Anche gli Stati graziano i rustici fuori zona

Dopo il sì del Nazionale in marzo, ieri anche gli Stati hanno deciso di approvare - per 25 voti a 16 - la mozione che prevede una sanatoria per gli edifici costruiti più di 30 anni fa fuori dalle zone edificabili. Una buona notizia, dunque, per migliaia di edifici tradizionali, come i rustici ticinesi, gli chalet vallesani e i maiensässe grigionesi. La mozione, lo ricordiamo, era stata depositata dopo una sentenza del 2021 del Tribunale federale che, esprimendosi sul caso di un deposito lucernese in zona agricola, aveva deciso che le costruzioni illegali dovessero essere demolite, anche se costruite un trentennio prima.
Il dibattito in aula
Secondo i calcoli della televisione svizzero tedesca SRF, sarebbero circa 600.000 gli edifici situati fuori zona edificabile. In Ticino si parla di circa 2 mila rustici. Durante il dibattito, il consigliere agli Stati Marco Chiesa (UDC) ha evidenziato che «il rispetto della legalità è un principio indiscutibile e indiscusso in Svizzera. Ma in questo caso non si tratta di autorizzare un’edificazione selvaggia in zone dove essa è vietata o fortemente limitata, bensì di trattare la questione con una sana e lungimirante ragionevolezza». Secondo il presidente democentrista, è «sostenibile chiedere che non vi sia una disparità di trattamento tra la costruzione di immobili all’interno delle zone edificabili rispetto a quelli costruiti all’esterno di esse. Come altrettanto ragionevole è evitare a Cantoni e Comuni il controllo di più di 600.000 edificazioni in tutta la Svizzera». Diversa, per contro, la posizione dell’ecologista ginevrina Lisa Mazzone e della consigliera federale Simonetta Sommaruga, secondo le quali la mozione non fa altro che premiare i furbi e chi ha violato la legge, speculando sul trascorrere del tempo. «Una cosa difficile da spiegare a quei Comuni che si danno da fare per far rispettare la legge», ha detto Sommaruga. «Stiamo parlando di costruzioni illegali», ha sottolineato più volte la «ministra» del territorio. «Non capisco questo bisogno di proteggere un atto illegale», ha quindi puntualizzato.
La reazione del Ticino
«Parlare di condono è improprio», premette da noi contattato il direttore del Dipartimento del territorio Claudio Zali. «Il termine presuppone infatti che qualcosa di illegale diventi legale. In questo caso, invece, viene semplicemente introdotto un termine di prescrizione di 30 anni, scaduto il quale non si può più far demolire un’opera abusiva». A ben guardare, spiega Zali, questo principio, «ancorché non ancorato alla legge, lo si riteneva già esistente come prassi». E questo fino alla sentenza dello scorso anno del TF. Alla quale, come detto, ha fatto seguito la mozione che, di fatto, ha tradotto in legge il termine dei 30 anni, tornando in pratica alla situazione antecedente alla sentenza. «Malgrado non si tratti di un passo avanti», dice Zali, «perlomeno la decisione delle Camere ci toglie da una situazione di incertezza creata dalla sentenza del TF». Insomma, «è una buona notizia, seppur minima». Sul tavolo, infatti, rimane «l’enorme problema» di trovare soluzioni per tutte le costruzioni abusive che hanno meno di 30 anni: «Occorrerebbe valutare una modifica di legge che apra a soluzioni diverse, visto che oggi è contemplata unicamente la demolizione della costruzione».