Ancora tre dispersi, ricerche sospese
A partire da domani lo Stato maggiore regionale di Condotta (SMRC) intervenuto a seguito del disastro avvenuto in Alta Vallemaggia sarà diretto dalla Protezione civile (PCI) in collaborazione con la Sezione del Militare e della Protezione della popolazione (SMPP). È stato annunciato nella conferenza stampa indetta nel pomeriggio a Locarno dal Dipartimento del territorio (DT), unitamente allo SMRC e all'Esercito svizzero.
Ancora tre dispersi
«La gravità di un evento si può misurare dal numero di vittime» ha esordito Claudio Zali, consigliere di Stato. «Da questo punto di vista, quello in Vallemaggia è stato un evento estremamente grave. Il bilancio in termini di vite umane è pesantissimo». Non solo. «Alla luce degli eventi recenti, sono necessarie nuove riflessioni. La gravità e la frequenza di questi disastri è cambiata, è aumentata. Ciò che chiamavamo "evento centenario", oggi non è più tale». Una conseguenza, come spiegato dal direttore del Dipartimento del territorio (DT), del cambiamento climatico e del surriscaldamento globale.
Il bilancio a 11 giorni dagli eventi meteorologici occorsi durante la notte tra il 29 e il 30 giugno è di 5 morti identificati e 3 dispersi. «Le ricerche delle tre persone ancora disperse proseguiranno in base a segnalazioni puntuali e quando la portata dei fiumi e la visibilità in acqua lo consentiranno», ha precisato il capitano Antonio Ciocco, capo dello Stato maggiore regionale di condotta. « Tutti i corsi d'acqua sono stati setacciati più volte, con importanti risorse e tecnologie, ma finora non siamo riusciti a trovare nessuno», ha aggiunto, dicendosi «rattristato per non essere riuscito a portare a casa tutte le persone disperse, ma fiero per l'impegno di chi ha partecipato alle ricerche».
Le persone al lavoro
Nel corso dell'incontro con la stampa il capitano della Polizia cantonale Antonio Ciocco, finora a capo dello Stato Maggiore Regionale di Condotta (SMRC), ha dapprima evidenziato che dal 30 giugno gli enti coinvolti si sono prodigati nel mettere in atto tutte le misure possibili per soccorrere, evacuare, rintracciare e ripristinare in Vallemaggia. Solo per quanto riguarda la polizia sono state impiegate 762 unità fisiche per una media di 68.6 unità al giorno di cui: 686 per la Polizia cantonale e 76 per le polizie comunali per un totale di 6.824 ore di impiego. Sono stati inoltre impiegati un centinaio di militi da parte dei pompieri nonché 56 unità e 18 mezzi, per un totale di 640 ore di servizio, da parte del 144 e della REGA. Ha quindi ringraziato tutti gli enti coinvolti nella fase di emergenza per quanto fatto nonché le autorità comunali e la popolazione della Vallemaggia per la comprensione dimostrata, a fronte delle limitazioni legate alle attività.
I volontari
La solidarietà, dopo il disastro, non è mancata. Ne sono una prova i volontari che continuano ad annunciarsi per dare una mano. Al momento, ufficialmente, si tratta di 466 persone. «Da domani, giovedì, una ventina di loro entreranno in azione sotto il coordinamento della Protezione civile», ha spiegato Federico Chiesa, capoufficio della Sezione del militare e della protezione della popolazione (DI).
Da lunedì sono inoltre stati attivati i canali per l'annuncio di necessità di supporto, da un lato a favore dell'agricoltura e dall'altro a favore dei privati e degli enti locali. Finora sono pervenute 7 richieste da parte di agricoltori e 5 da parte di privati.
Un evento record
Prendendo la parola, il geologo cantonale Andrea Pedrazzini torna a quanto accaduto in quella notte di fine giugno. «Le precipitazioni hanno superato i 200 millimetri in poche ore, raggiungendo un'intensità importante. Oltre alla pioggia, sono stati cruciali altri fattori». Tra questi, i terreni già saturi a causa delle abbondanti precipitazioni primaverili, così come la presenza di molta neve negli alvei. «Questo mix di pioggia e neve ha fatto sì che nella Maggia si sia raggiunto un nuovo record di portate, di 800-900 metri cubi al secondo, superiore agli eventi del '92 e del '78». Un nuovo record. «La diga del Sambuco – continua Pedrazzini – ha trattenuto 200 metri cubi al secondo. Se non avesse funzionato, l'acqua si sarebbe riversata in alta valle con danni superiori».
La conta dei danni
Ciononostante, le conseguenze del maltempo sono state altrettanto disastrose. «Degli almeno 50 eventi cartografati, la maggior parte sono colate detriche», sottolinea il geologo cantonale. «Si sono registrati anche esondamenti di sponda, e conseguenze sul territorio. Si contano danni a oltre 100 edifici (andati distrutti o parzialmente danneggiati), in particolare case, stalle, rustici e garage, ma anche diverse centinaia di metri cubi di materiale da evacuare a Mogno e a Prato-Sornico, importanti erosioni di sponda tra Broglio e Prato Sornico, destabilizzazione dei muri di sostegno sotto Menzonio, danni ingenti alle captazioni d'acqua comunali, agli acquedotti e fognature sia in Val Bavona che in Val Lavizzara, danneggiamento della rete elettrica.
