La storia

Alla scoperta dell’olio ticinese: «Un patrimonio di cui dovremmo essere fieri»

Abbiamo percorso tutta la filiera di produzione, dalla piantumazione alla vendita, passando per il frantoio - Ci hanno guidato in questo viaggio Claudio Premoli, Ennio Bianchi e Mattia Bernardoni
©Shutterstock
Irene Solari
16.10.2021 10:38

Il mese scorso l’olio d’oliva ticinese è stato inserito nel patrimonio culinario svizzero, annoverato tra i prodotti d’eccellenza del nostro Paese. Per immergerci in questo mondo abbiamo sentito Claudio Premoli, presidente dell’Associazione Amici dell’Olivo e Ennio Bianchi, proprietario del frantoio di Sonvico e membro dell’Associazione. Infine, per la vendita del prodotto, abbiamo parlato con Mattia Bernardoni responsabile della Tamborini Vini, uno dei principali rivenditori degli oli d’oliva ticinesi.

L’amore per l’ulivo in Ticino
Premoli ha cominciato il racconto con il lavoro dell’Associazione Amici dell’Olivo. Una storia tutta dedicata alla passione per questo prezioso arbusto, che ha messo radici nel nostro territorio già da secoli e che fa un po’ parte della nostra storia. «L’Associazione è nata nel 2001, vent’anni fa» spiega, «anche se in realtà un gruppo ticinese che aveva parecchio a cuore la questione c’era già nel 1997: il Gruppo Olivi». Un’associazione di persone che hanno lavorato negli anni per creare quello che poi è diventato il Sentiero dell’Ulivo di Gandria, uno dei luoghi turistici più particolari e apprezzati del nostro Cantone. Un’opera realizzata sistemando il tratto di sentiero da Castagnola a Gandria, dove già si trovavano alcuni ulivi ma in cattive condizioni. Grazie alla piantumazione di nuovi arbusti, nel 2001 viene aperto il Sentiero e fondata l’Associazione per continuare a operare in tal senso. Oggi il gruppo, in continua evoluzione tra tradizione e nuove idee, conta ben 270 soci e propone moltissime attività legate al mondo degli ulivi: «Organizziamo degustazioni, gite e cene, tutto naturalmente con un filo conduttore: l’olio».

La raccolta sta per cominciare in questo periodo: tra fine ottobre e novembre. Stiamo anche organizzando la quinta edizione della raccolta collettiva

La raccolta collettiva
Premoli spiega poi come si procede per arrivare a ottenere il pregiato olio: «La raccolta sta per cominciare in questo periodo: tra fine ottobre e novembre. Stiamo anche organizzando la quinta edizione della raccolta collettiva». Un’iniziativa aperta a tutti, chiunque voglia può portare le sue olive al frantoio. E la gente aderisce volentieri. «Piuttosto che lasciare cadere le olive nel proprio giardino, che poi marciscono subito, ce le portano, noi le mettiamo tutte insieme e produciamo l’olio. Praticamente chi viene qui ci regala le proprie olive, noi non promettiamo nulla perché non sappiamo quanto olio riusciremo a produrre. Anche se finora siamo sempre riusciti a dare delle bottigliette d’olio a chi ha contribuito con le olive. Regaliamo quasi tutte le bottiglie che produciamo, a parte qualcuna che teniamo per l’Associazione, per le serate di degustazione nelle quali è sempre presente il nostro olio».

Il frantoio di Sonvico
Sull’argomento specifico della frangitura abbiamo sentito Ennio Bianchi, proprietario del frantoio di Sonvico. Un posto molto importante, dato che si tratta di uno degli unici due frantoi di tutto il Cantone: oltre al suo, c’è quello di Delea a Losone. Bianchi conferma che siamo quasi all’«apertura», il momento in cui il frantoio si mette in funzione. Anche se questo sarà un cosiddetto anno di scarico: «Funziona sempre così: un anno di raccolto molto abbondante, il successivo scarso, di scarico, poi di nuovo abbondante. Il 2021 era già designato come un’annata di poco raccolto, ma oltre a questo si sono aggiunte delle condizioni climatiche poco favorevoli alla crescita e alla maturazione delle olive». Si prospetta quindi anche una frangitura abbastanza scarsa. Bianchi racconta che comunque sono molte le persone che partecipano portando le loro olive, a volte anche solo mezzo chiletto di raccolto, ma tutte le olive solo benvenute. Infatti, prosegue, è anche grazie ai piccoli contributi che si arriva ad avere la giusta quantità di olive che serve per mettere in moto la macchina del frantoio: «Servono minimo 50 chili di olive a frangitura». Quindi molto spesso le persone aspettano che arrivino altri carichi di olive per raggiungere la quota minima. Ma è una procedura assolutamente normale, continua Bianchi: «Si mette tutto insieme, mescolando i vari tipi di olive, le diverse varietà. Noi produciamo quello che si chiama blend, miscela. Poi ognuno porta via il proprio olio a seconda della quantità di olive che ha versato al frantoio». La produzione di olio ticinese naturalmente è poca, ci spiega il proprietario del frantoio: «Di solito rimane ai privati. Solo i produttori più grossi riescono ad averne abbastanza per poterlo vendere alla clientela».

