Lugano

Caso Adria, stavolta è davvero tempo di andare in aula

A otto anni e mezzo dai primi arresti, lunedì via al processo a sette imputati, fra cui l’ex direttore della banca WIR di Lugano e i due titolari della ditta edile - Sarà un dibattimento talmente numeroso che la Corte dovrà spostarsi a Paradiso
©Ti-Press
Federico Storni
28.05.2024 06:00

Ci siamo. Salvo ulteriori sorprese il crac di Adria Costruzioni lunedì approderà finalmente in una (insolita) aula di tribunale. Si tratta di uno dei processi più attesi del cantone, sia per il lungo tempo trascorso dai fatti ( i primi arresti risalgono a fine 2015), sia per gli importi in ballo (il «buco» sarebbe di decine di milioni di franchi, in parte risanato), sia per la complessità del caso. Proprio a proposito della complessità, non sarà questo l’articolo che entrerà nel dettaglio (ci sarà tutto il tempo settimana prossima): nelle prossime righe racconteremo piuttosto cosa è successo in questi otto anni e mezzo e quale sarà la situazione ai blocchi di partenza lunedì. E perché il carrozzone processuale sarà in trasferta a Paradiso.

Di cosa parliamo

Prima però, un minimo riassunto della vicenda va fatto. Gli imputati principali sono tre: l’ex direttore della succursale luganese della banca WIR Yves Wellauer e gli ex titolari di Adria Costruzioni e altre ditte a loro riconducibili (nel frattempo fallite), Adriano e Filippo Cambria (padre e figlio). L’ipotesi accusatoria è che Wellauer, grazie alla sua posizione, abbia concesso con estrema facilità crediti di costruzione per diversi progetti immobiliari pur sapendo che non vi erano le necessarie garanzie finanziarie. I crediti di costruzione, una volta ottenuti, sarebbero stati in parte usati impropriamente. Ad esempio, facendoli figurare come capitale per altri progetti immobiliari, o per spese personali: gli si imputa, ad esempio, di aver usato parte dei soldi per comprare un aereo privato. Ciò sarebbe avvenuto anche in correità con altri imputati con responsabilità minori e, in sei occasioni, avrebbero visto coinvolto il solo Wellauer e non i due Cambria. L’ipotesi di reato qui è ripetuta truffa. Padre e figlio (sempre in correità col bancario) sono poi accusati di amministrazione infedele aggravata ripetuta: avrebbero usato parecchi soldi delle società per scopi personali quali: sponsorizzazioni nel motomondiale, investimenti ad Abu Dhabi, acquisto e manutenzione di yacht, finanziamento dell’attività di gestione di sale giochi in Italia e produzione di una linea di occhiali. Nonché la consegna di una presunta mazzetta (il reato è concorrenza sleale) allo stesso Wellauer.

Stando all’atto d’accusa la truffa avrebbe causato un danno di 26 milioni, soprattutto alla banca WIR (che figura come danneggiata), mentre l’amministrazione infedele avrebbe causato un danno ai patrimoni sociali delle società edili pari a 12,5 milioni. In tutto questo, diverse proprietà riconducibili ai Cambria sono negli anni state messe all’asta e il ricavato è di almeno 15 milioni, quindi il «buco» totale è stato in parte colmato.

Se nulla è cambiato rispetto alle ultime informazioni al riguardo (non siamo purtroppo riusciti ad appurarlo), i tre principali imputati respingono se non tutti, quasi tutti i capi d’imputazione.

La lunga attesa

Detto questo, perché ci sono voluti otto anni e mezzo per arrivare in aula? A prima vista la cosa sembrava bene instradata: l’allora procuratore generale John Noseda aveva pronunciato un primo rinvio a giudizio per cinque persone già nel 2016, ma il Tribunale penale cantonale aveva respinto l’impianto accusatorio al mittente, ritenendolo problematico. L’inchiesta era poi passata all’ex procuratore Andrea Minesso e poi ancora alla procuratrice Chiara Borelli, che nel 2021 aveva emesso un secondo rinvio a giudizio, a carico stavolta di sette imputati. In mezzo – e citiamo la fattispecie a mo’ di esempio della complessità del caso – c’è stata anche una sentenza tesa a decidere se una persona dovesse essere considerata danneggiata o imputata. In ogni caso, dal secondo rinvio a giudizio sono passati altri tre anni in cui si è lavorato dietro le quinte (il presidente della Corte Marco Villa ha ad esempio chiesto nel 2022 – prospettando un processo nel 2023 – una serie di precisazioni alla procuratrice Borelli) e in cui i tempi si sono ulteriormente dilatati. Malgrado il lungo tempo trascorso (un fattore attenuante sulla pena) il processo si terrà di fronte a una Corte delle assise criminali in seduta completa: compresa cioè di tre giudici e degli assessori giurati. Borelli intende infatti chiedere pene anche superiori a cinque anni di carcere.

I perché di una trasferta

Dieci fra giudici, assessori giurati e (vice) cancellieri; sette imputati con i rispettivi avvocati, la pp, nove accusatori privati con i rispettivi avvocati (ma non è detto che tutti presenzino), due terzi aggravati da atti procedurali (cioè due persone toccate da misure di confisca pur non essendo imputate), stampa e pubblico. Tutti nella «solita» aula penale di Palazzo di Giustizia in via Pretorio non ci stavano e si è quindi dovuto cercare una sistemazione alternativa. Non è stato facile e alla fine si è deciso per qualche giorno di trasformare in aula penale la sala del Consiglio comunale del Comune di Paradiso. Coincidentalmente, proprio a Paradiso vi erano fra i più importanti cantieri dei Cambria. Il processo è previsto su più giorni e, come detto, si preannuncia complesso sotto quasi tutti i punti di vista: i capi d’accusa, a vario titolo, sono diciannove in tutto, spesso divisi in ulteriori sottopunti, e quasi ognuno di essi riguarda più persone, alcune delle quali verranno inoltre giudicate separatamente. Il tutto concorre a creare una mole che raramente si è vista nella storia recente della nostra cronaca giudiziaria.