Alessandro Speziali rieletto dal Congresso alla presidenza del PLR

Un lungo applauso ha accompagnato la rielezione di Alessandro Speziali alla guida del PLR cantonale. Presidente dal novembre del 2020, il locarnese ha incassato la fiducia del Congresso, che lo ha nominato per acclamazione per un secondo mandato. Nominata anche la nuova squadra di vice presidenti formata da Fabio Käppeli (municipale di Bellinzona), Natalia Ferrara (deputata), Alex Farinelli (consigliere nazionale) e Giovanni Poloni (presidente sezionale Mendrisio).
Il PLR, dunque, guarda avanti. E lo fa, come ha spiegato Speziali davanti a circa 300 delegati presenti allo SwissRailPark di Biasca, cercando «di proporre per primi i temi». Nel suo lungo discorso non è infatti mancata l’autocritica sugli errori commessi. «So di aver commesso degli errori, devo fare meglio». E in alcuni momenti bisognava agire con più incisività, anche dal punto di vista mediatico. In un contesto politico in cui chi grida ottiene consenso, far sentire la voce del partito diventa centrale. Speziali ha quindi sottolineato due sconfitte «che bruciano ancora»: la perdita di due seggi in Parlamento alle ultime elezioni cantonali e la mancata elezione di Alex Farinelli alla Camera alta a Berna. «Desideriamo difendere il Ticino agli Stati e continuerò a volerlo anche in futuro. Non ci fermeremo», ha insistito Speziali. Il deputato è quindi passato a elencare una lunga lista di temi che dovranno fungere da bussola per il PLR nei prossimi anni e nella seconda parte della legislatura. Innanzitutto, Speziali è andato all’attacco sulla questione dell’autonomia dei Comuni: «Se dopo 25 anni di aggregazioni gli Enti locali non hanno ottenuto alcuna competenza in più, la riforma Ticino 2020 è da rivedere o da chiudere». Un altro cavallo di battaglia liberale radicale è e dovrà essere la scuola. Un settore in cui il partito ha già formulato un’idea di riforma delle Medie. Serve un cambiamento, «una ricostruzione», «senza revisionismo ma con buon senso». Le idee di Speziali abbracciano però anche il clima, l’ambiente e l’energia, rifiutando i dettami dell’ambientalismo «che contrabbanda l’idea suicida della decrescita». E poi i conti dello Stato, che devono essere forzatamente sani e «in linea con la tradizione svizzera, non quella dei Paesi mediterranei».
«Basta giocare in difesa»
Una delle critiche più frequenti che viene mossa al partito liberale radicale riguarda una certa mancanza di coraggio, di «aggressività» sui temi centrali del dibattito pubblico. Su questo punto, il presidente ha messo l’accento sulla volontà di cercare con maggiore insistenza il confronto con le urne portando gli esempi delle due vittorie «sull’apertura domenicale dei negozi e sulla riforma fiscale». Non è un caso, dunque, se dalle urne si potrebbe passare con il controprogetto PLR – presentato qualche settimana fa – alle iniziative di PS e Lega sui premi di cassa malati. «Non dobbiamo più giocare in difesa, un errore commesso troppe volte», ha ammesso ancora Speziali. Un errore che porta alla sfiducia. «Non possiamo lasciare che il ceto medio perda la fiducia nel futuro. La sfiducia è la kryptonite del liberalismo. Laddove muore la fiducia nel futuro, muore anche qualunque partito che predica i nostri valori. Dobbiamo mettere sul piatto soluzioni concrete su cui votare, visto che intorno a noi è pieno di imbonitori col sorriso perenne, semplificatori seriali e venditori di fumo». Autocritica è stata fatta anche sulla pianificazione ospedaliera, «timidissima e che noi abbiamo accompagnato, ma la prossima volta non sarà più così». Gli altri temi? la burocrazia (che blocca l’imprenditoria) e gli investimenti necessari a PMI, turismo, sviluppo regionale e industria.
Pochissime critiche dalla sala
Dopo il discorso di Speziali, dalla sala si sono levate alcune voci. Critiche? Quasi nessuna. La deputata Roberta Passardi ha fatto notare che «sulla pianificazione ospedaliera bisognava fare un rapporto di minoranza», mentre bisogna fare «molto di più sulla conciliabilità». In generale, per Passardi il partito deve essere più critico e presente. Due gli inviti a far sentire la voce del PLR da parte della vice-capogruppo Simona Genini: sulla riforma elettorale e sull’idea di rinunciare alla nomina politica dei magistrati. L’ex presidente Giovanni Merlini ha invece messo in guardia dalle sfide epocali attendono il mondo, «ma non bisogna cedere al fatalismo». Serve investire, e tanto, nella conoscenza e nella cultura per evitare la perdita dei valori. Anche Christian Vitta, presidente del Governo, ha avvertito che i prossimi saranno anni difficili. E per questo bisogna «costruire un consenso produttivo» e una «forte volontà di azione». Serve, poi, maggiore dialogo: «Meglio avere un’ora di ritardo ben spesa con contenuti che un Congresso che rispetta i tempi ma povero di contenuti». Infine, i delegati PLR hanno approvato la modifica di una quarantina di voci statutarie, come ad esempio l’abolizione della Direttiva.
«Tocca a noi tenere ferma la bussola»
Al Congresso PLR di Biasca, seduto in prima fila, c’era anche Ignazio Cassis. Il consigliere federale ha incentrato il suo discorso «sullo stato di salute del mondo». E sulle conseguenze che questo stato di salute ha sulla Svizzera. «La Confederazione ha sempre saputo affrontare le difficoltà con pragmatismo», ha spiegato. Ne è un esempio l’alluvione in Vallemaggia. «Oltre agli aiuti ordinari, i servizi cantonali e federali stanno valutando ulteriori misure straordinarie», ha assicurato Cassis. Al di là di questi aspetti puntuali, il «ministro» degli Esteri ha quindi detto che la democrazia «è di fronte a una svolta epocale. Il 2024 ha rappresentato un punto di rottura in molte democrazie. Le guerre in Ucraina e in Medio Oriente sono sintomi di questa svolta». Cassis ha ricordato che lo scorso anno «oltre 1,5 miliardi di elettori nel mondo» hanno espresso il proprio voto in 73 Paesi. «Tracciando un quadro chiaro e per certi versi inquietante dello stato della democrazia nel mondo». La partecipazione massiccia potrebbe essere un segnale positivo, «ma la sfiducia verso le istituzioni, l’avanzata del populismo e la crisi dei partiti centristi raccontano una storia diversa». «Un grido d’allarme», perché «le elezioni non servono più a scegliere dei leader, ma sono referendum contro il sistema stesso». Per fermare tutto questo, allora, serve tenere presente che la democrazia non si difende da sola. «La democrazia è forte quando i cittadini partecipano e i politici prendono decisioni coraggiosi e responsabili». In un centro politico in crisi, dunque, «tocca a noi liberali radicali tenere ferma la bussola».