Lugano

Alla ricerca dei gettoni segreti

Il Municipio non vuole rendere pubbliche le retribuzioni ricevute dai rappresentanti del Comune in enti e aziende di sua proprietà - Le più generose sono AIL e Casinò, che ai loro amministratori versano indennità per decine (e in certi casi centinaia) di migliaia di franchi l’anno
Sedie «pesanti».  (Foto Shutterstock)
Giuliano Gasperi
04.02.2022 06:00

Se esistesse una classifica delle domande che creano più imbarazzo in Svizzera, «quanto guadagni?» sarebbe probabilmente nelle prime posizioni. «C’è una cultura del segreto salariale che porta a considerarlo parte non solo della sfera privata, ma quasi della sfera intima» diceva tempo fa in un’intervista a Swissinfo Roman Graf, collaboratore scientifico dell’Osservatorio universitario dell’impiego di Ginevra. Alcuni vorrebbero che questa coltre di riserbo sparisse, mentre per altri è giusto così. Del resto, direbbero questi ultimi, i soldi che riceviamo sono pur sempre qualcosa di personale. Se quei soldi appartengono alla collettività, però, il discorso cambia. O almeno, dovrebbe cambiare.

Non è stato così quando abbiamo chiesto al Municipio di Lugano a quanto ammontano i compensi (o gettoni) ricevuti dai rappresentanti della Città nelle aziende di sua proprietà, come le AIL, interamente pubbliche, o il Casinò, per un terzo in mani private. Facendo leva sull’articolo 10 della Legge cantonale sull’informazione e la trasparenza, che consente di negare l’accesso a un documento ufficiale se questo può «implicare la rivelazione di segreti professionali, di fabbricazione e di affari», l’Esecutivo ha tenuto segrete le cifre.

Sono passati dieci anni
La nostra richiesta prendeva spunto da una mozione inoltrata nel 2012 dagli allora consiglieri comunali Badaracco, Bertini, Macchi e Viscardi per una riforma nella gestione delle società e degli enti controllati dalla Città. Ad esempio impedendo ai dipendenti comunali e ai membri del Legislativo di amministrare un ente partecipato, garantendo un equilibrio tra politici e tecnici e introducendo norme sui conflitti d’interesse, sulla segretezza delle informazioni e anche sulle retribuzioni. Una piccola rivoluzione. Lenta, però. La mozione è stata accolta nel 2018, ma il Municipio non ha ancora pubblicato un regolamento. Sono in corso delle valutazioni giuridiche: segno che il tema è delicato da questo punto di vista.

Una macchina oliata
È delicato anche politicamente. I rappresentanti della Città, tranne eccezioni, sono proposti dai partiti e approvati dal Consiglio comunale in modo quasi automatico. «Per la società x, il partito y propone il candidato z». Votazione, approvazione. E via con la nomina successiva. Zero informazioni sul profilo e la motivazione dei prescelti, zero dibattito. A meno che il numero di candidati superi i posti disponibili, come successo a luglio per le AIL. A rimanere escluso era stato un non politico sostenuto dall’UDC, che infatti ha sempre criticato il sistema delle nomine chiedendo di privilegiare i tecnici. Anche la Lega un tempo denunciava la distribuzione partitica delle poltrone, ma ultimamente sembra aver abbandonato questa battaglia (ora è fra i criticati: come sulla nomina ad amministratore delegato del Casinò di Paolo Sanvido, già presidente dell’Ente Ospedaliero Cantonale). In generale il meccanismo è condiviso e oliato: modificarne gli ingranaggi non è facile. Ad alcuni partiti, fra l’altro, gli amministratori da essi indicati versano parte dei compensi ricevuti.

Non darli può essere un limite
I compensi sono l’ultimo anello della catena. Prima di contattare il Municipio abbiamo chiesto le cifre alle società e agli enti interessati, e alcuni le hanno fornite. Per esempio il Consorzio depurazione acque Lugano e dintorni, che prevede indennità per 12.000 franchi annui al presidente, 4.000 al suo vice e 2.000 agli altri membri della delegazione, più 100 franchi a riunione. Cifre simili per il Servizio cure a domicilio del Luganese: 9.900 franchi al presidente, 6.600 al vice, 5.500 ai membri, più 100 franchi a seduta. Lugano Region invece dà solo 200 franchi per ogni riunione. Poi ci sono realtà che non possono versare alcun compenso, come il LAC. «L’appartenenza a gremi culturali dev’essere slegata da qualsiasi forma di remunerazione – ha ricordato il presidente dell’Ente autonomo Roberto Badaracco – e ciò può rendere difficoltosa la ricerca di membri con competenze culturali e notorietà».

