Tassa di collegamento, anche la DISTI dice no
«Siamo contrari all’inefficace tassa di collegamento, che indebolisce il potere d’acquisto dei ticinesi e mina la competitività del commercio al dettaglio locale». La posizione del presidente della grande distribuzione (DISTI) Enzo Lucibello è netta. Nonostante il controprogetto del Consiglio di Stato risparmi i centri commerciali dal pagamento del balzello, secondo la DISTI la proposta governativa va comunque bocciata, e la tassa di collegamento abolita: «La tassa era e rimane inutile», dice Lucibello interpellato dal CdT. «Una prova evidente è data dalla difficoltà del Governo a stabilirne gli obiettivi». Quanto, invece, alla controproposta dell’Esecutivo, «la DISTI ribadisce di non volere un trattamento speciale per i centri commerciali, per i dettaglianti e per la grande distribuzione, bensì desidera e chiede con ferma convinzione che questa tassa inutile e costosa venga finalmente abolita». Una posizione per certi versi sorprendente, considerando che la cosiddetta versione «light» del Governo esonera proprio i centri commerciali. «Proporre di esentare i centri commerciali dalla tassa, ma non chi usa l’auto per andare a lavorare, è il gesto disperato di voler dividere il fronte dell’economia, che invece resta compatto», commenta dal canto suo il direttore di AITI, Stefano Modenini.
I dubbi giuridici
Intanto, la questione del «trattamento speciale» ha già suscitato qualche riflessione sparsa tra i parlamentari, i quali in vista del ritorno dalla pausa estiva stanno considerando di esaminare più a fondo il tema. Tra questi spicca la deputata liberale radicale Cristina Maderni, promotrice con esponenti di UDC, PLR e Centro della raccolta firme per abrogare la tassa. L’iniziativa presentata da Piero Marchesi (UDC) ha raccolto oltre 16 mila firme; e ora si trova ferma in Commissione della Gestione. «Dovremo capire qual è la posizione dei gruppi. Personalmente continuo a ritenere che la tassa debba essere abrogata», commenta Maderni. La quale aggiunge: «La disparità introdotta dal controprogetto tra centri commerciali e aziende (queste ultime dovrebbero pagarla, ndr) è piuttosto evidente e non escludo che qualcuno in Gestione chiederà di fare chiarezza sulla sua tenuta giuridica».
Punti da approfondire
In particolare, si dovrà capire come mai un’azienda con 50 posti auto verrebbe assoggettata, mentre un’altra azienda (il centro commerciale, per intenderci) non dovrebbe pagarla. «È piuttosto pacifico che questa differenza di trattamento fa sorgere interrogativi, anche perché la parità di trattamento era già stata valutata problematica dal Tribunale federale nella sua sentenza sulla tassa di collegamento del 2020», osserva a questo proposito il capogruppo del Centro Maurizio Agustoni. In particolare, il TF aveva sollevato qualche criticità sul fatto che la tassa si applicasse unicamente ai generatori di traffico con più di 50 posteggi. Che ne è, invece, di quelli con meno di 50 stalli? Perché questi non dovrebbero pagarla? Poi, visto che la tassa era stata approvata dal Parlamento e votata dal popolo, la massima istanza giudiziaria aveva chiuso un occhio, affermando che sarebbe stato comunque necessario verificare se la misura riuscisse, effettivamente, a raggiungere il suo scopo di influenzare i comportamenti degli automobilisti a scegliere i mezzi pubblici. Su questo punto, fa però notare Maderni, si innesta un secondo problema. «Al momento il Consiglio di Stato non ha ancora chiarito gli obiettivi della tassa». Un punto cruciale non solo per la messa in vigore della legge, ma anche per valutarne la bontà a tre anni dalla sua introduzione. «Questo compito, come stabilito dalla sentenza del TF, spetterebbe al Gran Consiglio, in base a un obiettivo che tuttavia il Governo non ha ancora chiarito», fa notare ancora Agustoni. «Per valutare correttamente l’efficacia della tassa, occorre sapere prima l’obiettivo che si propone di raggiungere. Al momento, qualsiasi valutazione non sarebbe possibile».
Perplessità politiche
Ma al di là della tenuta giuridica del controprogetto che chiede di assoggettare il parcheggio destinato ai lavoratori ma non quello destinato ai clienti, le perplessità sono anche di natura politica. «Vien da chiedersi se sia effettivamente il momento giusto per aumentare le imposte di lavoratrici e lavoratori», osserva Maderni. «Anche perché l’aumento sarebbe attorno a 1.000 franchi all’anno», le fa eco Agustoni.
Ad ogni modo, la richiesta di eventuali approfondimenti giuridici sarà storia del futuro e, chiaramente, tutto dipenderà dall’accoglienza del controprogetto in Gran Consiglio. Se in aula non dovesse ottenere la maggioranza, la proposta governativa morirebbe lì. Al Parlamento non spetterebbe che decidere se portare l’iniziativa che chiede di abrogare la tassa davanti al popolo, oppure, accogliendo l’iniziativa, abrogare la tassa per direttissima. In questo caso, per il controverso balzello suonerebbe il definitivo De profundis.