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Tassi, tagli ancora rimandati: pesano i rischi geopolitici

Secondo il presidente della Fed Jerome Powell i dati mostrano una mancanza di progressi sul fronte del rincaro – A causa del rischio di chiusura dello stretto di Hormuz il prezzo del gas è salito del 21% nelle ultime quattro sedute
© EPA/HANNIBAL HANSCHKE
Roberto Giannetti
17.04.2024 23:24

Gli operatori stanno aspettando ormai da mesi un taglio dei tassi da parte delle principali banche centrali del mondo, visto che l’inflazione nei Paesi industrializzati è ormai scesa molto rispetto ai picchi visti lo scorso anno. Ma i tempi si allungano, a causa soprattutto delle tensioni geopolitiche e del prezzo del gas, che nelle ultime quattro sedute è salito del 21%.

A gelare ancora una volta le attese è stato martedì il presidente della Fed, Jerome Powell, il quale ha sottolineato che i dati recenti mostrano una mancanza di ulteriori progressi sul fronte dell’inflazione. Alla Fed servirà «probabilmente più tempo del previsto per avere la fiducia» necessaria tagliare i tassi di interesse, ha chiarito Powell, mettendo in evidenza che i tassi di interesse resteranno alti per il tempo necessario, almeno fino a quando l’inflazione dimostrerà di poter calare in modo sostenibile verso il target del 2%. «I dati recenti hanno indicato una crescita solida e un mercato del lavoro forte, ma anche una mancanza di ulteriori progressi quest’anno per far tornare l’inflazione all’obiettivo del 2%», ha spiegato.

Livello più alto da 22 anni

Powell ha così spianato la strada al mantenimento del costo del denaro ai massimi da 22 anni, visto che l’inflazione rischia di rialzare la testa nel caso in cui le tensioni in Medio Oriente dovessero deteriorare.

Chiaramente, pesa il confronto tra Iran e Israele, non ancora archiviato e dalle imprevedibili conseguenze. I futures sul gas naturale europeo sono quindi stati scambiati vicino ai massimi di tre mesi, e il future con consegna a maggio veleggia attorno a quota 33 euro al Megawattora ad Amsterdam. Nelle ultime quattro sedute le quotazioni sono salite del 21%. Ora le mosse iraniane sono osservate da vicino per la rilevanza che possono avere sul prezzo delle materie prime energetiche in transito soprattutto nello Stretto di Hormuz controllato da Teheran.

Da Hormuz passa il 20% del gas

Il Qatar, il più grande esportatore mondiale di gas naturale liquefatto, invia quasi tutto il suo GNL (gas naturale liquido) attraverso lo stretto. Circa 80 milioni di tonnellate, ovvero il 20% dei flussi globali di GNL, passano attraverso lo Stretto ogni anno. L’Iran, in caso di una ulteriore risposta israeliana alla pioggia di missili di Teheran di sabato notte, potrebbe decidere di utilizzare la chiusura dello strategico passaggio come ritorsione.

Nel frattempo, un’interruzione non pianificata presso l’impianto di trattamento del gas norvegese di Nyhamna sta interrompendo i flussi verso il resto d’Europa, fornendo ulteriore supporto ai prezzi. Allo stesso tempo, le importazioni di GNL dai Paesi asiatici sono in aumento, con gli acquisti dalla Cina che hanno raggiunto i 6,61 milioni di tonnellate a marzo.

Infine, i recenti guadagni sono stati trainati anche dai persistenti attacchi contro le infrastrutture energetiche in Russia e Ucraina.

Il gas rappresenta una componente fondamentale del mix energetico dei Paesi occidentali. Negli Stati Uniti la sua quota (34%) è praticamente uguale a quella del petrolio, ossia il 35%, contro il 12% dell’energia rinnovabile, il 10% del carbone e il 9% del nucleare, mentre nell’Unione europea la quota del gas è pari al 23,7%, contro il 34,5% del petrolio, il 17,4% delle energie rinnovabili, il 12,7% del nucleare e all’11,5% del carbone.

Chiaramente, alla geopolitica e ai suoi effetti sulle commodity guarda con attenzione anche la Banca centrale europea (BCE). «Stiamo osservando un processo disinflazionistico. Se si muove in linea con le nostre attese ci avviamo a un momento in cui possiamo moderare la politica monetaria in assenza di ulteriori shock», ha spiegato la presidente dell’Eurotower, Christine Lagarde. Per ora l’ipotesi più accreditata dagli analisti è di un taglio a giugno.

Borse positive

La Borsa svizzera oggi è tornata a chiudere in rialzo: l’SMI ha terminato a 11.231,83 punti (+0,31%). Archiviata martedì la peggiore seduta dell’anno (-1,75%). Seduta positiva anche per Milano (0,72%), Parigi (+0,62%), Londra (+0,35%) e Francoforte (+0,02%). Gli operatori parlano di un tentativo di stabilizzazione dopo diverse giornate difficili. Oltre al conflitto in Medio Oriente il mercato deve ormai accettare che la Fed non taglierà i tassi in tempi brevi.