«C'è già chi fa i conti in tasca ai frontalieri, ma ora è sbagliato parlare di cifre»
Dopo anni di battaglie e proposte, gli incentivi per il personale sanitario impiegato nelle aree di confine fanno un passo avanti. E i contributi a favore dei lavoratori degli ospedali più vicini alla Svizzera – si legge nella bozza della Legge di bilancio 2024, all'articolo 50 – saranno versati dai frontalieri e dai lavoratori italiani all'estero in generale. Un testo, questo, che ha fatto subito storcere il naso ai sindacati e ad alcuni politici. Andrea Puglia, responsabile frontalieri del sindacato OCST, pur riconoscendo la fine di una discriminazione, in quanto i cosiddetti «vecchi frontalieri» utilizzano il sistema sanitario nazionale senza versare l'IRPEF, critica la «tassa» annuale giudicandola troppo costosa: nella bozza viene indicato che varierà tra il 3% e il 6% del reddito netto annuo di un frontaliere. Più dure le reazioni dei deputati Toni Ricciardi (PD) e Maria Chiara Gadda (Italia Viva) che hanno parlato di uno «scippo vergognoso» da parte del Governo, che mette le «mani in tasca ai lavoratori transfrontalieri».
Ma come la vede chi si occupa da anni in Regione Lombardia della fuga di infermieri italiani in Svizzera? Il consigliere regionale leghista Emanuele Monti, presidente della IX Commissione permanente Sostenibilità sociale, casa e famiglia, commenta al CdT: «Oggi leggo titoli di giornali reboanti e dichiarazioni di sindacati o esponenti politici che tirano già le conclusioni, ma bisogna fare una premessa: la vicenda sarà lunga. È inutile stare a parlare di cifre e aspetti economici in questo momento, visto che si parla di una bozza. Il testo effettivo dovrà passare alla Camera, al Senato e poi pure alle Regioni. C'è già chi fa i calcoli nelle tasche di medici e infermieri, quando invece siamo solo all’inizio». Insomma, ci sarà tempo per discussioni, interpretazioni e anche interventi correttivi. Monti aggiunge: «Come consigliere regionale della Lombardia, che per anni ha seguito le questioni sanitarie, e come esponente della Lega, accolgo con grandissimo piacere questa misura. Finalmente viene inserita una norma che prevede maggiori stipendi per il nostro personale sanitario di confine e di cui beneficeranno sia gli italiani che gli svizzeri: il differenziale salariale rimarrà comunque più vantaggioso per chi sceglie di recarsi oltre confine, ma i nostri ospedali diventeranno più attrattivi per il personale sanitario che non vive nelle province vicine alla Svizzera», spiega il consigliere regionale, parlando della situazione nel nostro cantone: «In Ticino ci sono molti frontalieri, questa misura potrebbe ridurne l'attuale numero. Inoltre, riducendo il rischio che gli ospedali al confine chiudano per carenza di personale, previene un possibile aumento di operatori sanitari italiani in Ticino. Concretamente, ci saranno sempre infermieri che preferiranno la Svizzera, ma dietro di loro altri professionisti sceglieranno Luino, Cittiglio, Varese o Como, perché pagati meglio che, ad esempio, ad Abbiate Grasso, Novara o Piacenza. Questa misura è uno strumento concreto per rendere attrattivo un posto di lavoro. La condizione principale per attirare professionisti è l'aumento di salario, quindi noi accogliamo con favore la scelta del governo italiano: finalmente intende introdurre quegli incentivi auspicati da tanti anni».
Non è un mistero che la carenza di personale sia la più grande criticità del sistema sanitario lombardo, visto che circa 5 mila frontalieri, tra medici e infermieri, si recano in Svizzera per lavoro. A tal proposito, Monti sottolinea: «Non abbiamo carenze di immobili, strutture o tecnologia, ma di persone. Sulla parte fiscale della bozza o su chi verrà tassato esattamente (c'è chi parla di tutti i cittadini iscritti all'Anagrafe Italiani residenti all'estero: appare poco realistico, dato che anche una persona nata e cresciuta in Ticino, con doppio passaporto, risulta iscritta all'AIRE, ndr) non voglio esprimermi, perché l’iter è davvero ancora troppo lungo e valutazioni di questo tipo, adesso, sono sbagliate. Piuttosto va accolto con favore il fatto che lo Stato abbia messo nero su bianco una misura che da politico chiedo da almeno 15 anni e va a beneficio di tanti cittadini italiani che lavorano all’estero. Persone dimenticate, visto che, per quanto concerne l'aspetto sanitario, oggi non c'è una norma chiara che definisce l'accesso al sistema pubblico per i lavoratori all'estero». Il leghista fa un esempio concreto: «Basti pensare al caso della JRC di Ispra i cui dipendenti non hanno la tessera sanitaria in quanto è stata loro ritirata. Un caso per cui ho enormemente battagliato e su cui sono riuscito a portare a casa risultati. A questi cittadini italiani hanno ritirato la tessera sanitaria nazionale in quanto lavoratori di un ente della Commissione europea, quindi, per la legge, sono lavoratori italiani all’estero. Ho parlato personalmente con pazienti oncologici che hanno dovuto pagare di tasca propria la chemioterapia perché non più passata dal sistema sanitario nazionale. Questo per far capire il vuoto normativo che c’è sugli italiani attivi professionalmente fuori dalla Penisola. A chi dice che si vanno a mettere le mani nelle tasche dei frontalieri, rispondo che invece si va a fare chiarezza su una situazione in cui i cittadini italiani sono appesi ad un filo. Se io fossi un frontaliere, soprattutto col vecchio ordinamento, sarei contento di sapere che finalmente mi danno una garanzia sull'accesso al servizio sanitario nazionale». Il consigliere regionale conclude: «La misura è stata inserita a "monte" e questo va visto positivamente, perché non credo che poi a "valle" ci siano gruppi politici che intendono togliere questi incentivi. Penso semmai che dopo il suo iter la misura verrà confermata. Ogni altro commento è prematuro».