Telelavoro per i frontalieri italiani: «Serve un nuovo accordo con Roma»
Una lettera per chiedere alla Segreteria di Stato per le questioni finanziarie internazionali (SFI) di prendere contatto con la controparte italiana affinché venga redatto un nuovo accordo amichevole, che regolamenti il telelavoro effettuato dai frontalieri in Ticino.
«Pochi giorni prima di Natale siamo stati informati che l’Accordo amichevole concluso con l’Italia nel giugno del 2020 sul telelavoro dei frontalieri non verrà prorogato», si legge nella missiva spiedita oggi a Berna e firmata dal presidente di AITI, Oliviero Pesenti, dalla vicepresidente della Camera di Commercio, Cristina Maderni, dal segretario cantonale di OCST, Renato Ricciardi, e dal segretario regionale di UNIA, Giangiorgio Gargantini.
Cosa cambia
Il regime speciale finirà il 1. febbraio 2023. A partire da questa data si tornerà quindi al regime di imposizione ordinario. «I frontalieri che volessero fare alcune giornate in telelavoro, dal primo febbraio, avrebbero implicazioni di natura fiscale molto complesse e senza un quadro giuridico chiaro», spiega al CdT Andrea Puglia, responsabile del servizio Ufficio frontalieri del sindacato OCST. In caso di telelavoro, il frontaliere diventerebbe soggetto fiscale italiano per ogni singolo giorno di lavoro svolto in Italia. Si ritornerebbe, quindi, al regime previsto dall’Accordo tra Italia e Svizzera sulla tassazione dei frontalieri del 1974, secondo cui il frontaliere residente nei comuni di frontiera, «se svolge intere giornate di lavoro su suolo italiano», è tenuto a dichiarare all’Agenzia delle entrate la quota di reddito maturata in quegli stessi giorni lavorativi. Oggi, invece, e fino al 31 gennaio 2023, in virtù del regime speciale, il frontaliere può lavorare da casa il tempo che desidera, limitatamente alle disposizioni imposte dall’azienda. «Nell’accordo amichevole è sancito che i giorni di telelavoro vanno considerati tutti come lavoro svolto su suolo svizzero», ricorda Puglia. «È come se il frontaliere si stesse recando in Svizzera e facesse il “normale” frontaliere».
I benefici del home office
I benefici del telelavoro sono molteplici, spiega dal canto suo Stefano Modenini, direttore di AITI: «Il telelavoro è ormai diventato uno strumento di lavoro diffuso, ed entro certi limiti - un giorno alla settimana - va salvaguardato». Sui vantaggi Modenini aggiunge: In primo luogo, durante la pandemia, il telelavoro ha permesso di assicurare la continuità delle attività economiche. In seconda battuta, ha contribuito a migliorare, almeno parzialmente, la viabilità in Ticino, oltre a costituire uno strumento utile nell’ottica del risparmio energetico». I vantaggi riguardano anche la ricerca del personale specializzato: «Sempre più lavoratori frontalieri richiedono prestazioni di lavoro extra che contemplano la possibilità del telelavoro», aggiunge Modenini. Insomma, a fronte di un’oggettiva difficoltà a trovare personale specializzato, «oggi è inimmaginabile non offrire questa possibilità ai lavoratori frontalieri». Dello stesso parere, Puglia: «È una forma di lavoro utile per le aziende e i lavoratori. È quindi opportuno che si vada a redigere un testo moderno che dia regole chiare sui limiti temporali con cui un frontaliere può praticare il telelavoro». Un’operazione simile recentemente è stata conclusa con successo tra Parigi e Berna. «Chiediamo che si faccia altrettanto con l’Italia», tuona Modenini. Ma perché è stato possibile raggiungere un accordo con la Francia? «La soluzione trovata con Parigi contempla due giorni di telelavoro possibili. Si tratta di una quota piuttosto elevata. Come partenariato sociale, abbiamo qualche dubbio che l’Italia accetterebbe una soluzione simile, probabilmente per ragioni fiscali», osserva Modenini. «Onestamente è un mistero», gli fa eco Puglia: «Con l’Italia erano pendenti altri dossier che molto probabilmente hanno reso tutto più complicato. Difficile dire. Sappiamo che la richiesta di disdetta è giunta da parte italiana, in quanto la fase COVIDè considerata conclusa. Stupisce però la miopia di Roma in quanto il telelavoro, oramai, è diventato un fenomeno diffuso nel mercato del lavoro, nonostante la pandemia sia effettivamente finita», conclude Puglia.
Limiti da chiarire
Ad ogni modo, la richiesta delle parti sociali ticinesi è chiara: rinegoziare un nuovo accordo, definendo un limite al telelavoro che tenga conto dell’evoluzione della società. Ma, idealmente, dove andrebbe posto questo limite? «È chiaro che non sarà mai possibile concedere ai frontalieri un uso eccessivo del telelavoro, altrimenti l’idea di confine verrebbe meno», osserva Puglia che aggiunge: «L’Italia, inoltre, non lo consentirebbe, in quanto per il frontaliere costituirebbe un ulteriore elemento di attrattività verso il Ticino». Le parti sociali chiedono tuttavia che questo limite venga chiarito, e «che sia comprensivo dei bisogni attuali di lavoratori e aziende, tenendo conto che l’UE, sul piano delle assicurazioni sociali, ha concesso ai frontalieri di lavorare da casa per percentuali di tempo superiori al 25% almeno fino al 30 giugno 2023». L’Europa ha infatti intenzione di produrre nuovi regolamenti in materia, concedendo ai frontalieri, dal primo luglio, la possibilità di fare telelavoro anche oltre l’attuale giorno a settimana. Di qui, la situazione di incongruenza tra le direttive fiscali e quelle di natura previdenziale-assicurativo. Ad ogni modo, conclude Modenini, «Quello che sicuramente non siamo disposti ad accettare è che le aziende ticinesi - nel caso in cui concedessero ai propri lavoratori di fare smart working - vengano considerate organizzazioni stabili in Italia, e quindi vengano costrette a pagare le imposte anche in Italia». Un accordo amichevole sul telelavoro anche dal punto di vista fiscale, secondo le parti sociali ticinesi, può essere raggiunto facilmente. «Basta volerlo. Magari non due giorni. Serve però che tutti si attivino, deputazione ticinese alle Camere e Consiglio di Stato compresi», conclude Modenini.