Capanne, alpi e agriturismi: viaggio alla scoperta dei monti luganesi

LUGANO - Camminare in montagna è per molti un’esperienza catartica, per alcuni una gran fatica e per altri ancora un semplice esercizio fisico. L’emozione dell’arrivare in vetta accomuna però tutte le tipologie di escursionisti. Quando al panorama mozzafiato si unisce la gioia di un pasto caldo in capanna, gli sforzi vengono ripagati e, ad ogni cucchiaiata di polenta fumante, la fatica diventa solo un ricordo. La primavera è alle porte e quale momento migliore per un viaggio alla scoperta di capanne, rifugi, agriturismi e alpi della regione? Con l’aiuto di alcuni capannari abbiamo stilato un bilancio dei pernottamenti dello scorso anno e siamo andati alla scoperta di alpi e rifugi poco battuti anche con l’aiuto di un’infografica stilizzata (priva quindi di pretese geografiche). Se a livello ticinese le capanne del Club Alpino Svizzero (CAS) nel 2018 hanno registrato un aumento dei pernottamenti dell’8,2%, nel Luganese il bilancio è invece in chiaroscuro: c’è chi scende e chi sale.

Sono in leggero calo i pernottamenti alla Capanna Monte Bar del CAS, in mano al cuoco Alessandro Müller che la gestisce dal 2016 (prima insieme a un collega, ora con la compagna). «Nonostante il calo siamo molto felici – spiega – perché la stagione si è chiusa sopra le aspettative con 2655 pernottamenti, solo 70 in meno del 2017 che è stato un anno record». Se la maggior parte delle capanne e alpi del Luganese apre le porte in concomitanza con la bella stagione, alcune, come il Bar, accolgono i visitatori anche nel periodo invernale. La struttura è aperta giornalmente da maggio a ottobre, mentre durante l’inverno da giovedì a domenica e per le vacanze scolastiche. Anche alla Capanna San Lucio, sulle pendici del monte Gazzirola (dove, in territorio italiano, si trova l’omonimo rifugio), i pernottamenti sono andati un po’ indietro nel 2018. «È stata comunque una bella stagione – commenta Francesco Barbetta, gestore dal 2015 – e c’è stato un buon passaggio». La capanna è aperta da maggio a ottobre e d’inverno nel weekend. Fuori dai confini geografici svizzeri ma dentro quelli degli escursionisti c’è il Rifugio San Lucio, situato sul passo che collega la Val Cavargna alla Val Colla. Il rifugio ha una particolarità più unica che rara: è aperto 365 giorni all’anno. A gestirlo è Bernardino Merlo e il suo bilancio è positivo: «Il lavoro è aumentato» dice. Il rifugio, che dispone di una trentina di posti letto, ha registrato circa 300 pernottamenti ma la clientela si ferma per di più in giornata per un pasto caldo ed è costituita per la maggior parte da svizzeri, ticinesi ma non solo, rappresentanti circa il 60% del totale nella bella stagione. Salendo al Bar s’incontra l’agriturismo Alpe Rompiago, gestito dal 2017 da Marzio e Sylvia Minoletti. «Per noi il 2018 è stato l’anno del consolidamento - commenta Marzio. - La gente ha iniziato a conoscerci, anche grazie alla partecipazione ai mercati e la vendita diretta di formaggi è cresciuta almeno del 20%, anche se l’impressione è che manchino i turisti». La coppia apre al pubblico l’agriturismo – dove si può pernottare – da aprile a metà novembre.

