Processo

Arruolava prostitute per vendere cocaina

Giovane comasco condannato ed espulso per aver dato vita a un giro di droga in alcuni postriboli di Chiasso e di Lugano - Arrivò a minacciare una escort che gli doveva dei soldi: «Dammi 3.000 franchi o ti farò del male, e ne farò anche a tuo figlio» - Lei si è rivolta alla polizia
John Robbiani
18.06.2022 06:00

Si era presentato con un conoscente in un locale a luci rosse di Chiasso e aveva minacciato una prostituta:«Dammi 3.000 franchi o ti farò del male. E ne farò anche a tuo figlio. Lo violenterò». La donna, spaventata, si era prima rivolta ai dipendenti del postribolo chiedendo loro di far allontanare i due uomini, poi aveva parlato con la polizia. Ed è dialogando con gli agenti che è venuto alla luce un giro di cocaina messo in piedi dall’imputato in alcuni postriboli del Ticino. A Chiasso e a Lugano. L’uomo - un comasco di 29 anni fidanzato con una ex prostituta attiva in Italia e nel Sottoceneri - riceveva la droga da uno spacciatore e, con la complicità della compagna, la distribuiva ad alcune escort che avevano il compito di provare a venderla ai loro clienti a 100 franchi a confezione. Un modo per arrotondare e guadagnare qualche franco in più.  

La lunga lista di reati

A inizio febbraio la polizia ha arrestato l’uomo, che da allora si trova in carcere in regime di esecuzione anticipata della pena. Ieri a processo è stato condannato a 34 mesi (di cui 15 da scontare, gli altri sospesi per un periodo di prova di 4 anni) e giudicato colpevole di infrazione alla legge sugli stupefacenti, tentata estorsione, guida senza autorizzazione, infrazione alla legge federale sulle armi (è stato trovato in possesso di un coltello) e contravvenzione ripetuta della legge sugli stupefacenti.

L’apertura dell’inchiesta

Ma torniamo alle minacce rivolte alla donna all’interno del postribolo di Chiasso. La escort - che conosceva l’uomo da diverso tempo - si era così spaventata da richiedere l’intervento della polizia. E si era così spaventata da autoincriminarsi, ammettendo di aver spacciato cocaina (si parla di un centinaio di grammi) per conto dell’imputato. «Un fatto questo - ha spiegato la giudice Francesca Verda Chiocchetti - che rende la testimonianza della donna assolutamente credibile». Mentre del tutto incoerente è stato valutato il comportamento dell’imputato, che a lungo ha tentato di negare i fatti. La difesa dell’uomo, rappresentata dall’avvocatessa Sabrina Aldi, ha tentato di ottenere una diminuzione della pena (la procuratrice pubblica Pamela Pedretti aveva chiesto una condanna a 37 mesi) e ha tentato di far leva sulla situazione personale dell’imputato. «Lui e la sua compagna sono tossicodipendenti e buona parte di quello che hanno guadagnato vendendo la cocaina l’hanno speso per comprarne di nuova e consumarla». Tesi che però non ha convinto la Corte. «L’imputato non è un tossicodipendente e vendeva droga pur conoscendo gli effetti nefasti che la sostanza aveva sulla sua compagna». L’uomo è anche stato espulso dalla Svizzera.

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