No e poi no
Veniamo alle organizzazioni che non hanno fornito i dati. Come il Casinò di Lugano, secondo cui «non sussiste un interesse pubblico preponderante tale da legittimare la trasmissione di informazioni riservate». Secondo nostre informazioni, le sue indennità superano di gran lunga quelle concesse altrove, visto anche il giro d’affari e le caratteristiche del mercato in cui opera la casa da gioco: le retribuzioni annue dei vari membri del consiglio d’amministrazione vanno da sessantamila a più di centomila franchi. Al secondo posto di questa classifica ci sono le Aziende Industriali di Lugano, i cui membri, sempre secondo nostre fonti, ricevono tra i venti e i trentamila franchi all’anno. Anche le AIL non hanno reso pubblici i compensi e ci hanno invitato a contattare la Città, che come detto ha risposto picche. La TPL invece ha detto subito no, «nel rispetto della privacy». Ha risposto con un no anche la Commissione regionale dei trasporti del Luganese, ma senza darci spiegazioni.

Restano aperte (almeno) tre domande

Niente da fare, quindi: l’entità dei compensi, nella maggior parte dei casi, non viene comunicata ufficialmente. Gli ordini di grandezza sono comunque noti, come la procedura che porta alla scelta dei rappresentanti della Città. Restano aperte almeno tre domande. La prima, in ordine casuale, è se le retribuzioni incassate dagli amministratori, specialmente quelle più alte, sono giustificate; se sono legittimate da un certo contributo in termini di quantità o qualità. Difficile dirlo, difficile e soggettivo. Chi ha fatto parte di uno dei gremii interessati, a microfoni spenti, ci ha assicurato che il lavoro è tanto e le responsabilità non mancano. Ci sono però situazioni che fanno riflettere. Il CdA delle AIL, ad esempio, ha sotto di sé una direzione forte e strutturata con un presidente di direzione, un direttore, un condirettore e sei vicedirettori specializzati in vari ambiti. La seconda domanda riguarda l’accesso alle cifre: è giusto tenere segreti i gettoni versati da aziende di proprietà pubblica, mentre quelli per i ruoli di municipale e consigliere comunale, per esempio, vengono comunicati?

«Se vogliamo parlare di trasparenza, credo sia più importante quella sull’operato, le strategie e la selezione degli organi delle partecipate» osserva Giordano Macchi, coautore della vecchia mozione sulla governance e oggi direttore della Divisione delle contribuzioni del Cantone. E la trasparenza sulle retribuzioni? «È auspicabile, ma non determinante. Usando la metafora della barca, le qualità del capitano e la direzione di marcia contano di più del compenso del capitano. Non vorrei che il dibattito sui compensi offuscasse la questione delle ‘persone giuste al posto giusto’. E le persone giuste vanno ricompensate adeguatamente». Parole che ci portano alla terza domanda: come scegliere i rappresentanti del Comune? Meglio i politici, per avere un maggior controllo pubblico, o i tecnici, per una migliore conoscenza della materia? Una cosa è certa: se il sistema odierno non cambierà, i cittadini sapranno sempre chi è stato nominato, dove e su proposta di chi, ma non perché.

Lo diceva il Cantone
Di tutto questo tema si è discusso anche a Palazzo delle Orsoline. Non nelle «varie ed eventuali» di una seduta del Gran Consiglio, ma nelle Linee direttive della politica cantonale. Quadriennio 2012-2015, scheda 70. Parlando di società ed enti partecipati, si menziona la volontà di «promuovere anche in Ticino nuova cultura della public corporate governance», analizzando tra le varie cose «la definizione degli obiettivi e delle strategie, i sistemi di controllo e di ‘reportistica’, la gestione dei rischi, le competenze, la nomina e la retribuzione degli organi strategici aziendali». Per gli ambiti toccati, l’analisi cantonale ricorda la mozione approvata a Lugano. L’obiettivo di fondo, come leggiamo sempre nelle Linee direttive, era «un riordino amministrativo e consolidato del rapporto tra lo Stato e gli enti a cui si riterrà di continuare a partecipare, a tutto beneficio, tra le altre cose, della trasparenza». «Ciò - concludeva il Governo - dovrà incidere positivamente sulla fiducia del cittadino nelle istituzioni». L’esercizio è stato fatto. Grazie a una perizia esterna, il Cantone ha approfondito la situazione di quattro aziende controllate o partecipate, e in base ad essa ha rivisto completamente la legge sull’Azienda Elettrica Ticinese e la sua governance. Per le altre aziende, invece, non si è arrivati a modifiche particolari.