Scuola

Compiti, l'estate è cambiata

Funzionali all'apprendimento solo a determinate condizioni – Tiziana Zaninelli (DECS): «Non bisogna sommergere i ragazzi di lavoro, occorre moderazione e concertazione tra docenti» – Claudio Della Santa (SUPSI): «Con vacanze più strutturate rispetto al passato, queste attività sono un peso»
© CdT/Chiara Zocchetti
18.07.2023 06:00

Le vacanze estive sono uno dei momenti più attesi da bambini e ragazzi di qualsiasi livello di istruzione. Due mesi e mezzo di pausa dalla scuola, per ricaricare le batterie e tornare a fare quelle attività sacrificate per lo studio. Una pacchia. Eppure, questa tregua tanto desiderata pone delle domande a insegnanti e genitori. Non dimenticheranno mica quanto imparato durante l’anno? Saranno ancora capaci di concentrarsi? Come trovare un equilibrio tra dovere e piacere? E, soprattutto per le mamme e i papà, in che misura e come aiutarli nello studio estivo? Queste le riflessioni principali, che portano a interrogarsi sui famigerati compiti per le vacanze.

Nessun obbligo

A livello istituzionale, l’articolo 47 del regolamento della scuola media porta sui compiti a casa, ovvero le cosiddette «attività scolastiche a domicilio». Si tratta di un articolo che dà indicazioni generiche. Dunque non contiene norme o disposizioni precise sulla quantità o sull’obbligo di assegnare effettivamente questi compiti. I docenti hanno sicuramente un margine di manovra, che spiega anche le opinioni differenti che alunni ed ex-alunni possono avere riguardo a tali attività. Ma la responsabile della sezione dell’insegnamento medio del Dipartimento dell’Educazione, della Cultura e dello Sport (DECS), Tiziana Zaninelli, sottolinea due concetti importanti: moderazione e concertazione tra docenti. «L’attribuzione delle attività a domicilio deve essere oggetto di saggezza, non dobbiamo infatti sommergere i ragazzi di lavoro. Allo stesso tempo, i docenti del consiglio di classe devono anche coordinarsi, per non dare molti compiti a casa tutti allo stesso momento». In generale questo sembra funzionare, perlomeno secondo le percezioni del DECS. «Tra tutte le telefonate che riceviamo, i compiti per le vacanze non sono mai oggetto di lamentela», afferma la funzionaria. «Questo vuol dire che esiste equilibrio e ragionevolezza nella maggior parte dei casi». Poi dichiara, riferendosi alla sua esperienza pluridecennale di docente di scuola media: «Io ho sempre sostenuto che in estate i ragazzi debbano riposarsi e divertirsi. Il loro compito è concentrarsi sull’anno scolastico». 

«Serve un riscontro»

Insomma, non ci sono regole particolari e in linea di massima vige il buonsenso. Ma cosa dire ai genitori che vogliono che i figli mantengano la mente allenata durante i mesi estivi? Secondo Claudio Della Santa, docente ricercatore senior e responsabile della formazione continua nel Dipartimento formazione e apprendimento (DFA) della SUPSI, non c’è motivo di preoccuparsi. «Gli studi ci dicono che la pausa estiva non ha un impatto negativo sull’apprendimento degli alunni e che i compiti sono utili solo a determinate condizioni», spiega il docente. «Se l’attività riprende quanto visto in classe, consolidando così conoscenze già acquisite, e se l’allievo riceve un riscontro su quanto fatto, allora il compito è considerato efficace», precisa poi. In altre parole, un riassunto o un problema matematico non devono essere svolti e poi dimenticati in un cassetto. Tanto vale. Inoltre, ci sono numerose attività che rappresentano una valida alternativa ai classici esercizi che tutti conosciamo. «Tenere un diario delle vacanze incollando foto, facendo disegni e descrivendo i momenti vissuti è un ottimo modo per mantenere allenati quei processi mentali utilizzati anche a scuola», dice Della Santa. Poi, per i più piccoli, cucinare è un’attività interessante. «Come in cucina, anche a scuola si seguono procedimenti, si stimano quantità e si controlla passo per passo se quello che si sta facendo sia giusto», illustra.

Un tessuto sociale diverso

Ognuno ha un’esperienza molto personale in merito ai compiti per le vacanze: c’è chi li considera necessari, mentre altri, al contrario, li ritengono totalmente inutili; per alcuni sono troppi, per altri non abbastanza. L’unica cosa certa, è che ci sono sempre state mode. «Una volta si dava il famoso plico di schede facoltative, poi sono arrivati gli approcci più aperti ad attività meno convenzionali, come risolvere enigmi o creare degli erbari», afferma Della Santa. Comunque, in generale, grossi cambiamenti nel tempo, a livello di regolamento e di consigli dati ai docenti in formazione, non ce ne sono stati. Quello che però è cambiato, è la società. «La struttura sociale è molto diversa da come era una volta, perché spesso lavorano entrambi i genitori e ci sono molte più famiglie monoparentali», spiega Claudio Della Santa. «Ciò significa che ci sono tanti allievi che hanno un’estate molto pianificata, perché sono impegnati nei centri diurni e nelle colonie. In questo contesto, se sommati alle attività proposte – di ottima qualità – i compiti rappresentano un peso supplementare non indifferente». Secondo Della Santa, i docenti «si comportano di conseguenza, nonostante sia complicato destreggiarsi nell’eterogeneità di una classe». L’obiettivo, però, resta lo stesso per tutti: costruire le condizioni ideali per favorire l’apprendimento di allievi e allieve.