La storia

Come fare tutto giusto e vedersi sequestrare l'auto

Un uomo nel 2017 ha acquistato un’Audi da una società luganese: sette anni dopo gli è stata tolta perché risultava rubata - Dietro c’è una vicenda surreale, in cui lo sfortunato protagonista è infine rimasto con un pugno di mosche
©Shutterstock
Federico Storni
11.01.2025 06:00

Fare tutto giusto e vedersi comunque sequestrare la macchina, con le forze dell’ordine sotto casa a lampeggianti accesi, «manco fossi Totò Riina». È la paradossale e sfortunata storia capitata al nostro interlocutore, un uomo che ha vissuto un ventennio nel Mendrisiotto, dove ancora lavora, e che si è trasferito di recente a vivere in Italia, poco fuori confine. Ed è stato proprio qualche mese dopo il trasloco che è emerso il problema: il veicolo risultava rubato. Lui però lo aveva acquistato sette (!) anni fa da un rivenditore del Luganese, e fatto regolarmente collaudare e targare: «Possibile che nessuno se ne sia accorto prima»? Ora l’auto è tornata al legittimo proprietario, e l’uomo si trova con un pugno di mosche in mano. Anche per questo ha voluto raccontare la sua vicenda, nella speranza di smuovere qualcosa. Non sarà facile.

Grattacapi da Pescara

Quanto accaduto rasenta per certi versi l’assurdo. L’uomo ha conservato tutta la documentazione relativa all’acquisto, da cui emerge che è entrato in possesso dell’auto nell’estate del 2017. È un’Audi A4 station wagon grigia, che stava in un capannone in territorio di Monteceneri assieme a diverse altre vetture di lusso: «In quel contesto la mia sembrava quella più da morti di fame», ricorda. La vede, la prova e la paga in contanti, ottenendo anche il riscatto del suo vecchio veicolo: «Ho trattato con due ragazzi ben vestiti, non mi ricordo come si chiamavano. Siamo anche andati a Camorino insieme per sistemare le targhe e neppure lì è emerso alcun problema». Né emergeranno anomalie in un seguente collaudo da lì a qualche anno.

D’altronde, sino al 2021 agli occhi della giustizia non era avvenuto nulla di illegale. Qualcosa però cambia quella primavera, perché in Abruzzo, «forse a Pescara», fallisce la Delta Motor SRL, una concessionaria e rivendita di automobili. Quale curatore fallimentare viene nominato da un tribunale l’avvocato romano Guido Granzotto che, entrato in possesso delle carte scopre che la società aveva in pancia una ventina di auto che però mancavano all’appello: «Erano tutte di pregio: BMW, Audi, Porsche - ci dice. - Questa è la quarta che ho recuperato, le altre tre erano in Jugoslavia, Ungheria e Germania». Come ci siano finite, Granzotto non lo sa: «Era sparito un po’ tutto, compresi dei telefoni e la documentazione contabile. Ho dovuto cercare tutto, inclusi i creditori». I soci della concessionaria non si sono mai palesati durante la procedura fallimentare. Un fallimento sui generis, in altre parole: «Ho ricevuto richieste d’informazioni dalla Procura della repubblica di Pescara, afferma l’avvocato - quindi c’è anche del penale ma non so chi riguardi e per quali capi d’imputazione».

E in tutto questo bailamme a rimanere con il cerino in mano, nel 2024, è stato il nostro interlocutore: «È una situazione un po’ particolare - riconosce Granzotto - ma quelle auto risultavano registrate quali proprietà della Delta Motors, quindi nel mio ruolo ho dovuto sporgere denuncia per appropriazione indebita».

Il non luogo a procedere

Chiarito con gli inquirenti italiani che invece che ladro era egli stesso vittima - «Perché non si sono accorti della cosa durante lo sdoganamento?» - il nostro interlocutore ha poi sporto denuncia, in qualità di accusatore privato, presso lo sportello della Polizia cantonale a Mendrisio, ma il tutto si è in breve risolto - siamo a maggio scorso - in un decreto di non luogo a procedere emanato dalla procuratrice pubblica Francesca Nicora. In esso si legge innanzitutto che il Ministero pubblico non è competente per il reato di appropriazione indebita, essendo esso avvenuto in Italia. Per quanto riguarda un’ipotetica truffa, non è invece stato possibile stabilire cosa - e se - sapessero «lo sconosciuto venditore» o l’allora amministratore unico della società (nel frattempo fallita e radiata), un cittadino italiano «trasferitosi in Bulgaria nel 2020 sul cui ruolo nell’ambito della compravendita l’accusatore privato nulla ha saputo riferire».

Dato tutto ciò, e «in assenza di atti istruttori proporzionali eseguibili in Svizzera» (tradotto: un’indagine complessa che non non dava garanzie di buon esito) la procuratice Nicora ha dichiarato chiuso il caso.

Parla l’ex amministratore

Da noi contattato, l’ex amministratore unico della società montecenerina ha detto di non ricordare il caso in questione ma ha categoricamente escluso di commerciare in auto rubate: «Avevamo macchine nostre provenienti dall’Italia e altre dalla Svizzera, assolutamente nessuna ci risultava essere rubata. Se il nome Delta Motor mi dice qualcosa? Mai sentito». L’ex amministratore, che ha in un passato ormai lontano patteggiato a Roma in due occasioni per numerose truffe e ricettazione (e che stando alla sua utenza telefonica e ai suoi profili social potrebbe essere nel frattempo rientrato in Italia), ha poi affermato di aver tenuto per poco tempo l’attività, poi ceduta «a una persona del posto».

La cessione risulta in effetti a Foglio Ufficiale a metà settembre 2017, e dati i tempi tecnici è possibile che sia in realtà avvenuta prima o in concomitanza con quando il nostro interlocutore ha acquistato la «sua» Audi. Quella per cui, suo malgrado e senza colpa alcuna, oggi si ritrova appiedato, senza possibilità di recuperare i soldi spesi per acquistare la vettura e con l’onta di essersi trovato davanti casa due volanti della Polizia con i lampeggianti accesi. Con la frustrazione di aver sbagliato pur avendo fatto tutto giusto: «Scoprire che la Legge è impotente di fronte a un caso come questo mi ha deluso - conclude il nostro interlocutore. - E non mi capacito del fatto che la questione non sia emersa in occasione del collaudo del 2022 a Camorino, quando l’auto era già stata denunciata come rubata».