L'intervista

Tatjana Haenni: «L’europeo echeggerà ovunque e cambierà la cultura svizzera»

La sua biografia è ricchissima, i suoi sogni sono grandi e parlano di un mondo plasmato dall’inclusione e dall’integrazione, in modo particolare sui campi da calcio - Una realtà per cui Tatjana Haenni, già presidente del calcio femminile all’ASF e ora dirigente sportiva della NWSL, si batte quotidianamente
©AP Photo/Rui Vieira
Maddalena Buila
05.03.2025 06:00

Dai campetti di calcio della periferia di Bienne agli uffici di Manhattan. In mezzo, una vita spesa per il mondo del pallone, prima giocato poi gestito da dietro una scrivania. Il tutto condito dall’enorme soddisfazione di aver visto nascere e avverarsi il progetto Euro2025. Sì, il curriculum vitae di Tatjana Haenni fa paura. Da calciatrice della Nazionale a capo del movimento femminile in seno all’Associazione svizzera di calcio (ASF). L’ultimo cambiamento è stato di gran lunga il più grande per la 58.enne, che nel gennaio del 2023 ha detto sì a New York. Da due anni a questa parte, è dirigente sportiva della lega femminile americana NWSL.

Signora Haenni, innanzitutto come sta? Come va la vita a New York?
«Sto molto bene, grazie. Qui gli impegni sono tanti e l’agenda è fitta, ma non mi tiro mai indietro di fronte alla possibilità di dare una mano all’espansione del calcio femminile. So anche un pochino di italiano, ma lo parlo decisamente troppo male per poter pensare di svolgere tutta l’intervista in questa lingua (ride, ndr)».

Come mai ha deciso di dire di sì alla proposta giunta da oltreoceano?
«Premetto che il mio lavoro all’ASF mi piaceva molto. Era molto stimolante. Mi sarei vista a ricoprirlo serenamente per tutto il resto della mia carriera. Poi è arrivata la chiamata di Jessica Berman (commissario della National Women's Soccer League dal 2022, ndr). Il suo mandato nella lega era iniziato in aprile, con lo scopo di ripartire dalle basi dopo alcuni scandali legati a certi allenatori. Voleva insomma rilanciare il calcio femminile nel Paese e voleva farlo con me al suo fianco. Una responsabilità non da poco. E per certi versi un bel salto nel buio. Gli Stati Uniti sono molto diversi rispetto alla Svizzera. In termini di cultura, mentalità e tanto altro. Bisogna adattarsi e integrarsi. E non è semplice. Ma sarei stata pazza a non accettare un incarico simile. Per tutta la vita ho lottato in nome delle donne nel mondo del pallone e all’improvviso mi si presenta l’opportunità di poter fare ciò che amo nel Paese faro per il calcio femminile. All’orizzonte si stagliava la possibilità di accantonare le solite problematiche con cui ci si scontra in Europa o in Svizzera - leggasi dare maggior visibilità a tutto il movimento -, per poter lavorare nella nazione più all’avanguardia su questo tema. Il mio lavoro è un privilegio. Negli States questo sport è un vero e proprio prodotto: tantissime aziende sono coinvolte nella sua promozione, l’interesse comune è estremamente alto e i salari delle giocatrici stanno lievitando. Certo, avrei fatto a meno di spostarmi così lontano dalla mia famiglia e dai miei amici, ma l’occasione era troppo ghiotta. Qui sono felice e spero che in futuro il caso degli USA possa fungere da esempio per molti altri Paesi. Parliamo dell’unica lega al mondo indipendente e altamente funzionante».

