Processo

Allo psichiatra tre anni e otto mesi

Parzialmente accolto il castello accusatorio: «Le vittime erano donne fragili che si fidavano di lui, e ne era consapevole. Alcune l’hanno lasciato in condizioni peggiori di quando l’hanno incontrato»
©CDT/ARCHIVIO
Federico Storni
09.10.2019 17:26

«Ha fatto leva sulla sua posizione e ha sfruttato lo stato di dipendenza delle sue pazienti. Ha inferto sofferenza alle vittime. Erano donne fragili, e ne era consapevole. Sapeva, anzi doveva immaginare le conseguenze psicologiche delle sue azioni. Le vittime si fidavano di lui, e alcune l’hanno lasciato in condizioni peggiori di quando l’hanno incontrato».

È con queste parole che il giudice delle Assise criminali di Lugano Amos Pagnamenta ha condannato a tre anni e otto mesi di carcere da scontare una psichiatra di 54 anni attivo nel Luganese accusato di aver ripetutamente sfruttato la stato di bisogno di sette sue pazienti (compiendo su di loro atti sessuali) e, in un caso, di atti sessuali con persone incapaci di discernimento o inette a resistere. La Corte gli ha anche interdetto l’esercizio della professione per tre anni, essendoci presente un rischio di recidiva.

Delle otto presunte vittime, però, solo quattro sono state ritenute come tali. In un caso per il principio «in dubio pro reo», in quanto la testimonianza della presunta vittima non è stata ritenuta abbastanza solida. Per il resto, la versione delle altre sette donne è stata ritenuta credibile, coerente e logica, mentre quella dell’imputato generalmente mutevole e falsa. Nonostante ciò anche per altre tre circostanze c’è stato un proscioglimento. In un caso (riferito a un singolo episodio) perché non è stato possibile determinare oltre ogni ragionevole dubbio (di nuovo il principio «in dubio pro reo») che quel toccamento del seno non fosse dovuto a ragioni mediche. In altri due casi, infine, perché non vi è stato sfruttamento dello stato di bisogno. Le due donne, ha argomentato Pagnamenta, sono state pazienti dello psichiatra per un tempo troppo breve affinché scattasse questo meccanismo di fiducia: «Era ipotizzabile un altro reato, che però non figura nell’atto d’accusa». Reato su cui quindi la Corte non si è potuta chinare per via del principio dell’inviolabilità dell’atto d’accusa.

L’uomo è stato anche prosciolto dal reato di truffa (relativo a poche migliaia di franchi).

La procuratrice pubblica Chiara Borelli aveva chiesto cinque anni di carcere, mentre lo psichiatra, tramite il suo legale Niccolò Giovanettina, si era battuto per il proscioglimento.