Giustizia

Alla terapia avrebbe preferito... il carcere

Il ventottenne autore di alcuni furti e reati di droga dovrà seguire (almeno) un percorso ambulatoriale – Accusato di una dozzina di reati, è stato in parte prosciolto
© CdT/Chiara Zocchetti
Nico Nonella
30.04.2024 18:04

Alla terapia stazionaria avrebbe preferito il carcere, sicuro che un periodo di astinenza dietro le sbarre lo avrebbe aiutato a dire addio al mondo della droga. Per la Corte delle assise correzionali presieduta dal giudice Mauro Ermani, però, una terapia è necessaria. Non stazionaria ma ambulatoriale, e con il supporto di un’assistenza riabilitativa. Lui, l’imputato, è un 28.enne del Luganese, da dieci anni alle prese con una dipendenza da stupefacenti e alla sbarra martedì per rispondere di una dozzina di capi d’accusa, principalmente reati di droga, alcuni furti e coazione. Secondo l’atto d’accusa della procuratrice pubblica Chiara Buzzi, nell’estate del 2022, vicino alla Foce, l’uomo avrebbe sottratto degli occhiali, un Rolex e un telefono a un automobilista grigionese addormentatosi nella sua macchina dopo una serata di festa a Lugano. Dopo il furto, lo avrebbe chiuso in macchina, chiudendola con la chiave a telecomando (di qui l’accusa di coazione).

Qualche mese prima, avrebbe inoltre sottratto la carta di credito della sorella della sua ex, utilizzandola principalmente per acquistare 1.400 franchi di crediti di gioco in diversi casinò online, oltre che a pagamenti per 250 franchi. A settembre, invece, avrebbe sottratto materiale da DJ, un portatile, un monitor e un televisore da un locale hobby del Luganese e, a metà ottobre sempre dello stesso anno, una quarantina tra anelli e gioielli appartenuti alla madre della sua ex, per un valore complessivo dichiarato di oltre 41 mila franchi. Infine, il 15 febbraio dello scorso anno, avrebbe anche opposto resistenza al fermo da parte delle Guardie di confine a Mendrisio, le quali avevano dovuto fare ricorso allo spray al pepe (l’episodio gli è valso l’accusa di impedimento di atti dell’autorità).

Dal canto suo il 28.enne, difeso dall’avvocato Sofia Padlina, ha ammesso diversi fatti ma ha negato il furto del Rolex e la coazione (a suo dire, la vittima, poteva tranquillamente uscire dalla vettura anche se chiusa dall’esterno), così come di aver sottratto monitor e televisore e, soprattutto, i gioielli. A suo dire, l’accusa sarebbe una ritorsione nei suoi confronti. Nell’arringa, Padlina ha fatto notare che non vi sono prove del furto del Rolex (la videosorveglianza lo ha immortalato con gli occhiali sottratti), del materiale da DJ più ingombrante (anche qui, le telecamere lo avevano inquadrato con solo uno zainetto) e dei gioielli: «Le dichiarazioni di madre e figlia sul furto e sui gioielli sottratti sono contraddittorie». Per quanto riguarda l’episodio di Mendrisio, l’imputato si è difeso sostenendo di essersi alzato in piedi e di aver chiesto i motivi del fermo. Una versione alla quale Ermani ha creduto: «Che cosa ha impedito alzandosi semplicemente in piedi?». Anche le altre motivazioni della difesa hanno fatto breccia e pure la coazione è caduta.

La Corte, basandosi anche su una perizia, lo ha quindi prosciolto per questi capi d’accusa e condannato a una pena detentiva di 12 mesi, ma non gli ha concesso di andare in carcere. Prima, dovrà provare a farsi aiutare con una terapia.