Il 2020, anno di record e di censimenti
Quello passato è stato un anno d’oro per la produzione di olio ticinese, sia Bianchi che Premoli ce lo confermano. «Abbiamo registrato un vero e proprio record di cifre nella produzione di olio. Un’annata veramente eccezionale. Si sono prodotti, tra i frantoi Bianchi e Delea, 2.000 litri d’olio. Praticamente sono arrivati 10.000 chili di olive a Sonvico e la stessa quantità a Losone. Le cifre sono impressionanti se si pensa che sono da rapportare a un territorio come il Ticino». Anche gli altri due principali produttori, Tamborini e VivaGandria, hanno registrato l’anno scorso una quantità record di olio prodotto e venduto.

Nell’anno della pandemia l’Associazione ha deciso di occuparsi – dato che le attività normalmente proposte non potevano essere realizzate – di un censimento degli arbusti d’ulivo presenti sul nostro territorio. «Abbiamo censito finora 7.700 piante, ma sicuramente sono molte di più, noi continuiamo con il nostro lavoro. Abbiamo anche stabilito la qualificazione di uliveto: deve avere almeno 25 piante di ulivo. E con questo criterio abbiamo censito ben 39 uliveti in tutto il Ticino, un buon numero se si pensa alla conformazione del territorio e al fatto che gli ulivi hanno bisogno di spazio tra una pianta e l’altra, almeno 6 metri».

Abbiamo mostrato dei documenti nei quali si certifica la presenza dell’ulivo in Ticino già nell’Alto Medioevo, nel 769. Quindi 1.300 anni fa circa

Patrimonio e storia
L’olio d’oliva locale un piccolo patrimonio lo è sempre stato, visti limiti e complicazioni nel piantare ulivi, farli crescere e produrre olio in Ticino. Ma da quest’anno il patrimonio è stato anche riconosciuto a livello nazionale. Premoli spiega come è stata la procedura seguita dalla commissione che si è occupata dell’assegnazione del riconoscimento. «È stato un lavoro oltre che impegnativo anche lungo. Sono arrivati gli specialisti del patrimonio culinario dalla Svizzera interna. Hanno fatto delle interviste, hanno voluto vedere come si fa l’olio, visitare gli uliveti. Siamo andati insieme all’Archivio cantonale a Bellinzona e poi alla Biblioteca cantonale, hanno fatto diverse ricerche. Abbiamo mostrato dei documenti nei quali si certifica la presenza dell’ulivo in Ticino già nell’Alto Medioevo, nel 769. Quindi 1.300 anni fa circa. È stato trovato un contratto di compravendita di un terreno e nel documento c’era scritto che vendevano terreno e casa con un paio di ulivi. Successivamente si sa che sono quasi del tutto scomparsi a causa delle forti gelate che più o meno ogni secolo colpivano il Ticino. Tranne qualche pianta a Gandria, ma poca roba. Però è poi da lì che si è ripartiti e ora si vedono ulivi un po’ dappertutto».

Un business in crescita
Sempre più persone, infatti, si stanno avvicinando a questo mondo. Soprattutto a seguito della pandemia. Le richieste di acquisto delle piante crescono, così come la voglia di partecipare alla molitura con il proprio quantitativo di olive. La gente, infatti, sceglie sempre meno l’ulivo per ragioni decorative e sempre più per la produzione di olive e olio. Premoli ci ha spiegato la situazione: «Quello che stiamo vedendo nei produttori regionali è un fenomeno interessante: diversi stanno estirpando la vigna – anche solo parzialmente – per piantare l’ulivo e dedicarsi alla raccolta dei piccoli frutti, sia per realizzare conserve in salamoia, sia per frangerle e realizzare l’olio».

Per quello che riguarda la vendita del prodotto finito, abbiamo sentito Mattia Bernardoni responsabile della Tamborini Vini. L’azienda si occupa anche in prima persona della raccolta delle olive e della produzione di olio. Questo è un bene prezioso, spiega Bernardoni, dato che la quantità è poca. «È un prodotto di nicchia ma è davvero molto apprezzato, ha una buona acidità e una punta di piccantezza. È un prodotto non banale». E anche i clienti sembrano apprezzare: Bernardoni conferma che il prodotto viene venduto molto facilmente. L’unica incognita riguarda le quantità che saranno disponibili per ogni annata: «Non sappiamo effettivamente quanto ne avremo a disposizione per la vendita, dipende dagli anni, questo si preannuncia di scarso raccolto». Ma in fondo è proprio la caratteristica di questo olio, non è un prodotto industriale che gioca sulle grandi quantità, è un olio speciale e ricercato. E, conclude Bernardoni, «anche se ne abbiamo poco comunque c’è, l’olio ticinese è sempre presente».