Appiccò il fuoco all’ex Hotel La Perla: niente carcere

Aveva rischiato di crollare lo stabile dell’ex Hotel La Perla di Agno, a ridosso dell’aeroporto, in seguito ad un incendio appiccato la notte del 2 maggio del 2017 da quattro giovanissimi. Fiamme di dimensioni importanti, per domare le quali era stato necessario l’intervento in forze i pompieri di Lugano coadiuvati da quelli aeroportuali di Agno. I quattro autori del gesto erano stati fermati e denunciati qualche giorno dopo: si tratta di giovani residenti nel Luganese, due ragazze di 17 anni, un 14.enne e un 19.enne italiano. I tre minorenni sono già stati condannati a giornate di prestazioni personali (dalle 10 alle 20) per incendio intenzionale, mentre il maggiorenne, oggi 22.enne, si è presentato stamattina davanti alla Corte delle Assise correzionali di Lugano, presieduta dalla giudice Manuela Frequin Taminelli, per rispondere alle accuse di incendio intenzionale ripetuto e in parte tentato, violazione di domicilio ripetuta, grave infrazione alle norme della circolazione ed elusione di provvedimenti per accertare l’inattitudine alla guida.

La sera prima di aver appiccato l’incendio l’imputato, insieme a una delle due ragazze minorenni, si era recato nell’hotel abbandonato cercando di appiccare il fuoco ad una poltrona per poi darsela a gambe. L’imputato, difeso dall’avvocato d’ufficio Pierluigi Pasi, ha spiegato che l’idea inizialmente l’ha avuta la ragazza ma è stato poi lui a procurare cubetti accendifuoco e spray infiammabili da usare la sera seguente. «Sapevate che non avreste potuto domare il fuoco?» ha chiesto la giudice. «Sì, non saremmo stati in grado di domarlo, - ha detto l’imputato - tant’è che ce la siamo data a gambe levate non appena le fiamme si sono alzate». L’imputato e i minorenni non hanno allertato i pompieri, mentre in seguito hanno concordato una versione da fornire agli inquirenti. Se in fase d’inchiesta - condotta dalla procuratrice pubblica Margherita Lanzillo -, aveva dichiarato che ci fossero motivazioni personali dietro al gesto, in aula oggi ha spiegato di aver voluto «solo» compiere un atto vandalico. Accusa e difesa, oggi, erano concordi nel chiedere una pena interamente sospesa per permettere all’imputato di non lasciare il lavoro, che nel frattempo si è trovato, per entrare in carcere e nel voler evitare a tutti i costi l’espulsione. Il 22.enne, nato a Lugano, ha qui in Ticino tutta la sua famiglia mentre non ha nessun legame con l’Italia. La giudice Frequin Taminelli ha deciso per una pena di 21 mesi sospesi per un periodo di prova di quattro anni. Periodo nel quale la Corte ha deciso anche di vietare all’imputato di condurre motoveicoli su strada. Il giovane infatti si era reso protagonista di comportamenti a dir poco pericoli proprio in sella ad una moto nel giugno 2017, quando era stato beccato dalla polizia mentre eseguiva delle impennate su una moto non immatricolata. In quell’occasione era pure scappato dalla polizia.
«Il divieto di condurre motoveicoli per 4 anni, - ha detto la giudice all’imputato - è un modo per contenerla. Voglio che si renda conto che, per quello che ha fatto. Le è andata ancora bene. Crediamo in lei e speriamo che questa condanna sia un nuovo punto di partenza».