A livello di viabilità si registrano danni alle strade comunali consortili (danneggiate o distrutte), 200 metri di strada cantonale distrutta a Piano di Peccia, nonché il parziale crollo del Ponte che collegava Cevio a Visletto.
Le zone più toccate, ricorda Pedrazzini, sono state quelle di Piano di Peccia, Prato-Sornico, Mogno, Fontana e la Valle Bavona in generale. Si parla di danni per diversi milioni di franchi. Ora, la posa del ponte provvisorio militare a Visletto «è tra le priorità del DT».
Visletto, il ponte provvisorio sarà più a nord
E, a tal proposito, come già anticipato, dopo un primo gruppetto di uomini arrivati in Vallemaggia lunedì pomeriggio, ieri è stata la volta del resto del distaccamento dell’esercito incaricato di realizzare il ponte provvisorio a Visletto. Dopo le ispezioni e le successive verifiche tecniche da parte dei servizi del DT, ha evidenziato Diego Rodoni, direttore della Divisione delle costruzioni, si è giunti alla conclusione che la soluzione di posare il ponte militare provvisorio sull'attuale infrastruttura compromessa non è perseguibile, in quanto non vi sono sufficienti garanzie statiche rispetto al manufatto esistente.
«Avevamo due manufatti: un ponte che ha oltre 90 anni sulla strada cantonale, e un punto ciclo-pedonale a sud. Ora, il vecchio ponte è da considerarsi compromesso. Dunque, per quanto riguarda il ponte militare provvisorio, l'unica soluzione è posarlo a nord. Ma dovremo costruirlo da zero», ha dichiarato Rodoni.
«Quella notte, a causa dei un problema strutturale, la pila è ceduta e sprofondata. Nel cedimento, sono collassate due arcate su tre», spiega Rodoni. «Abbiamo dovuto aspettare che il fiume si abbassasse per fare le prime ispezioni visive. Tuttavia, la pila dal lato di Cevio non dà garanzia strutturale, quindi tutto il manufatto è da considerarsi compromesso. L'idea iniziale di piazzare il ponte sopra, dunque, non può essere perseguita». La soluzione, come spiegato in conferenza stampa, è quella di creare un guado a sud di Visletto, che consenta da domani il passaggio di mezzi pesanti da cantiere e del materiale per intervenire in alta valle. «L'utilizzo del guado è subordinato alla portata del fiume», precisa Rodoni.
Non c'è ancora una tempistica
Il ponte provvisorio più a nord, avverte il direttore della Divisione delle costruzioni, sarà tuttavia «un'operazione molto impegnativa». «Dovremmo realizzarlo interamente da zero, creando nuove fondazioni. I militari potranno intervenire solo quando avremo terminato le fondazioni. Dovrà rimanere in esercizio per almeno un anno, o anche di più. In una situazione normale ci vorrebbero mesi. Noi stiamo cercando di realizzare il tutto in poche settimane. Vi garantisco che non è evidente e che l'impegno è importante. Non posso ancora fornire una tempistica definitiva, perché ci sono ancora delle incognite, in particolare a causa del meteo e delle condizioni del sottosuolo». Come evidenzia Rodoni, non si sa ancora che cosa «si troverà sotto». In ordine di grandezza, l'obiettivo rimane quello di riuscire nell'intento nelle prossime settimane.
La parola, poi, è passata al colonello Manuel Rigozzi, capo dello Stato maggiore di collegamento territoriale del Canton Ticino. «Da domenica 30 ci siamo mossi con elicotteri, due Super Puma e alcuni Eurocopter. I Super Puma hanno permesso di accelerare le operazioni di evacuazione. Ora che sono terminate, la nostra attività continua in appoggio a quella di ricostruzione, senza andare in concorrenza con i civili».
Militari in alta valle
Da oggi, il guado in zona Cevio è operativo per i mezzi civili da cantiere e militari. «Stiamo preparando la posa del ponte. I militi che non possono lavorare si stanno adoperando per fornire supporto ai lavori di ripristino, insieme alla PCi. Inoltre, 25 soldati hanno raggiunto il Piano di Peccia per i lavori di riordino in alta valle», ha aggiunto Rigozzi.
Al termine della conferenza, parlando delle ricerche sospese, il capitano Ciocco ricorda che queste verranno prontamente riattivate, nel caso in cui dovessero esserci nuove segnalazioni. «Fare delle ricerche "a casaccio", ora, sarebbe solo un dispendio di risorse. Non ribalteremo tutto e ovunque. Le analisi sono state fatte in più direzioni. Due vittime, partite da due zone diverse, sono state ritrovate a Riveo. Il campo di ricerca è troppo ampio».