Chiusura della LATI: «Le abbiamo tentate tutte»

«È un pezzo di storia ticinese che se ne va». Non nasconde il rammarico Carlo Croci, presidente del Consiglio di amministrazione della LATI SA, che chiuderà i battenti entro i prossimi sei mesi. A rimanere, invece, è la delusione. «Una grande delusione» ammette Croci: «Con un capitale di dotazione di 5 milioni eravamo convinti di farcela. E invece si è rivelato tutto più difficile del previsto». Già, perché già cinque anni fa la LATI rischiò di fallire. Alle prese con gravi difficoltà finanziarie, venne avviata un’operazione di salvataggio che comprendeva diverse misure: un nuovo piano industriale, una riduzione dei posti di lavoro e, appunto, un aumento del capitale. Non è bastato. «Innanzitutto, il danno che abbiamo trovato era molto più ingente di quanto ci aspettassimo. Poi, piano piano, abbiamo lavorato sulla qualità, e siamo migliorati. Ma nel frattempo gli avvenimenti a livello globale hanno stravolto tutto».
La crisi sanitaria prima, quella energetica poi e il cambio franco-euro hanno complicato la situazione. «Malgrado gli sforzi, non siamo riusciti a far affermare i nostri prodotti nella Svizzera tedesca», spiega Croci. E i rincari generalizzati hanno spinto i consumatori a rivolgersi al mercato della vicina Italia, penalizzando i prodotti caseari ticinesi. «L’esigenza di far quadrare i conti ha spinto molti ad acquistare all’estero, svantaggiando il consumo locale», dice Croci. Pur precisando: «Non mi sento però di giudicare nessuno, capisco l’esigenza delle famiglie». Senza questo «contesto sfavorevole, però, magari sarebbe stato tutto diverso».
Licenziamenti in vista?
La chiusura della storica sede di S. Antonino comporterà anche una perdita di posti di lavoro. «La LATI impiega attualmente 21 persone e due apprendisti. Alcuni dipendenti e gli apprendisti saranno assunti da Cetra Alimentari SA (sei dipendenti e un apprendista) e dal Caseificio del Gottardo di Airolo (due dipendenti e un apprendista). Per le altre dodici persone stiamo ancora cercando una soluzione e speriamo di poterla trovare entro la fine di giugno».
I formaggi
E per quanto riguarda i prodotti? La produzione dei formaggi semiduri a crosta lavata, Merlottino, Fontella, Sole del Ticino, le Formaggelle e i “Büscion” saranno in futuro affidati al Caseificio del Gottardo. «Si tratta di un volume di circa 1,6 milioni di kg di latte o 140 tonnellate di formaggio», rileva Croci. Il commercio e il confezionamento, compreso quello del formaggio d’alpe ticinese, saranno invece trasferiti alla Cetra Alimentari SA di Mezzovico. Infine, per i formaggi molli e per il latte pastorizzato si sta valutando il trasferimento ad altri trasformatori di latte o caseifici in Ticino. «Per i formaggini freschi - commenta ancora Croci - stiamo avviando discussioni con alcune persone che potrebbero riprendere l’attività». Discorso diverso, «più complesso», invece per il confezionamento del latte. «Era già molto complicato per LATI, perché chi lo fa per la Svizzera tedesca ha volumi che sono centinaia di volte superiori a quelli in Ticino e dispone di strutture diverse, con altri costi».
«Nulla di intentato»
Nel corso degli ultimi anni, assicura il presidente del CdA, non è stato lasciato nulla di intentato. «Era difficile fare di più, abbiamo provato tutte le strade». In particolare, spiega Croci, «per cercare di riprendere interamente l’attività di LATI, abbiamo analizzato a fondo la possibilità di un trasferimento completo della produzione nel Caseificio del Gottardo». A conti fatti, però, l’investimento sarebbe stato eccessivo. «Per un’iniziativa del genere servivano tra i 7 e gli 8 milioni di franchi. Investimenti che non sarebbero stati redditizi, considerando l’incertezza delle vendite». La valutazione, evidenzia, è stata fatta in maniera seria e articolata: «Nonostante l’impegno, l’esito è stato insoddisfacente per via dell’onere di investimento». Sfumata questa possibilità, è parso inevitabile discutere della chiusura della sede di S. Antonino. «È un grande dispiacere, ma confido che - di qui a sei mesi - riusciremo almeno a riattribuire sul territorio anche i formaggini freschi, in modo che tutta la produzione di formaggi a marchio LATI possa restare in Ticino e preservare il nostro marchio».