A Lugano la spazzatura di lusso diventa arte (e aiuta le donne malate)

Si è tenuto ieri il vernissage dell'attesissima mostra «(TRA)SH» di Pietro Terzini e curata da Chiara Canali presso la KROMYA Art Gallery di Lugano. Una trentina di opere dell'artista italiano pop-concettuale sono state esposte per la prima volta in Svizzera, con numerosi appassionati che hanno approfittato di questa opportunità per conoscere e interagire con Terzini, che sui social vanta un impressionante seguito da oltre mezzo milione di followers.

Il vernissage è stato una bella occasione per approfondire il suo percorso artistico, avvolti da una suggestiva cornice musicale e accompagnati da una selezione di drinks di Bisbino. Molti gli artisti e i collezionisti presenti all'evento: un'occasione per ispirarsi e favorire connessioni, creando ponti tra persone di diverse culture, formazioni e generazioni.

Il titolo della mostra, (TRA)SH, allude al medium espressivo utilizzato per realizzare lo sfondo delle opere, cioè i sacchetti, le scatole, i contenitori dei più grandi marchi internazionali di moda e design che, dopo essere diventati materiali di «scarto», «trash», «immondizia di lusso», vengono riattivati e trasformati in «arte» (TRA=ART), cioè oggetto di valore, attraverso una operazione dadaista di recupero, decostruzione e ricostruzione.
Pietro Terzini non riproduce pittoricamente il packaging con i loghi e le firme in bella vista, come accadeva per gli artisti della Pop Art degli anni Sessanta, ma preleva dalla strada gli involucri e li utilizza esattamente così come sono, accumulandoli e sovrapponendoli in collage di texture, perché i colori, le scritte, i segni e i simboli che esibiscono sono già di per sé elementi «pop», facilmente riconoscibili e memorizzabili per il pubblico.
Secondo l’autore, infatti, i brand di moda, ma anche quelli nell’ambito tecnologico o della consulenza, rappresentano oggi le nuove religioni, pervasive e presenti con i loro loghi, che, amplificate dal sistema pubblicitario e dei social media, dominano la nostra cultura popolare. Immortalare i brand vuol dire, dunque, evidenziare lo Zeitgeist, lo spirito del tempo degli anni Duemila, un tempo dominato dal consumismo, dalla globalizzazione e dall’iper-connessione.
L’immaginario dei brand diventa quindi, per Pietro Terzini, la tela su cui intervenire attraverso il proprio carattere unico e personale, il proprio tone of voice.
In un'ottica di avvicinare l'arte ad un pubblico variegato, oltre le opere, è stato inoltre possibile acquistare la prima raccolta «100 DMs» (Direct Messages) dell'artista cosi come una serie di grafiche a tiratura limitata numerate e firmate di un DM («It's impossibile / Let's do it»). L'artista ha generosamente ceduto una sua frase («the best things are not things») che è stata stampata su una borsa in cotone; il 30% del ricavo netto è stato offerto all'associazione no-profit svizzera IMperfect, che con le sue attività sostiene attivamente le donne con diagnosi di cancro al seno.
