Scuola

Abilitazione dei docenti, la questione ora è politica

Tredici aspiranti docenti di italiano in formazione al DFA non avranno il posto di lavoro in Ticino il prossimo anno scolastico – Il Partito socialista chiede al Governo quali calcoli sono stati fatti quando è stato aperto il corso – Molto critico l'MPS, che vorrebbe invece rivedere l'intero sistema
©CHRISTIAN BEUTLER
Giona Carcano
17.03.2025 22:00

Non ci sono ore da attribuire. Né il prossimo anno scolastico, né in un prossimo futuro. È la risposta che hanno ricevuto dal Dipartimento formazione apprendimento (DFA) tredici studenti che in settembre avevano iniziato il percorso all’Alta scuola pedagogica di Locarno per diventare insegnanti di italiano nelle scuole medie superiori. Ergo, questi ragazzi non avranno un posto di lavoro al termine della formazione. Anche perché, vista la mancanza di sbocchi in Ticino, lo stesso DFA ha deciso di non aprire la lezione di prova e le procedure di ammissione. 

La questione – emersa negli scorsi giorni dopo un incontro fra i capi sezione dell’insegnamento medio superiore, il DFA e gli studenti toccati dal provvedimento – è ora finita in politica. Oggi sono infatti stati depositati due atti parlamentari del Partito socialista e dell’MPS, un’interrogazione e un’interpellanza, che chiedono lumi al Governo e al DECS in merito al problema.

Andiamo con ordine: l’interrogazione socialista (primo firmatario Maurizio Canetta) va oltre il caso particolare, e cita «riflessioni critiche avanzate in diverse occasioni da istanze legate al mondo della scuola», così come i rilevamenti sul grado di soddisfazione degli studenti effettuati dal DFA e dalla Commissione di controllo USI/Supsi. Sondaggi che evidenziano risultati critici «su aspetti come la conciliabilità del corso con altre attività, la comunicazione ufficiale, la considerazione dello studente all’interno del corso di laurea, l’organizzazione del percorso formativo». Il PS, «nonostante la decisione sull’apertura delle abilitazioni sia formalmente di competenza del DFA e non del Cantone, e nonostante che il conseguimento di un titolo di studio presso il DFA non garantisca un posto di lavoro presso le scuole ticinesi», chiede dunque al Governo di riferire sulla base di quali calcoli e riflessioni è stato aperto il corso di abilitazione al DFA, quali parametri vengono utilizzati per valutare l’apertura dei corsi per le singole materie e quando è emersa l’evidenza che non ci saranno posti di lavoro per i tredici studenti.   

Bordate all’Esecutivo

Più critica la posizione dell’MPS. Per Giuseppe Sergi e Matteo Pronzini «destano preoccupazione le recenti notizie riguardanti la situazione delle persone in abilitazione per l’insegnamento dell’italiano nel settore medio superiore presso il DFA». Secondo quanto riferito alla RSI dal direttore Alberto Piatti, i 13 docenti non troverebbero un impiego a causa di una «riduzione inattesa delle sezioni nelle scuole medie superiori per due anni consecutivi, che ha comportato una diminuzione del fabbisogno». Il DECS ha quindi spiegato «di aver recentemente creato un dispositivo di monitoraggio per calibrare la formazione dei docenti in base ai posti disponibili nelle scuole». L’MPS, per prima cosa, si chiede allora «come può un dispositivo di monitoraggio concepito per collegare la formazione ai posti disponibili, non aver rilevato i movimenti degli allievi e lasciarsi sorprendere da una riduzione delle sezioni». Il problema, rincara l’MPS, «non si riduce al semplice ‘‘tentativo di coordinamento con il DECS che non ha funzionato’’». La stessa riduzione delle sezioni sollevata da Piatti viene quindi contestata dai due deputati, secondo cui «negli ultimi due anni la riduzione complessiva è di poche sezioni, meno di una decina». Da questi dati, rilancia l’interpellanza, «si può vedere come questa diminuzione non può assolutamente essere considerata come la causa della mancata disponibilità di posti di lavoro per i futuri abilitati in italiano. Infatti un docente di italiano a tempo pieno ha un onere di insegnamento di 24 ore settimanali: impartisce quindi lezioni ad almeno 4 sezioni. Ciò significa che la diminuzione di una decina di sezioni equivale a poco più di 2 posti di lavoro per docenti di italiano: siamo ben lontani dalle 13 unità in formazione». 

Alla luce di questi elementi, l’MPS sottolinea che la vicenda solleva due problematiche di fondo legate alla formazione e all’assunzione dei docenti. La prima riguarda il passaggio a un modello di formazione a tempo pieno. «Un sistema che non consente di calibrare l’offerta formativa in base alle reali necessità delle scuole cantonali». La seconda riguarda invece l’esternalizzazione della formazione dei docenti. «Con il solito e disgraziato mandato di prestazione, la formazione dei docenti è stata assegnata al DFA il quale la organizza autonomamente e seguendo i propri criteri», scrivono i deputati. I quali nell’interpellanza chiedono al Governo se intende costituire un gruppo di lavoro per individuare una soluzione a questa situazione e se non sia opportuno che la formazione dei docenti torni a essere gestita direttamente dal Cantone.