Il ruolo dei patriziati
Immerso nel bosco alle pendici del Bar incontriamo il piccolo Rifugio Tassera (otto posti letto) di proprietà del Patriziato di Cagiallo. I patriziati della zona hanno un ruolo importante nella conservazione e nello sviluppo di queste strutture. Quello di Colla, ad esempio, possiede l’Alpe Pietrarossa e i Barchi di Colla, mentre quello di Bogno ha ristrutturato l’agriturismo Alpe Cottino, che dispone di un moderno caseificio, una sala di stagionatura per il formaggio e di 22 posti letto. Mucche scozzesi pascolano invece all’Alpe Piancabella, gestita dal Patriziato di Cimadera. Il Patriziato di Bidogno si è occupato invece della modernizzazione e dell’ampliamento dell’Alpe Musgatina, situata alle falde del Monte Bar a quota 1390 metri, che è passata da semplice rifugio per animali a efficiente caseificio fornito di moderni impianti per la lavorazione del latte. Dal canto suo, il Patriziato di Certara si è occupato della costruzione dell’Alpe Corte di Certara, mentre quello di Sonvico di quella dell’Alpe del Pairolo, che dispone di un caseificio. Sul suo territorio sorge la Capanna Al Pairolo, di proprietà dalla Società Alpinistica Ticinese (SAT). Anche lì sono calati i pernottamenti: 1400 nel 2018, 200 in meno rispetto all’anno precedente. La struttura con 40 posti letto è aperta da maggio a ottobre ed è gestita da Michela Dellatorre, una «veterana» del mestiere. Michela fa la capannara da un quarto di secolo e quest’anno festeggia il suo 18.esimo al Pairolo. «Ho scelto di fermarmi qui perché la struttura è piccola e alla mia portata - spiega - e nonostante il calo dei pernottamenti abbiamo lavorato bene sui passaggi». Sempre in Capriasca, sui monti di Roveredo, è ubicata la Capanna La Ginestra gestita dal 2017 da Moritz Philipp e di proprietà dell’Associazione Amici della Natura. Aperta da aprile a ottobre, la struttura dispone di 28 posti letto ma, dato che è raggiungibile facilmente con 45 minuti di cammino dal paese, si rivolge maggiormente ai visitatori diurni. I pernottamenti nel 2018 sono stati 182, una trentina in più dell’anno precedente. Sono leggermente aumentati - toccando quota 500 - anche i pernottamenti alla Capanna Tamaro, l’unica di proprietà di UTOE nel Sottoceneri e gestita da 25 anni da Jonatha e Sueli Columberg. «Lavoriamo prevalentemente con gli escursionisti di giornata – spiegano - per i quali invece c’è stata una leggera flessione rispetto al 2017, che è stato un anno eccezionale. La stagione 2018 è stata troppo calda». La struttura, che dispone di 53 posti letto, è aperta da inizio giugno a metà ottobre. Ai piedi del Monte Boglia da maggio a ottobre Fabio Continati e famiglia gestiscono da quindici anni la Capanna Alpe Bolla. «La stagione 2018 – spiega – è stata buona, più o meno come quella precedente, anche se i mesi di luglio e agosto sono stati troppo caldi e questo ci ha penalizzato». I pernottamenti si aggirano attorno ai 30-40, ma la struttura si rivolge maggiormente ai visitatori di giornata. Adiacente alla capanna c’è l'Alpe Bolla di proprietà del Patriziato di Cadro dove è possibile acquistare prodotti caseari.

A Gola di Lago sorgono l’Alpe Zalto, dove si producono formaggi, c’è la possibilità di pernottare e di aiutare nella mungitura, e l’Alpe Santa Maria. Di proprietà del Patriziato di Camignolo, quest’ultima è gestita dall’azienda agricola la Sorgente, impostata sull'allevamento di vacche da latte e capre, con produzione e vendita di prodotti caseari e di salumeria. Com’è noto, non tutte le capanne sono custodite. È il caso della Baita Luca che si trova sopra Sonvico, ai piedi dei Denti della Vecchia. Dispone di 16 posti letto e di un refettorio. Viene utilizzata, dal primo marzo a fine novembre, come base per arrampicate ed escursioni, nonché per corsi e giornate di formazione. Sotto la cima di Moncucco troviamo infine il rifugio Piandanazzo, di proprietà del Consorzio Valle del Cassarate. La struttura risale all’800, quando serviva come base per gli operai impiegati nei lavori di selvicoltura dei quali ora si trova un’esposizione all’interno, e oggi può essere affittato da piccoli gruppi.
Come si è visto, le possibilità per una camminata in montagna a due passi dalla città di Lugano sono tantissime. Ora non resta che attendere la bella stagione e... mettersi le gambe in spalla!