Cent'anni fa

A Someo due frane portarono morte e danni immani

Il 24 settembre del 1924 il paese valmaggese venne colpito duramente in seguito alle piogge torrenziali – Ricordiamo la tragedia attraverso stralci delle cronache di allora del «Corriere del Ticino»
Il paese di Someo in uno scatto del 25 settembre 1924, il giorno dopo che fu travolto da acqua e frane. © Archivio di Stato del Canton Ticino/Fondo fotografico Angelo e Valentino Monotti
Nicola Bottani
Nicola Bottani
06.07.2024 06:00

Cent’anni fa, settembre era ormai inoltrato. E così il «Corriere del Ticino», nell’edizione del 25 di quel mese, iniziava il suo primo resoconto su uno dei ricorrenti disastri naturali che in passato hanno colpito e ancor oggi colpiscono a sud delle Alpi e non solo: «Maggia, 25 – Stamane una staffetta, mandata dal sindaco di Someo, giungeva tutta trafelata qui al capoluogo della Valle portando la notizia che il paese di Someo era stato mezzo distrutto da una frana. La staffetta diede scarsi particolari. Dopo l’uragano violentissimo di ieri, una frana si staccò verso le cinque di ieri sera dalla montagna, precipitando su una parte del villaggio di Someo e travolgendo alcune case; poco dopo un’altra frana si abbattè su un’altra parte del paese travolgendo altre case. La popolazione, terrorizzata dal fragore spaventoso, dal terribile spostamento d’aria e dallo schianto delle case, abbandonò urlando le abitazioni; agli occhi della popolazione terrorizzata si presentò lo spettacolo spaventoso di montagne di macerie dalle quali sopravanzavano i muri delle case distrutte; dalle macerie uscivano gemiti strazianti dei feriti. Dalle prime informazioni pare che i morti siano sei e una diecina di feriti. Dai paesi della valle si iniziò tosto un corricorri generale per portare aiuto alle vittime».

Danni in tutto il Locarnese
Distruzioni, morti, feriti. E molte le zone interessate dai danni del maltempo. Anzi, dalla vera e propria furia degli elementi. «Locarno, 25 – Il violento nubifragio scatenatosi ieri sulla nostra plaga ha prodotto numerosi e gravissimi danni; in alcune località vi furono straripamenti di torrenti e inondazioni di case; la violenza dell’uragano ruppe il tubo dell’acquedotto, di modo che oggi la città è senza servizio di acqua potabile. Il ponte fra Locarno ed Ascona fu così danneggiato che ieri minacciava di crollare; le autorità hanno immediatamente vietato il passaggio sul ponte. Gravi danni vengono segnalati dai dintorni; alcune frane son cadute anche nella Verzasca», scriveva infatti il nostro giornale ancora in quell’edizione di cent’anni fa.

Si scava nel nucleo di Someo. © Archivio di Stato del Canton Ticino/Fondo fotografico Ernesto e Max Büchi
Si scava nel nucleo di Someo. © Archivio di Stato del Canton Ticino/Fondo fotografico Ernesto e Max Büchi

Il racconto del sindaco Bonetti
E poi, il 26 settembre, ci si chiese: «Chi potrebbe narrare quel terribile momento? Chi può, oggi, ricostruire nella sua spaventosa realtà il soverchiante tumulto di stridori, di sibili, il disordine fulmineamente crescente di rauchi gridi, mentre da ogni parte con terrificante celerità veniva disseminata la morte, con ebbrezza selvaggia veniva portata la distruzione? Quanto tempo sarà durato il disordine mentre sotto il fischiar del vento ed il diluviar della pioggia, che non concedevano tregua, le due frane proseguivano nell’opera loro di sterminio e tutto veniva sconvolto terribilmente? Chi lo può dire?».

