Mezzovico

Cemento nel Vedeggio: si torna in aula

Inizierà il prossimo 8 novembre il processo di Appello a carico dei quattro presunti responsabili del riversamento di materiale nel fiume – Per i fatti, risalenti al 19 gennaio 2017, in primo grado erano state inflitte delle pene pecuniarie sospese
©CdT/Archivio
Nico Nonella
Nico NonellaeSofia Seno
02.11.2022 06:00

Approderà nuovamente in un’aula di tribunale il grave inquinamento del Vedeggio avvenuto quasi sei anni fa, il 19 gennaio 2017 a Mezzovico. Si aprirà infatti tra poco meno di una settimana, martedì 8 novembre, il processo d’Appello ai quattro presunti responsabili: due operai, il responsabile della direzione lavori e il responsabile operativo di una ditta edile ticinese che operava nel tratto interessato dal riversamento di cemento liquido.

L’inchiesta coordinata dal procuratore pubblico Moreno Capella era durata oltre un anno e mezzo e aveva richiesto numerosi interrogatori, esami chimici e tecnici. E il 1. ottobre 2018 era sfociata in quattro decreti d’accusa per infrazione alla Legge federale sulla protezione delle acque. Nei confronti degli indagati erano state proposte una serie di pene pecuniarie da 20 a 30 aliquote sospese, e multe del valore di oltre mille franchi. I quattro dipendenti dell’azienda edile si erano opposti e il caso era approdato in Pretura penale. Dopo tre giorni di dibattimento, il 26 maggio dello scorso anno, il dibattimento di primo grado si era concluso con quattro condanne.

Tra pochi giorni, dopo quasi sei anni dai fatti, si tornerà dunque in aula. «Abbiamo deciso di ricorrere per chiarire il principio di gerarchia delle persone coinvolte e le condizioni in cui gli imputati stavano lavorando al momento dei fatti e per ribadire che non vi era intenzionalità nel loro agire», ha affermato al CdT uno dei legali degli imputati, l’avvocato Michela Pedroli (gli altri difensori sono gli avvocati Giacomo Fazioli e Paolo Luisoni).

L’impatto su flora e fauna

All’origine dell’incidente, che aveva causato la morte di oltre mezzo migliaio di pesci e danneggiato l’intero habitat fluviale per circa un chilometro e mezzo di lunghezza, vi era stato del cemento fuoriuscito da un cantiere durante la costruzione del basamento di un pilone dell’alta tensione. L’impresa che si stava occupando dei lavori aveva fatto immediatamente scattare l’allarme, ma una volta giunti sul posto i soccorsi non avevano potuto fare molto.

I responsabili dell’Ufficio caccia e pesca – giunti sul posto con diversi specialisti – in quei giorni avevano parlato di un vero e proprio disastro ecologico evidenziando alcuni episodi a dir poco singolari: una trota fario di 70 centimetri, ad esempio, era rimasta talmente ustionata che si era addirittura lanciata fuori dall’acqua per morire, mentre ovunque c’erano segni inequivocabili che la riproduzione naturale, già avvenuta in quel periodo, era stata seriamente pregiudicata. «In un attimo abbiamo visto andare in fumo il lavoro e l’investimento che abbiamo profuso nel corso di diversi anni a favore del fiume Vedeggio» aveva dichiarato al nostro giornale Maurizio Costa, presidente della società La Ceresiana.

I precedenti... penali

Almeno fino allo scorso luglio, era da diverso tempo che non si registravano inquinamenti nel Sottoceneri. A essere più colpito, negli ultimi anni, sono stati in particolare lo Scairolo e il Vedeggio. Il 18 luglio, lo ricordiamo, si era verificato uno sversamento di idrocarburi nel Cassarate, arginato con barriere galleggianti posate tra Davesco-Soragno e la Foce. Stando a nostre verifiche l’incarto del Ministero pubblico è ancora aperto e l’inchiesta non è ancora giunta al termine. Il 1. ottobre dello scorso anno era invece stata aperta un’inchiesta penale per far luce sull’affioramento di idrocarburi sulla sponda sinistra del Vedeggio, a Mezzovico-Vira, fiume già teatro dell’inquinamento che a breve “approderà” in Appello.

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