Purtroppo la verità è che troppo spesso non si riesce a leggere il mondo del pallone al femminile come un’enorme opportunità
Tatjana Haenni

È vero, la differenza tra il mondo del calcio femminile oltreoceano rispetto a quello europeo è abissale. Facciamo un esempio: l’affluenza media per un singolo match di campionato in America, nel 2023, ha toccato altezze siderali con ben 11.235 spettatori allo stadio. Ecco un paragone con le nostre latitudini. Il 21 settembre dello scorso anno Zurigo e San Gallo si affrontavano in Super League davanti a 520 tifosi. Lo stesso giorno, al St. Jakob-Park, ce n’erano 32.000 a sostenere le squadre maschili di Basilea e Zurigo. Ma da dove nasce questo divario?
«Da come si gestisce il prodotto “calcio femminile”. In quasi tutte le federazioni, questo non è visto come un business redditizio. E invece lo è eccome. Sto parlando di porte della società che si potrebbero spalancare per favorire l’integrazione di tantissime donne. Donne che condividono una passione comune. Pensate inoltre banalmente anche alle possibilità di creare nuovi ruoli, dalla volontaria alla buvette all’allenatore formato in panchina. Purtroppo la verità è che troppo spesso non si riesce a leggere il mondo del pallone al femminile come un’enorme opportunità. In Europa e in Svizzera, in primis andrebbe cambiata la forma mentis, iniziando a fornire le strutture necessarie per far fiorire tutto il movimento».

Questo per quanto riguarda la teoria. Poi, però, per fare in modo che il pubblico s’interessi alle partite e vada allo stadio bisogna passare alla pratica. Come fare?
«Sembrerà banale, ma tutto sta nella presentazione del prodotto. Poc’anzi abbiamo citato la controparte maschile. Bene. Gli incontri degli uomini vengono incredibilmente pubblicizzati, dando loro estrema visibilità. Al contrario, nessuno sa quando ha luogo una sfida tra donne. Certo, sono due prodotti differenti e vanno trattati come tali. Il problema è che non c’è paragone. La gente nemmeno sa dell’esistenza del calcio femminile. E quel che è peggio è che non si vuole metterlo in luce nonostante il suo potenziale sia enorme. Faccio un esempio. Quando lavoravo all’ASF si era deciso di dare una sterzata a questa situazione. Non eravamo più disposte a giocare sui campi di periferia, volevamo i grandi palcoscenici della Svizzera. E ce li siamo presi. Abbiamo iniziato a far giocare le ragazze nei maggiori stadi del Paese. Il risultato? Molta gente ha iniziato a seguirci. Perché le persone accorrono se si fa passare il messaggio che quello che vedranno sarà interessante. Per non parlare dell’affluenza registrata per l’Europeo del 2022 in Inghilterra, o per il Mondiale in Australia-Nuova Zelanda. E la stessa cosa succederà quest’anno su suolo elvetico. Finora sono già stati venduti più di 400.000 biglietti e i match a Zurigo sono sold-out. Mi chiedo cosa altro serva per far capire che il calcio femminile è attraente».

Per una ragazza rossocrociata, al giorno d’oggi, è estremamente complicato farsi largo nel mondo del pallone. È difficile anche solo poter militare in una squadra. Mancano le infrastrutture, le persone, i fondi.
Tatjana Haenni

Quest’estate l’Inghilterra passerà appunto il testimone alla Svizzera. Da giocarsi, sul tavolo, c’è tanto. Un’occasione che va sfruttata bene...
«Esatto, anche perché l’impatto su tutto il Paese sarà enorme. Il calcio femminile non è trattato giustamente, lo abbiamo detto. Voilà, l’europeo sarà dunque una luccicante vetrina. Gli occhi dell’Europa, e anche del mondo, saranno puntati su di noi. Non si può sottovalutare l’occasione. Mi spiego. Per una ragazza rossocrociata, al giorno d’oggi, è estremamente complicato farsi largo nel mondo del pallone. È difficile anche solo poter militare in una squadra. Mancano le infrastrutture, le persone, i fondi. Ora all’orizzonte si staglia la rassegna continentale. Un evento che sarà estremamente pubblicizzato e valorizzato. Nella testa degli svizzeri - che lo vogliano o meno - risuonerà per giorni l’Euro2025. Per forza. D’altronde parliamo di fiumane di tifosi che invaderanno le strade delle più grandi città, coperture mediatiche a tutto campo a livello locale, continentale e internazionale e turisti in esponenziale aumento. A quel punto la gente si renderà conto di quanto vale il calcio femminile. E questo avrà un impatto sulla nostra società. Si creerà un cambiamento culturale. E poi, al termine del torneo, tantissime giovani s’informeranno per entrare a far parte di un club. Vorranno vestire maglie che al momento neanche esistono, ma che dovranno forzatamente essere create per soddisfare tutte le richieste. Le ragazze devono poter avere la possibilità di condividere la loro passione, integrandosi nella società seguendo i loro sogni. Come fanno gli uomini».

