Addio a Gian Paolo Lavelli
«Scrivo perché mi piace scrivere. E scrivo solo quello che mi va di scrivere. Scrivo con impegno, senza penosa fatica. Scrivere stanca, è malsano e forse patologico. Ma è anche - è soprattutto - un’attività gioiosa. Se l’autore si annoia, si annoierà anche il lettore, se fatica l’autore, faticherà anche il lettore. I testi migliori nascono di getto quando scrivere risulta facile. E raggiungere tale facilità non è scontato». Così, in un'intervista che ci aveva rilasciato poco meno di tre anni fa, Gian Paolo Lavelli ci descriveva la sua passione per la scrittura, ed in particolare per la poesia dialettale, coltivata accanto all’attività professionale. Una passione che l'ha accompagnato sino alla fine. A pochi giorni dal suo 84. compleanno, lo avrebbe festeggiato il prossimo 25 ottobre, il poeta giubiaschese si è spento a causa di un repentino peggioramento del suo stato di salute.
Una lunga produzione
La prima opera di Lavelli arriva nel 1990, poi 11 anni di pausa e dunque un secondo volume. Sull’arco di 30 sono state 17 le opere date alle stampe. Tutte di poesia, tranne in un caso nel 2010: un esperimento di 100 racconti brevi in italiano tramite i quali raccontava i suoi trascorsi. Nella sua lunga carriera, Lavelli si dedicò anche alla prosa collaborando con quotidiani e riviste: dapprima scrivendo per lo Sport Ticinese, poi per la redazione sportiva del Giornale del Popolo e successivamente anche per quella del Dovere. Dal 1979 al 1995 curò la pubblicazione dell’annuario del calcio ticinese. Tra le innumerevoli collaborazioni giornalistiche citiamo anche quella con Terra Ticinese e con la nostra redazione.