A narrare ciò che accadde quella notte, sul «Corriere del Ticino», fu il sindaco di Someo, le cui parole vennero riportate nell’edizione del 27 settembre, riferendo anche dei lavori di sgombero e della ricerca delle vittime: «Locarno, 26 – Per tutta la giornata è stato un lavoro febbrile di operai e di militi per liberare le strade che conducono a Someo e per sgomberare, sia pure solo parzialmente, i cumuli enormi di macerie sotto le quali si trovano ancora delle vittime della orribile catastrofe. La popolazione s’è riavuta un po’ dallo stato di terrore e di abbattimento in cui l’aveva gettata l’immane sciagura. Il signor Romano Bonetti, sindaco di Someo, ci ha fatto questo racconto: Dopo parecchie ore di pioggia intensa, verso le 4 successe un vero nubifragio. L’acqua cadeva in quantità tale che io ho mai vista. In breve la montagna sovrastante il paese parve tutta tramutata in un solo enorme torrente. Alle ore cinque cadde la prima frana all’estremità est (verso Locarno) del villaggio. Questa non fu avvertita da chi si trovava al centro del paese. Cinque minuti dopo, preceduta da enorme boato, precipitava la seconda; essa aveva, approssimativamente, il suo asse lungo il torrente. Giunta al ponte, dopo aver asportato due case, si allargava a destra ed a sinistra per la via cantonale e precipitava oltre lungo il fiume, estendendosi sempre più. Privo del ponte, il paese si è trovato diviso in due parti che non potevano comunicare tra di loro. Le scene di terrore allora avvenute sono più facilmente immaginabili che descrivibili. Tutti si erano, sotto lo scrosciare delle acque, precipitati all’aperto. Ognuno chiamava i suoi cari, parecchi dei quali purtroppo non rispondevano all’appello. Invocar soccorsi dal di fuori era impossibile. Le linee telefoniche rotte. La strada da Someo a Giumaglio assolutamente impraticabile per le cascate, miste a ciottoli, che cadevano dappertutto. Solo giovedì, verso le ore sette, abbiamo potuto spedire un messo a Maggia, da dove la triste notizia è stata, dal sig. Arnoldo Pozzi, comunicata al Consiglio di Stato».

Altri edifici di Someo distrutti dalle frane. © Archivio di Stato del Canton Ticino/Fondo fotografico Ernesto e Max Büchi
Altri edifici di Someo distrutti dalle frane. © Archivio di Stato del Canton Ticino/Fondo fotografico Ernesto e Max Büchi

Il coraggio di due suore
Quindi, comunicazioni saltate allora come al giorno d’oggi, in un’era in cui crediamo di poter comunicare sempre e comunque anche quando persone – soprattutto – e cose sono in pericolo a causa dello scatenarsi degli elementi. Situazioni in cui non si pensa solo a salvare sé stessi, la propria vita, ma pure quelle degli altri.
Così ancora dal nostro giornale del 27 settembre 1924: «Sulla sponda destra del torrente sorge l’ospizio comunale. Esso è retto dalle suore di Don Guanella, che abitano a Maggia e vi hanno qui due di loro. Per continuo ingrossare del torrente l’ospizio cominciò a traballare e le suore, inquiete pei loro ricoverati (un uomo e due donne), si recarono dal presidente dell’istituzione, sig. Dario Tomasini, esponendo il pensiero se non convenisse evacuare la casa. Il sig. Tomasini fu subito d’accordo ed incominciò le relative operazioni. Le due donne, che erano in piedi, vennero subito allontanate. Il vecchio invece – Antognazzi Eustacchio – si trovava a letto. Il signor Americo Righetti se lo caricò sulle spalle ed uscì dall’ospizio seguito dalle due suore, una delle quali – Suor Giuseppina – gli reggeva l’ombrello. Il breve corteo era appena giunto sulla strada cantonale, a pochi metri dal ricovero, quando il soffio e l’acqua della frana lo avvolgevano. Il signor Righetti cadeva a terra e veniva trasportato verso il fiume, rimanendo però incolume. Il vecchio Antognazzi restava sul posto ma l’acqua lo trascinava via. Allora Suor Giuseppina lo afferra per un braccio, lo trattiene un momento, ma la furia delle onde glielo strappa di mano ed il povero uomo scompare. Le due suore vennero a trovarsi su di una specie di isolotto, completamente circondato dalle acque e dalla frana e in tale tragica posizione dovettero rimanere circa tre ore, prima di poter ricevere soccorso».

