Tradizione

Caccia al capretto ticinese e dal macellaio resta solo quello francese

In vista della Pasqua l’apprezzata carne nostrana è già stata tutta prenotata – Sem Genini: «Molti clienti si sono rivolti direttamente all’allevatore, mentre i ristoranti lo proporranno con la formula del take-away»
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Martina Salvini
26.03.2021 06:00

A poco più di una settimana dalla Pasqua, i capretti in Ticino sono pressoché esauriti. Perlomeno quelli nostrani e quelli svizzeri, che sembrano essere andati a ruba. «Pare stranissimo, eppure è così. Non se ne trovano, forse perché i clienti si sono mossi in anticipo andando direttamente a prenotarli dall’allevatore», conferma il presidente dell’Associazione mastri macellai salumieri Ticino e Mesolcina (AMMS) Pietro Vietti. «Ordinazioni per Pasqua ne abbiamo già ricevute, ma se si dovesse ripetere quanto accaduto lo scorso anno, quando siamo stati sommersi dalle richieste di capretti, non so proprio come potremo fare. O meglio, dovremo necessariamente proporre al cliente i capretti francesi, gli unici ormai rimasti. Io, ad esempio, avevo richiesto una certa quantità di quelli nostrani, ma l’ordine mi è stato annullato. Perché, appunto, non ce ne sono più. Meno male, quindi, che almeno rimangono quelli francesi, che sono comunque freschi e di ottima qualità». «L’anno scorso - ricorda Vietti - complice la chiusura dei ristoranti, abbiamo registrato un aumento delle vendite dei capretti. Spero di replicare anche quest’anno».

Nuove abitudini

Capretto cercasi, quindi. «La richiesta per il nostrano è tanta. I nostri capi, allevati seguendo i ritmi della natura e norme ferree per il benessere degli animali, sono certamente di grande qualità e inoltre acquistandoli si evitano lunghi trasporti», evidenzia Sem Genini, segretario agricolo dell’Unione contadini ticinesi (UCT). «Molti capi - conferma - sono stati venduti direttamente al cliente dall’allevatore. Lo scorso anno, quando a causa della pandemia i ristoranti sono stati costretti a chiudere repentinamente per Pasqua, molti clienti si sono rivolti direttamente agli allevatori e chi si è trovato bene è sicuramente ritornato quest’anno».

Complice la pandemia, nel corso dell’ultimo anno il consumatore ha riacquistato il contatto con i produttori locali. «Un bel segnale, visto il momento complicato». C’è però un altro fattore che potrebbe aver reso di fatto già introvabili i capretti. «Anche la rassegna del capretto nostrano, che portiamo avanti da diversi anni in collaborazione con GastroTicino, Fondazione centro Capra, Centro di competenze agroalimentari, ha permesso a molti ristoranti di aggiudicarsi i capi direttamente dai produttori. Non solo. Quest’anno molti ristoratori si sono organizzati, prevedendo menù d’asporto pasquali, mentre lo scorso anno erano molti meno coloro che avevano puntato sul take-away».

Alcuni arriveranno più tardi

Inoltre, sembra strano ma molti capretti saranno pronti per essere venduti soltanto dopo il periodo pasquale. Già, perché come spiega Dante Pura, presidente della Federazione ticinese consorzi allevamento caprino e ovino, «i capretti devono avere almeno 40 giorni di vita per essere di qualità e pesare dai 6 agli 8-9 chili». «Io stesso - prosegue - non ho alcun capo pronto per la vendita, perché le mie capre sono state ingravidate un po’ in ritardo, quindi i capretti sono nati a inizio marzo e sono ancora troppo piccoli per essere consegnati al cliente». In generale, però, il quantitativo è in linea con gli anni scorsi: «Abbiamo circa 11 mila capre in Ticino, quindi almeno altrettanti capretti. A questi poi solitamente negli anni passati se ne aggiungevano 4-5 mila importati dalla Svizzera interna». A essere cambiate, però, sono le abitudini dei ticinesi. «La vendita diretta - ribadisce anche Pura - funziona molto bene, sia con i privati sia con i ristoranti. Anche perché in questo modo ci guadagnano tutti: sia l’allevatore, che lo vende a un prezzo superiore, sia il privato, che risparmia 4-5 franchi al chilo». Una sensazione, questa, condivisa anche da Armando Donati, presidente della Commissione mercati bestiame Ticino (CMBT): «Probabilmente lo scorso anno i clienti privati sono rimasti molto soddisfatti dalla vendita diretta e sono quindi tornati dagli allevatori e ne siamo ben felici».

© Ti-Press/Pablo Gianinazzi
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