noi. La paura è un tema per chi si oppone al nucleare?

«Non ritengo che la posizione contro il nucleare sia una questione di paura, bensì di voci. È interessante constatare come, nel 2016, tutti i cantoni francofoni votarono sì all’iniziativa per abbandonare il nucleare, mentre tutti gli altri no. Da una parte i partiti finirono in secondo piano, rispetto ad alcune individualità, di tutte le tendenze politiche, che portarono avanti il messaggio a favore dell’iniziativa. Dall’altra, al contrario, non si è usciti dalla dicotomia destra-sinistra».

Con il no all’iniziativa, il tema del nucleare è caduto quasi in secondo piano.

«In Svizzera francese, lo studio di cui si diceva ha avuto ampio spazio sui media. Il tema resta sensibile. È vero che oggi si tende a porre in evidenza il problema del clima, con l’industria nucleare che prova a proporsi come una soluzione. Ma sarebbe una soluzione sbagliata, viste le emissioni di CO² prodotte dagli impianti di estrazione dell’uranio».