Chi soccombette alle ferite
Chi non trovò la morte in quei frangenti, soccombette in seguito: «Locarno, 27 – Oggi è morta all’Ospedale, dove era stata ricoverata in seguito a ferite ricevute durante la catastrofica notte, la signora Vittoria Bonetti. La casa della Bonetti era stata investita e demolita dalla frana; la Bonetti riuscì a salvarsi aggrappandosi ad un platano della piazza comunale; era però rimasta ferita alla gola; avendo dovuto passare tutta la notte senza medicazioni, la ferita aveva provocato una infezione contro la quale lottarono invano i medici». E poi, sotto «Informazioni dell’ultima ora», si riferì che «Stamane, in mezzo ai detriti della valanga, è stato trovato il cadavere di Lanotti Domenica, madre del Maestro di Someo, il quale nel disastro ha perduto anche la moglie».

Due scatti dei funerali avvenuti a Someo il 29 settembre del 1924. © Archivio di Stato del Canton Ticino/Fondo fotografico Angelo e Valentino Monotti
Due scatti dei funerali avvenuti a Someo il 29 settembre del 1924. © Archivio di Stato del Canton Ticino/Fondo fotografico Angelo e Valentino Monotti

Folla commossa ai funerali
Il Ticino, la sua popolazione tutta, le autorità civili e religiose, vennero profondamente colpite e scosse dalla tragedia di Someo, dove il 29 settembre si svolse una cerimonia funebre, della quale si lesse sul nostro giornale il giorno successivo.
«Someo, 29 sett. – Oggi il popolo ticinese ha tributato solenni onoranze a quelle, tra le vittime del disastro di Someo, che poterono essere rinvenute. Malgrado le difficoltà di viabilità [...] un migliaio di persone sono convenute stamane a Someo. Data l’impossibilità di organizzare il corteggio – l’unica via del paese essendo tuttora impraticabile per le macerie che la ingombrano – le sei bare erano state trasportate alla chiesa. Alle 10 precise Mons. Vescovo iniziò il servizio divino; non tutta la moltitudine potè entrare nel tempio. Erano presenti tre consiglieri di Stato (Canevascini, Cattori, R. Rossi) accompagnati dall’usciere, parecchi membri del Gran Consiglio, il Municipio di Locarno e le rappresentanze di tutte le Municipalità della Valle Maggia, più tre sacerdoti. Terminata la Messa (che fu cantata dalla corale locarnese), i feretri furono trasportati all’estremo asilo. [...] Quindi, tra le lagrime degli astanti, le sei bare venivano calate in una fossa comune».

Il 27 settembre 1868 l'alluvione più grave

La più grave alluvione che colpì il sud delle Alpi e si ricordi risale al 27 settembre del 1868. Piogge torrenziali si riversarono contemporaneamente su Centovalli, Vallemaggia, Valle Verzasca, Valle di Blenio, Val Leventina e Mesolcina. Il «Corriere del Ticino» la ricordò nell’edizione del 28 settembre 1968, in occasione del centesimo anniversario del disastro. In totale nel nostro cantone i morti superarono la cinquantina e i danni ammontarono a 5 milioni di franchi di allora, equivalenti a circa mezzo miliardo di franchi del giorno d’oggi.

Per saperne di più
Il 1868 fu un anno in cui le alluvioni devastarono diverse regioni della Svizzera. Nel 2018 il Centro Oeschger per la ricerca sul clima dell’Università di Berna ha pubblicato un studio intitolato «1868 - L’alluvione che cambiò la Svizzera», scaricabile qui.