Lugano

A Cornaredo le case alte vanno ridimensionate

Il Cantone ha approvato la variante di Piano regolatore e si potrà cominciare a edificare - Ma è stata negata la possibilità di costruire sino a 45 metri tra la Cornèr Arena e la Coop: è un grattacapo per il progetto Manalbe, quello in fase di progettazione più avanzata nella zona
Il comparto «bocciato» si trova tra l’autosilo Mantegazza e lo stabile della Coop (che non ne è incluso): in gran parte oggi è prato. ©CDT/CHIARA ZOCCHETTI
Federico Storni
02.12.2019 06:00

Iniziamo mettendola in termini complicati (o tecnici che dir si voglia): il Consiglio di Stato ha recentemente approvato le varianti fase 1 al Piano regolatore intercomunale del Nuovo Quartiere di Cornaredo (PR-NQC). Ma per la zona B2b (comparto sud) le nuove prescrizioni «non sono state ritenute sufficientemente garanti della qualità urbanistica che questa superficie richiede in termini di inserimento ordinato ed armonioso nel territorio».

Cosa significa? Due cose, nel concreto. Una positiva e una (potenzialmente) negativa. Quella positiva è che la pianificazione dell’intero comparto NQC ha finalmente ricevuto luce verde, e quindi ora si potrà sul serio cominciare a progettare e realizzare la nuova porta d’ingresso di Lugano. Quella (potenzialmente) negativa riguarda invece il progetto di Manalbe Real Estate SA (Mantegazza e Albek): il Cantone ha infatti sancito che, alle condizioni attuali, quelle due case alte che raggiungeranno i 45 metri non s’hanno da fare. O, meglio: si possono fare, ma al massimo di 30 metri.

Manca il Piano di quartiere

Il comparto sud in zona B2b è quello che si estende da dove sorge l’autosilo Mantegazza (in prossimità della pista di ghiaccio Cornèr Arena) sino al confine con lo stabile che ospita la Coop. Per Manalbe l’architetto Giampiero Camponovo aveva realizzato (e presentato nel 2016) due progetti volumetrici che prevedevano l’inserimento delle due case alte di 45 metri. Progetti che avevano ricevuto un preavviso positivo dal Cantone, premessa però l’approvazione del PR-NQC così come presentato dall’Agenzia NQC. Cosa che non è avvenuta.

Il problema, a mente del Cantone, è l’assenza di un Piano di quartiere (PQ) per il comparto sud: «Ha un’ampiezza tale (circa 26.000 metri quadri) da assurgere a uno dei settori più importanti atti a conferire il carattere e la qualità insediativa dell’intero quartiere NQC - si legge nella decisione governativa, - tanto più che lo stesso è oggi pressoché privo di edifici e pertanto, assieme al comparto B1a, è predestinato a determinare l’impronta della trasformazione urbanistica del quartiere medesimo. La rinuncia al vincolo del PQ priverebbe gli stessi proprietari della possibilità di concepire una visione unitaria dell’edificazione di questo settore».

E questo malgrado Camponovo, su richiesta dell’Agenzia NQC, avesse ipotizzato un piano di urbanizzazione per tutto il comparto e non solo per le due torri di sua competenza (piano che è visionabile qui). Da parte sua l’Agenzia aveva emanato per il comparto delle disposizioni che regolano i criteri per un corretto inserimento urbanistico e architettonico, come pure i requisiti per poter ottenere i parametri edilizi massimi. Ma questo per il Cantone non è stato garanzia sufficiente.

Tre scenari

Premesso che la bocciatura cantonale riguarda tutto il comparto e non solo il progetto Manalbe (che ne occuperebbe grossomodo un terzo), i grattacapi più grossi sono per quest’ultimo, per il semplice fatto che è quello più avanzato nell’area interessata. I grattacapi si possono però risolvere in almeno tre modi.

Il primo: stilare il Piano di quartiere. In questo senso il Cantone ha volutamente lasciato margine di manovra politico ai Comuni interessati (l’Agenzia NQC rappresenta gli interessi di Lugano, Canobbio e Porza): «Non riteniamo di poter operare una modifica del Piano senza violare l'autonomia comunale in materia. Spetterà ai Comuni, se del caso, riproporre l’obbligo del PQ o altre disposizioni garanti di una visione unitaria che permettano di accedere ai parametri massimi ammessi».

Il secondo: ricorrere contro la decisione cantonale. Un’opzione che, ci è stato riferito da più fonti, è al vaglio ma non si è ancora concretizzata. «Al momento stiamo alla finestra - ci ha detto l’avvocato Fabio Gaggini, che rappresenta Manalbe. - Siamo comunque abbastanza sereni, in quanto i nostri progetti già presentati al Cantone avevano ricevuto preavviso positivo e dunque sono stati ritenuti essere di qualità. Chiaro che se si può costruire fino a 45 metri è meglio». Dall’Agenzia NQC, invece, ci hanno fatto sapere di «essere contenti che l’agognata decisione cantonale sia finalmente arrivata»: «Ora la stiamo valutando per capire che impatto avranno certe disposizioni».

Il terzo: accettare la decisione e ridimensionare le torri ai nuovi vincoli, che sono poi quelli stabiliti nel PR in vigore oggi: massimo 30 metri d’altezza, indice di sfruttamento 2 (invece che 2,5), senza la possibilità di beneficiare di bonus o deroghe. Al momento sembra il più improbabile.