Per lei la Svizzera sta facendo abbastanza per promuovere l’evento? O i margini di miglioramento possono ancora essere parecchi?
«Premetto che io sono geograficamente lontana, dunque potrebbe darsi che la mia visione risulti parzialmente distorta dalla realtà. Ad ogni modo, per quello che ho visto finora, ritengo che il torneo sia abbastanza pubblicizzato, ma si potrebbe fare meglio, dandogli ancor più visibilità. Può darsi che uno dei motivi sia che è ancora presto. Sono sicura che tra qualche mese le cose saranno ben diverse».

Tatjana Haenni ha un legame particolare con l’imminente europeo. E non solo perché si svolgerà a casa sua, ma anche perché ha visto nascere il progetto...
«Non sono però stata la mente che l’ha concepito (sorride, ndr). Il merito è tutto di Dominique Blanc, ex presidente dell’ASF e persona estremamente brillante. Sono però stata in prima linea nel preparare e presentare la nostra candidatura alla UEFA in qualità di direttrice del calcio femminile. E sono fiera di ciò che sono riuscita a fare, insieme a Marion Daube. Ero già in America quando ci venne affidato il torneo. Vi lascio immaginare la mia gioia. Ero collegata via Internet alla conferenza e quando ho sentito il nostro nome ho iniziato a urlare e correre in giro per l’ufficio (ride, ndr). La sera sono andata a festeggiare in un rinomato ristorante giapponese di Manhattan. Provavo una genuina felicità. L’arduo lavoro era stato ripagato».

Le donne nel calcio non hanno le stesse possibilità che hanno gli uomini
Tatjana Haenni

Il torneo in Svizzera s’inserirà in una società, quella rossocrociata, che anch’essa sta registrando numeri sempre più alti di tifosi al seguito del calcio femminile. È pur vero, però, che la quantità di persone che pensano che le donne non siano brave, interessanti, talentuose e meritevoli quanto gli uomini rimane parecchio elevata...
«Se dovessi incontrare qualcuno che la pensa così gli direi che nessuno lo obbliga a seguire questo sport. Ma parlare male di qualcosa che non si conosce non è sicuramente la soluzione. Le donne nel calcio non hanno le stesse possibilità che hanno gli uomini. Siamo ben lungi da questo. Perché allora criticarle se tutto ciò che fanno è impegnarsi al 100%, condividendo la loro passione con altre giovani ragazze?».

È soddisfatta del lavoro che ha svolto finora?
«Sì, perché ho sempre dato il meglio di me. Più di così non potrei fare. Sicuramente ho fatto degli errori, ma non importa. Ho dedicato la mia vita al calcio femminile, raggiungendo traguardi incredibili. Non sono invece soddisfatta delle discriminazioni che ancora esistono in questo sport a livello culturale, strutturale e sociale. Questo mi rattrista. Siamo nel 2025, le cose dovrebbero essere ben diverse».

Se potesse schioccare le dita e avverare un sogno quale sarebbe?
«Che ci sia equità e uguaglianza tra uomini e donne nel calcio. E che sparisca la discriminazione».

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