Claudio Zali e la frecciata all'UDC: «Nessun doppio passaporto»
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La prima delle quattro feste elettorali della Lega verrà ricordata come quella dell’«escalation» nei rapporti - invero mai davvero sereni, nemmeno dopo aver ricevuto il «timbro» da parte delle rispettive basi - fra il movimento di via Monte Boglia e l’UDC.
Oggi, al Mercato coperto di Giubiasco, appena dopo il salamino e poco prima del risotto, Claudio Zali ha infatti voluto tracciare una linea netta fra sé, la Lega e i «cugini» di lista democentristi. Dal palco, il consigliere di Stato non è stato tenero (eufemismo) con la campagna elettorale portata avanti dall’UDC. Pur senza mai fare nomi, il messaggio fatto passare ai simpatizzanti e ai candidati presenti è stato chiarissimo. «Oggi inizia la campagna elettorale», ha esordito Zali. «Siamo qui da più di trent’anni. Io stesso ho una carica istituzionale nella Lega da più di trent’anni, dal 1992. Con fierezza, con orgoglio e con convinzione credo di avere dato alla Lega e al Paese tanto. E dalla Lega e dal Paese ho ricevuto tantissimo. Ora dobbiamo serrare i ranghi e decidere cosa vogliamo fare per i prossimi quattro anni».
Come ha evidenziato Zali, quella del 2 aprile è solo la prima di tre sfide elettorali importanti (in autunno ci saranno le Federali e nel 2024 le Comunali). «Ogni santa volta ci danno per finiti», ha poi proseguito il direttore del DT. «Dicono che la Lega sta andando in pezzi, che ha perso persone importanti (e su quest’ultimo punto, Zali ha ricordato la scomparsa del Nano, ndr). Ecco perché dobbiamo votare e fare votare Lega. E quando dico Lega, intendo proprio Lega. Niente doppi passaporti, niente alleati di comodo. Lega e Lega. Se faremo questo, le cose andranno bene. Perché anche se ci danno per finiti, non è così. Chi fa gli interessi del cantone siamo noi e nessun altro. Non facciamo gli interessi di alcuna lobby, non siamo al servizio di nessuno, non riceviamo ordini da nessun partito nazionale».
Il fastidio
Sì, in tre minuti scarsi di discorso Zali ha alimentato una volta ancora le fiamme sui rapporti con l’UDC di Piero Marchesi (oggi assente, mentre c’erano i deputati Lara Filippini e Tiziano Galeazzi).
«È chiaro che a me questa alleanza va stretta», ha ribadito al CdT, una volta terminato il discorso, lo stesso consigliere di Stato. «È fastidioso. Se Boris (Bignasca, ndr) prendesse il mio posto, sarei il primo a complimentarmi con lui. Perché verrebbe eletto con i voti della Lega ed è un leghista».
Zali vede un problema di interpretazione dell’alleanza Lega-UDC per la corsa al Governo. Un’alleanza che «doveva avere finalità a geometria variabile a seconda delle tornate elettorali. Ora invece sembra che qualcuno voglia prendersi tutto, perché non dimentichiamoci che sul menu c’è anche la poltrona di sindaco di Lugano. E lo dico sperando di essere smentito».
A ogni modo, prosegue ancora Zali, «da qui al giorno delle elezioni il mio invito sarà che i leghisti votino i leghisti».
Già. Ma perché, chiediamo, fra Zali (e parte della Lega) e l’UDC non si è creato il clima giusto nonostante l’assenso delle rispettive basi?
«Probabilmente perché qualcuno ha annunciato di voler raccogliere le firme per prendersela con una legge non ancora entrata in vigore (la tassa di collegamento, ndr). Una legge che viene associata a un consigliere di Stato. È stato detto più volte che qualcuno mira al mio posto. Ma se con il 6% dei voti si vuole arrivare in Governo, bisogna evidentemente camminare sul cadavere di qualcuno».
Cosa significa perdere
Alla festa della Lega di Giubiasco (circa 250 i presenti) hanno preso la parola anche il consigliere di Stato uscente Norman Gobbi e il candidato Boris Bignasca. Il capogruppo leghista in Gran Consiglio ha ripercorso le principali vittorie politiche della storia del movimento per poi soffermarsi sull’attività dell’attuale legislatura. «Ho sentito dire in giro che la Lega è finita», ha detto. «Ma quelli che ho elencato sono tutti i risultati che abbiamo ottenuto. La Lega si impegna quotidianamente pur non avendo alle spalle i grossi media cantonali o la struttura e le risorse di un grande partito nazionale. L’eventuale sconfitta del movimento rappresenterebbe la fine di un modello locale all’interno della Confederazione. Perdere significherebbe mandare all’aria 30 anni di storia e di lotte».
Gobbi, da parte sua, ha messo l’accento sugli «sforzi che il Ticino e i ticinesi fanno per mantenere sicura la Confederazione. Ogni giorno rimandiamo in Italia migranti che illegalmente tentano di entrare in Svizzera non per cercare asilo bensì per transitare. Questo lavoro è troppo poco considerato, ed è per questo che a livello federale abbiamo chiesto un indennizzo finanziario e una copertura dei costi per la gestione di queste riammissioni semplificate verso l’Italia». In generale, ha concluso Gobbi, «il Ticino paga lo scotto della libera circolazione» a più livelli.