A processo per i presunti toccamenti al figlio

(Aggiornato alle 15.13) È un padre di 48 anni, cittadino kosovaro residente nel Luganese, l’uomo alla sbarra in quanto accusato di ripetuti atti sessuali con uno dei suoi figli fra il 2018 e il 2020, oltre che per essere stato un genitore e un marito manesco.
Da un ventennio in assistenza a causa di gravi problemi fisici e mentali, l’uomo - parzialmente reo confesso - deve in particolare rispondere di almeno tre episodi di molestie nei confronti di uno dei suoi figli, allora minore di 16 anni, nel salotto di casa. L’avrebbe costretto a guardarlo praticarsi atti di autoerotismo e, in un’occasione, avrebbe masturbato il figlio (circostanza negata dall’imputato: «giuro su Dio che non è vero»). In due occasioni avrebbe inoltre chiesto al figlio di toccarlo, ma il ragazzo non lo ha assecondato.
È stato proprio il figlio a denunciare il padre a inizio 2021. Al proposito il 48.enne (che ha passato due giorni in cella e poi ha ricevuto il divieto di avvicinarsi alla famiglia per alcuni mesi) ha detto oggi in aula: «Ha fatto bene, sono d’accordo. L’ha fatto per proteggere tutti quanti». Ma ha anche sostenuto che si sia trattato di una vendetta della famiglia per farlo allontanare dalla Svizzera: «Per questo ha detto che l’ho toccato quando non è vero».
«Non so se riuscirò a vivere con questi ricordi», ha detto il figlio agli inquirenti.
«È lapalissiano che non sia stato un bravo papà – ha esordito nella sua requisitoria la procuratrice pubblica Pamela Pedertti – e che sia venuto meno al sua dovere di educare i figli. E adesso sono loro a pagarne le conseguenze». L’accusa ha usato espressioni come «padre-padrone» e «clima di terrore» per spiegare l’ambiente che si respirava in quella casa, rimarcando inoltre che «nessuno dei figli ha rincarato la dose» nell’accusare il genitore. La sua vittima inoltre è da ritenersi credibile per quanto raccontato e per le motivazioni per cui l’ha fatto: aveva iniziato a preoccuparsi che l’uomo potesse cominciare a toccarsi anche di fronte a una sorella più piccola. Pedretti ha quindi chiesto che l’imputato venga condannato a 35 mesi di carcere (9 da espiare) e che sia espulso per otto anni dalla Svizzera. Richieste a cui si è accodato il patrocinatore del figlio, l’avvocato Christopher Jackson: «Invece di fornirgli un’armatura per affrontare la vita, il padre gli ha strappato la veste dell’innocenza. Ancora oggi l’idea di rivederlo gli suscita attacchi di panico».
Dal canto suo l’avvocata Anna Grümann ha chiesto una massiccia riduzione di pena rispetto a quanto prospettato dall’accusa e il proscioglimento del suo assistito da tutte le accuse, salvo quelle di essersi toccato in tre occasioni davanti al figlio. Toccamenti ammessi dall’uomo. «Essere un cattivo genitore non è un reato penale», ha affermato l’avvocata. E quindi il fatto che «in quella casa mancava tutto: struttura, confini, amore» non è rilevante per il procedimento. Grümann ha anche affermato che le dichiarazioni rese dal figlio non sono state lineari e costanti, perché inquinate dal tempo trascorso e dall’aver riferito quanto accadutogli a più persone nel corso del tempo. «Un esempio scolastico su come non raccogliere le testimonianze delle vittime», l’ha definito.
In effetti il giovane, dopo aver raccontato quanto accadutogli ai fratelli nell’autunno del 2020, l’ha ribadito a un educatore e a un ispettore di polizia. Poi per motivi non del tutto chiariti l’inchiesta si è apparentemente arenata per alcuni mesi prima di finire sul tavolo della procuratrice Pedretti. Nel frattempo il giovane era stato sentito da un altro educatore e da un altro ispettore ancora, e infine dalla pp. Quanto all’espulsione dell’uomo, Grümann ha invocato il caso di rigore, ricordando che per costante giurisprudenza già solo la precaria salute dell’imputata è motivo per permettergli di restare in Svizzera, dove risiede da quasi un quarto di secolo.