Vezia

Alla riscoperta di parco Morosini, tra storia svizzera e storia d’Italia

Quasi terminato il restauro conservativo della grande area che si trova a fianco di villa Negroni, di cui è stata per secoli parte integrante È un luogo più unico che raro in Ticino: un generale polacco ci lasciò il suo cuore (imbalsamato) e fu un rifugio sicuro per i patrioti durante il Risorgimento
©CdT/ Chiara Zocchetti
John Robbiani
24.07.2021 06:00

È un parco in cui si può ancora sentire l’odore della rivolta e con un po’ di fantasia si possono ancora immaginare le discussioni, i piani e forse perfino le congiure ordite in quel luogo. Galantuomi e gentildonne dell’Ottocento. Nobili, generali, avventurieri, politici e soldati. O terroristi, a dipendenza dei punti di vista. Così, di certo, erano visti dagli austriaci, che non sopportavano l’idea che la neutrale Svizzera (e in particolare quel fazzoletto di terra chiamato Ticino) si fosse trasformata in un porto sicuro per i patrioti milanesi, veneti e piemontesi. Non a caso nel 1853 l’Austria sigilla per due anni il confine e decide di espellere migliaia (si parla di 6.000) ticinesi che si trovavano in Lombardia. E la situazione non piace neppure alla Confederazione, che teme di vedere il Ticino scivolare piano piano anche politicamente tra le braccia di un possibile futuro Stato italiano. Parco Morosini a Vezia - come l’adiacente villa Negroni, di cui era parte integrante fino al 1976 - è anche e soprattutto questo: un luogo in cui la storia svizzera e la storia d’Italia si incontrano. Un parco al centro, da due anni, di un importante intervento di restauro conservativo (giunto quasi al termine) coordinato dalla deltaZERO di Paradiso e dall’architetto Maria Mazza. Un intervento iniziato nel 2019 con una ricerca storica del comparto (13.000 metri quadrati) necessaria a garantire che i successivi lavori avrebbero rispettato - e perfino ripristinato - l’autenticità del luogo e dei tempi. «E per me - ci spiega Mazza - che sono anche restauratrice è stata un’esperienza emozionante intervenire in un parco che custodisce tanta storia, in cui si è stato scritto un capitolo del Risorgimento italiano e in cui sono passati personaggi così rilevanti».

L’eredità di Kosciuszko
L’intervento di restauro si è concentrato sui tre elementi principali del parco: il mausoleo, la chiesa e i gruppi scultorei presenti nell’area. Ma vediamone la storia. La famiglia Morosini, di origine milanese, giunse a Lugano nel ‘400 e il secolo successivo divenne proprietaria di poderi a Vezia, Cadempino, Cureglia e Manno. Nel 1712 acquistò dai Carli un’estesa tenuta agricola e le strutture a cui attorno si era sviluppata (in particolare la casa padronale, conosciuta oggi come villa Negroni e che ospita il Centro studi bancari). Tra i più illustri personaggi a frequentare la tenuta fu il generale Tadeusz Kosciuszko, che combatté durante la guerra d’indipendenza americana (1776) e poi guidò la fallita insurrezione del 1794 per ottenere l’indipendenza della Confederazione polacco-lituana. Mandato in esilio, arrivò in Svizzera dove morì, a Soletta, nel 1817. Proprio a Soletta conobbe Emilia von Zeltner. Tra i due c’era del tenero, tanto che Koœciuszko le lasciò in eredità il suo cuore imbalsamato. Nel 1819 von Zeltner sposò Giovanni Battista Morosini e il cuore dell’eroe polacco venne conservato - per anni - a Vezia. Oggi si trova a Varsavia.

Morte a Roma
Passiamo ora agli anni Quaranta dell’Ottocento e saltiamo una generazione di Morosini. Sono anni turbolenti in Italia. Emilio Morosini, figlio appunto di Emilia e Giovanni Battista, si trova in Lombardia per i suoi studi. Con gli amici Enrico ed Emilio Dandolo e Luciano Manara è tra i primi a ribellarsi agli austriaci durante le Cinque Giornate di Milano. Divennero ufficiali del primo battaglione dei bersaglieri e, alla firma della dell’armistizio di Salasco (che sancisce il fallimento della prima guerra d’indipendenza italiana), anziché tornare in Ticino, dove troverebbero rifugio, decidono di unirsi a Garibaldi e soccorrere la Repubblica Romana di Giuseppe Mazzini, impegnata in combattimenti con le truppe di Luigi Napoleone Bonaparte. Ed è a Roma che Morosini (a soli 19 anni), Enrico Dandolo e Luciano Manara perdono la vita. Il padre, ancora in vita, decise dunque di trasformare la «Kaffeehaus» - come appurato dall’architetto Mazza - che si trovava nel parco della villa di Vezia in un mausoleo, in cui vennero posate le spoglie di suo figlio e dei suoi due amici. E in cui, appunto, trovò posto anche il cuore imbalsamato di Kosciuszko. «Il nostro intervento - ci viene spiegato - é stato anche mirato a valorizzare i manufatti artistici presenti nel comparto e si é inoltre cercato di dar loro una maggiore visibilità; la chiesa per esempio, con le sue tinte chiare sui toni del bianco e dell’avorio ora emerge dalla vegetazione verde del parco come probabilmente appariva originariamente quando era la cappella privata della famiglia Morosini». Il contrasto con la vicina villa Negroni ora è evidente e proprio l’intervento alla chiesa lascia intendere i risultati che si potrebbero ottenere restaurando anche la grande proprietà.

Separati
Ultimo erede del parco fu Vincenzo Negroni Prati Morosini che, non avendo figli, nel 1959 lo donò all’Aila-Oil (Associazione italiana di Lugano per gli anziani - Associazione Ospedale italiano di Lugano) e la villa a una società privata. Villa che poi, nel 1976, venne acquistata dalla città di Lugano. Il parco è invece ancora oggi di Aila-Oil.