C'era la volontà di uccidere, dietro a quello sparo a Massagno?
Lo sparo avvenuto nelle prime ore del 12 settembre 2022 in via Nosedo a Massagno era il culmine di un agguato oppure uno scomposto e inopportuno tentativo di difesa da parte di una persona che si riteneva in pericolo? È questa la domanda più importante a cui è chiamata a rispondere la Corte delle assise criminali presieduta dal giudice Amos Pagnamenta. Lo farà domani nel tardo pomeriggio, quando è attesa la sentenza. Da parte sua il procuratore pubblico Roberto Ruggeri, che propugna la tesi dell’agguato, ha chiesto una pena pari a otto anni e otto mesi di carcere e l’espulsione per dodici anni per tentato omicidio, mentre la legale della persona che ha sparato, l’avvocata Demetra Giovanettina, una condanna al massimo a sei anni. L’imputato, un rumeno residente in Italia arrestato nella Penisola a qualche giorno dai fatti e poi estradato in Svizzera, è intanto in carcere già da due anni e tre mesi. La vittima, un suo connazionale 33.enne residente a Massagno, era stato colpito con una pistola di piccolo calibro al braccio destro. L’imputato aveva esploso un singolo colpo e poi, scioccato, si era allontanato in auto.
Il movente
La vicenda prende le mosse in un mondo al limite della legalità, forse oltre, per una questione di denaro (ci torniamo fra un attimo). Imputato e vittima si erano conosciuti nel 2019 ed erano diventati amici, almeno finché nel 2022 il primo non dà al secondo del denaro da investire in una società. Investimento che però non si concretizza, cosa che fa accrescere l’ansia e l’irritazione dell’imputato, complice anche la compagna della vittima, che gli dice che il 33.enne lo starebbe truffando. Ne seguono mesi di pesanti minacce da ambo le parti - la vittima non ha mai accettato i toni usati dall’imputato nei suoi confronti - sia tramite messaggi che telefonate, intervallati da incontri per chiarirsi. Fino al fattaccio, quando il giovane sale in auto dall’Italia per recarsi armato dal 33.enne. Con quali intenzioni, appunto, è al centro del dibattimento.
L’omertà
L’imputato in aula ha affermato di essersi sentito minacciato dall’ex amico nella vertenza, e di aver di conseguenza acquistato una pistola - quella con cui poi sparerà - per sua sicurezza personale. Quanto al confronto, ha affermato di aver voluto incontrare il 33.enne di persona per provare a recuperare il denaro, ma di aver poi avuto paura di essere finito in una trappola, dato che la vittima non era da sola. I due sono poi arrivati alle mani e l’imputato ha detto di aver sparato dopo aver visto balenare un coltello.
Il problema è che oggi ha detto questo, ma che in passato ha detto altro (del coltello nei primi interrogatori non ha parlato). Né sembrano particolarmente affidabili le parole della vittima, che nei primi giorni ha detto di non sapere chi potesse avergli sparato e forse si è sbarazzato del proprio telefonino dopo i fatti: di certo gli inquirenti non l’hanno trovato. L’imputato è dunque stato arrestato dalla polizia per altre vie, senza la collaborazione della vittima.
Le versioni
Al netto di questo clima generalmente omertoso e fatto di mezze verità, il procuratore Ruggeri ha comunque ritenuto che quella notte l’imputato volesse attaccare l’ex amico. «In un contesto di comportamenti lontani anni luce dalla legalità ha messo in atto un vero e proprio agguato in cui far culminare rabbia, nervosismo e situazioni non chiarite. Il colpo non è stato dettato da paura. Sapeva che la vittima non era sola e ha voluto spararle. Se il 33.enne non è morto è per pura casualità».
Per l’avvocata Giovanettina invece il giovane «da questa inchiesta non è quello che esce peggio (ed è l’imputato!)» e quella sera non era partito dall’Italia con l’idea di sparare. «Il suo non è il comportamento di uno che voleva uccidere. E poi perché avrebbe voluto farlo, visto che il suo scopo era recuperare i suoi soldi?». A mente della legale il giovane ha fatto una serie di scelte infelici - «Avrebbe fatto meglio a denunciarlo, ma era carico di ansie e stupido orgoglio che ne hanno fatto uno sparatore» - ma in ultima analisi ha sparato perché si sentiva in pericolo. «Quella sera la vittima, che aveva un coltello in tasca, ha avuto solo il merito di avere i nervi più saldi, ma le parti oggi in aula potevano facilmente essere invertite».
L'inchiesta parallela
Alle origini dell’episodio culminato in uno sparo vi è, come accennato in precedenza, una questione di soldi. Denaro - almeno 35.000 franchi, forse addirittura centomila - che lo sparatore avrebbe dato all’ex amico per investirli in un’attività di autonoleggio in Svizzera, poi mai concretizzatasi. Ebbene, anche questa transazione è sotto gli occhi della giustizia. In un’inchiesta parallela - ha rivelato l’avvocata Demetra Giovanettina durante la sua arringa - la vittima figura infatti quale sospettato di truffa - assieme a un’altra persona - nei confronti del giovane che gli ha sparato. L’incarto è ancora aperto e titolare ne è sempre il procuratore Ruggeri.
Il pesante precedente
Lo sparatore nel 2022 ha patteggiato in Italia due anni e sei mesi per possesso di un’arma. Un fatto da lui sminuito in aula, ma stando a un articolo del quotidiano «Il Giorno» si trattava di un’arma da guerra (una Skorpion K1) con matricola abrasa, con cui avrebbe inoltre minacciato la compagna durante una lite in Italia in cui avrebbe anche cercato di strangolarla. Era poi stato fermato un mese dopo in Romania, grazie a un mandato d’arresto europeo, ed estradato.