Ci sono dubbi sugli auto-test

Sette giorni fa la Confederazione ha scelto di intraprendere la via – per certi versi sorprendente – delle riaperture. Stiamo dunque arrivando a un momento cruciale: a breve si capirà se le maggiori libertà stanno avendo un impatto sull’andamento della pandemia. A Pasqua, è bene ricordarlo, non s’è verificato alcun picco nei contagi. I numeri, infatti, sono elevati ma stabili da parecchie settimane, in Svizzera come in Ticino.
Per capire meglio a che punto ci troviamo, abbiamo dunque chiesto un’istantanea a Giorgio Merlani, medico cantonale. «La fotografia del momento racconta da un lato una sostanziale stabilità, dall’altro una certa incertezza» spiega. «Non voglio sembrare una cassandra, eppure noi seguiamo tutta una serie di parametri sull’evoluzione epidemiologica. E uno di questi riguarda i casi positivi: prima dell’avvento dei test fai-da-te avevamo un ottimo grado di affidabilità di questo parametro. Oggi, invece, abbiamo qualche dubbio in più. C’è infatti il sospetto che questi strumenti diagnostici abbiano intorbidito le acque».
Qualcosa non torna
Il campanello d’allarme, se così si può definire, riguarda la discrepanza fra casi positivi e ospedalizzazioni. «Il numero di tamponi in nostro possesso non corrisponde in modo preciso a quello dei ricoveri attesi» sottolinea Merlani. «Sulla base dei contagi che vengono segnalati ci aspettiamo un numero più basso di ospedalizzazioni giornaliere. Invece, attualmente i ricoveri sono più elevati del previsto. Se oggi ci sono 100 casi, fra sei giorni il 10% di questi positivi deve essere ricoverato. Oggi questa proporzione non è rispettata. Non dovrebbe essere così, anche perché la popolazione più vulnerabile è stata vaccinata». Qualcosa, dunque, non torna. Cerchiamo allora di capirne le cause.
Meno test ai checkpoint
Secondo il medico cantonale, sono essenzialmente due le possibili cause: «Sappiamo che la variante inglese è un po’ più aggressiva, e dunque i casi gravi sono più frequenti» spiega. «Ma la discrepanza potrebbe anche essere dovuta al fatto che non tutti gli auto-test che risultano positivi vengono effettivamente dichiarati. Se così fosse, sarebbe catastrofico». Ma c’è un altro dato «sospetto», quello relativo ai checkpoint, dove vengono indirizzate le persone con sintomi o con risultato positivo dell’auto-test. Ancora Merlani: «Se fino a un mese fa venivano effettuati 1.000 test PCR alla settimana con un tasso di positività di circa il 10-12%, dall’introduzione dei tamponi casalinghi il numero di test nei checkpoint è sceso a 500. Ma il tasso di positività non è cambiato. Prima identificavamo praticamente tutti i positivi, oggi invece nutro qualche dubbio».
Per quanto riguarda il capitolo riaperture, la Confederazione ha preso decisioni importanti, permettendo dal 19 aprile scorso la ripresa di molte attività economiche, sportive e culturali. «Personalmente sono contento che il Consiglio federale abbia detto, al termine dell’ultima seduta, di non voler procedere con altre riaperture fino a fine maggio» dice il medico cantonale. «Quelli decisi a metà aprile sono stati degli allenamenti generosi, coraggiosi e per certi versi sorprendenti, dunque trovo giusto aspettare un mese prima di decidere il da farsi. Ad ogni modo dovremo aspettare qualche giorno ancora prima di capire se le aperture avranno prodotto degli effetti negativi sulla pandemia. In molti cantoni svizzeri il tasso di replicazione è superiore a 1. Stanno salendo, e se la curva diventa esponenziale sappiamo che è molto difficile fermarla».
La traiettoria sperata
L’unica curva della pandemia che deve crescere è quella relativa alle vaccinazioni effettuate. Una curva che in Svizzera – dopo un inizio a rilento – sta cominciando a prendere la traiettoria sperata. «Finalmente i motori sono caldi e l’accelerazione è possibile» rileva Merlani. «L’operazione logistica che sta dietro alla campagna, ve lo garantisco, è immensa. Inizialmente poi non era sensato mettere in piedi 45 linee per le vaccinazioni, perché mancavano le dosi. L’incertezza riguardo alle forniture era elevata, si è voluto evitare – anche per una questione di percezione fra la popolazione – di dover annullare appuntamenti già stabiliti, com’era purtroppo avvenuto inizialmente». Già, la percezione della popolazione. Un tema delicato: alcuni cantoni svizzeri hanno aperto le iscrizioni anche ai giovani non perché vaccinano più velocemente, bensì a causa di un basso tasso di adesione nelle fasce con età avanzata. «In Ticino l’adesione fra gli anziani è molto buona» ribadisce il medico cantonale. «E la tabella di marcia procede senza intoppi. Se le tempistiche date dal farmacista cantonale verranno rispettate? Tutto dipende dall’arrivo dei vaccini. Personalmente sono un po’ preoccupato per ciò che succede in Europa, con alcuni Stati che progressivamente abbandonano la strategia AstraZeneca o Johnson&Johnson. Vuol dire che tutti sposteranno l’attenzione su Moderna e Pfizer, i vaccini che utilizza la Svizzera. Ad ogni modo faccio un appello: i vaccini sono sicuri e funzionano. Nella storia della medicina i vaccini sono una delle scoperte più importanti».