«Che problema c'è se un giudice si vuole vestire da donna? Basta che sia una brava persona»

Una drag queen asiatica, plurilingue, raffinata e tagliente, che ti guarda con uno sguardo intenso e dice: «Drag is healing». Pangina Heals non ha semplicemente calcato il palco dell'El Cid di Lugano lo scorso mercoledì, in occasione del MercoleDrag organizzato da Qhaus Ticino. Lo ha trasformato. In uno spazio di festa, sì, ma anche di consapevolezza. Di ironia, ma mai di superficialità. Dove i lustrini brillavano quanto le idee.
«Il drag mi ha guarita nei momenti in cui non mi sentivo abbastanza. E so che può guarire anche chi guarda. Per questo mi chiamo Pangina Heals», racconta al Corriere del Ticino la 37enne thailandese.

Pangina – all’anagrafe Pan Pan Narkprasert – è uno dei nomi più rilevanti del panorama drag internazionale. Giudice e co-conduttrice di Drag Race Thailand, finalista di UK vs The World, è molto più di una performer: è una coreografa, una dj, un’imprenditrice culturale. E se vi sembra tanto, sappiate che la lista continua: «Ho fatto di tutto. Se qualcuno mi dava dei soldi, scoprivo un talento», dice ridendo. Poi si fa seria: «Il drag è una forma d’arte enorme, puoi usarci tutto quello che hai dentro. Anche quello che ti fa male».
Lo spettacolo a Lugano è stato un’esplosione di vitalità. Tra lip-sync, outfit mozzafiato e battute fulminanti, Pangina ha portato in scena molto più di un numero di intrattenimento. Ha dato corpo a un messaggio: che la libertà di essere sé stessi può essere gioia, ma anche affermazione politica. «Il drag è creare un universo. Non è solo un abito, è un linguaggio. Un modo per raccontare chi siamo, anche quando il mondo non ci vuole ascoltare».
Un messaggio che ha trovato un’eco particolare nel contesto ticinese, dove negli scorsi mesi si è tornati a parlare di identità e apparenze in modo acceso, dopo la pubblicazione di una foto dell'ex giudice Siro Quadri in abiti femminili durante una serata privata. Uno scatto che ha suscitato reazioni scandalizzate e forti polemiche. «La domanda giusta è: è una brava persona? Se lo è, allora cosa importa com’era vestito? - replica Pangina -. Magari si è concesso un momento per sentirsi bello, o per divertirsi con leggerezza. Dov’è il problema?».
Poi ha aggiunto: «Parliamo di stoffa. Di cuciture diverse. Una gonna, un pantalone. È davvero questo che ci sconvolge ancora nel 2025?».
Non è una provocazione: è la sintesi di un pensiero che attraversa tutta la sua arte. Il drag, per Pangina, è possibilità. Di esprimersi, di guarire, di vivere al di fuori delle regole imposte. Un’esperienza che ha radici nella sua storia personale, cresciuta tra Bangkok e Los Angeles, formata nella danza, nell’arte, nella nightlife queer, fino a diventare una figura di riferimento. «Tutto ciò che ho imparato – dalla coreografia alla curatela museale – trova spazio nel drag. È un’arte che accoglie ogni parte di te, anche quelle che pensavi di dover nascondere».

La Svizzera, secondo lei, è avanti su molti diritti LGBTQ+, ma la battaglia non è finita: «La Thailandia ha appena legalizzato il matrimonio gay, ma ci sono ancora tanti Paesi dove amare è un crimine. Continuare a essere visibili, a creare comunità, è fondamentale. Non dobbiamo abbassare la guardia».
Parlando alla comunità drag locale – invero ancora giovane in Ticino – Pangina incoraggia chi inizia a non dimenticare l’obiettivo principale: «Far stare bene le persone. È facile perdere la testa tra stress e dettagli, ma se il pubblico ride, balla, si sente accolto, allora abbiamo fatto centro. Il drag è questo: creare felicità in uno spazio sicuro».
In fondo, conclude, «la vita è già troppo seria. Ogni tanto, mettersi un paio di tacchi può essere il gesto più sovversivo e liberatorio del mondo».