Casa Marta è a tetto: «Un momento emozionante»
Pensiamo che il brindisi odierno tra addetti ai lavori e autorità avrebbe strappato un sorriso a Luca Buzzi. La sua Casa Marta è «a tetto». Il centro di prima accoglienza destinato ad accogliere temporaneamente le persone rimaste senza un posto in cui vivere avanza. E dovrebbe essere pronto per giugno 2023, forse anche un po’ prima, salvo imprevisti. Il promotore, deceduto lo scorso dicembre per malattia dopo una vita dedicata al prossimo, avrebbe apprezzato la veloce evoluzione del progetto che ha faticato non poco a partire, per motivi finanziari e tecnici. Ora il traguardo appare più vicino. Soddisfatto Renato Minoli, che ha rilevato la presidenza della Fondazione proprio da Luca Buzzi. «È un momento cruciale ed emozionante» ha affermato. Presente anche Silvana Buzzi, moglie di Luca, la quale ha ringraziato per il sostegno che prosegue e che permetterà di coronare un sogno inseguito con tenacia per molto tempo. Tutti, tra microfoni e telecamere, hanno poi visitato il cantiere, a due passi dalla sede centrale di Banca Stato, insieme a direzione lavori, capo cantiere, operai e rappresentanti di Cantone e Città, che sostengono ampiamente l’iniziativa.
Alloggio ma anche ascolto
Gli interni sono ancora grezzi ma sta prendendo forma lo stabile da mezzo secolo in disuso, che nel XVIII secolo era adibito ad accogliere i viandanti e le diligenze in transito. Il Comune lo metterà a disposizione gratuitamente per 50 anni, e in cambio non avrà solo spazi multiuso a disposizione del mondo associativo, ma guadagnerà pure punti nell’ottica dell’inclusione sociale, come sottolineato dal sindaco Mario Branda. Qui potranno trovare alloggio coloro che per vari motivi sono rimasti senza una sistemazione abitativa dignitosa, e al cui bisogno le altre forme di accoglienza non hanno potuto rispondere. Le tipologie sono molte. Il marito allontanato da casa e la donna che a casa era maltrattata; lavoratori precari; giovani in rotta con la famiglia; inquilini sfrattati; pazienti dimessi da strutture psichiatriche; o ancora casi come quello del rumeno che lo scorso gennaio aveva dormito al gelo proprio nel centro della capitale. In questi spazi in costruzione riceveranno non solo aiuto «logistico» ma pure ascolto e opportunità di integrazione. Un cambiamento di approccio, questo, sottolineato dal consigliere di Stato Raffaele De Rosa, giunto alla testa della socialità ticinese nel 2019, anno sul cui finire il Gran Consiglio avrebbe stanziato un credito di 900.000 franchi per il sostegno, la costruzione e la manutenzione straordinaria di alloggi. Di questi, 400.000 saranno proprio per Casa Marta, grazie a cui si aggiungeranno una trentina di posti a quelli già oggi garantiti dalle altre due strutture simili attive in Ticino: Casa Astra a Mendrisio e Casa Martini a Locarno. Da parte sua la Città ha concesso 650.000 franchi oltre al già citato diritto di superficie per mezzo secolo. Con un preventivo di 4,5 milioni di franchi, gli altri 1,6 milioni sono stati sinora raccolti tra sostenitori vari; i restanti 1,9 milioni saranno coperti da un’ipoteca bancaria, mentre si lavora con le fondazioni per ottenere ulteriori aiuti.
L'agente della Polizia: «Il bisogno c'è»
Casa Marta ha l’obiettivo di far fronte ad un’emergenza spesso sommersa, ma su cui si sta mettendo sempre più l’accento a livello svizzero. Sì perché anche nella ricca Confederazione, e tra gli svizzeri stessi, c’è chi rimane senza un tetto, per i motivi più svariati di cui abbiamo detto. Una situazione di cui talvolta ci si vergogna, è stato ricordato, ed è anche per questo motivo che il fenomeno rimane nell’ombra. Ma il bisogno c’è. All'incontro di oggi lo ha testimoniato pure un professionista che lavora sul campo e che queste cose le vede. È l’agente della Polizia comunale cittadina Tomas Romero, il quale ha voluto evidenziare come tali situazioni di disagio non siano rare, soprattutto di notte e nei weekend. Ma quasi sempre non hanno una risposta. Una risposta che anche a Bellinzona arriverà, tra poco più di un anno.