L’intervista

«Con un ospedale universitario la ricerca avrebbe ancora più peso»

Bellinzona, il direttore dell’Istituto di ricerca in biomedicina Davide Robbiani lancia l’idea - E sull’innovativo comparto che sorgerà alle Officine ha le idee chiare: «Sarà importante per ospitare attività chiave per la Svizzera italiana del futuro»
Davide Robbiani dirige l’IRB da agosto 2020. © CdT/Gabriele Putzu
Alan Del Don
17.02.2022 06:00

Da due decenni oltre ai castelli Bellinzona ha un altro patrimonio invidiato da più parti: l’Istituto di ricerca in biomedicina. Abbiamo intervistato il direttore Davide Robbiani che parla dell’importanza della ricerca, degli sviluppi del settore, della notorietà dell’IRB a livello internazionale e dei rapporti con la politica.

L’Istituto di ricerca in biomedicina (IRB) è oramai una solida realtà. È il fiore all’occhiello non solo di Bellinzona ma di tutto il Cantone. Le scoperte effettuate talvolta si trasformano in farmaci. Lei dirige l’IRB da agosto 2020. Fra le sue esperienze vi è anche l’attività universitaria negli Stati Uniti. Come sono visti l’istituto, Bellinzona ed il Ticino in generale oltreoceano? Sente la responsabilità del mondo che guarda con sempre più interesse alla Turrita?

«Attività scientifiche di eccellenza e le premesse per continuare a crescere sono state le motivazioni che mi hanno spinto a rientrare in Ticino. IRB nell’immunologia e IOR (Istituto oncologico di ricerca; n.d.r.) nella ricerca sui tumori sono istituti affermatisi internazionalmente per la qualità delle loro scoperte. La sfida è di mantenere alto il livello, non accontentandosi degli obiettivi raggiunti. Va in tal senso la recente costituzione di Bios+ (Bellinzona institutes of science), che raggruppa IRB e IOR con l’ambizione di sviluppare nella Svizzera italiana un centro di ricerca sulle scienze della vita riconosciuto a livello nazionale ed internazionale».

A fine novembre è stata inaugurata la nuova sede dell’IRB all’ex campo militare. Ma già ci si è resi conto che gli spazi sono stretti. Conferma che vi state muovendo per realizzare un edificio gemello proprio accanto al complesso progettato dal compianto architetto Aurelio Galfetti? Quando potrebbe essere inaugurato il nuovo stabile?

«Il 2021 è stato per noi un anno di grandi cambiamenti. Una bella e moderna nuova sede, ma soprattutto la convergenza sotto lo stesso tetto di IRB, IOR e dei laboratori di ricerca dell’Ente ospedaliero cantonale (EOC): oltre 250 tra studenti e ricercatori. Non ci si attendeva una crescita così importante e per questo già ora necessitiamo di spazi ausiliari esterni. IOR sta esplorando la fattibilità di un secondo edificio, e le premesse per una rapida realizzazione sono ottime».

Quanto è importante e perché la collaborazione con altre entità affermate sul territorio? Pensiamo appunto allo IOR, ai laboratori di ricerca dell’EOC, nonché a startup o aziende come ad esempio la Humabs Biomed.

«Le collaborazioni, vicine o lontane, sono numerose e preziose. Per esempio, le ricerche tuttora in corso sul coronavirus non sarebbero possibili senza la stretta collaborazione con colleghi europei e statunitensi, ma anche con medici degli ospedali ticinesi che hanno in cura pazienti affetti da Covid-19. Lo stesso per gli studi sulle malattie rare che coinvolgono l’EOC, o quelli sui linfomi con lo IOR. Ci sono poi anche aspetti pratici, come il risparmio risultante dalla condivisione di personale specializzato e strumentazioni avanzate. È positivo che il settore farma/biotech della Svizzera italiana sia in continua crescita, con nuove ditte in arrivo anche a Bellinzona. In ambito di formazione, i nostri partner più stretti sono la Facoltà di scienze biomediche dell’USI (cui IRB e IOR sono affiliati) e il Politecnico di Zurigo».

Il futuro della ricerca e dell’innovazione, a Bellinzona, avrà casa anche nel comparto che si svilupperà a tappe dal 2026 al posto delle Officine FFS. Vi troveranno di sicuro spazio il Parco dell’innovazione e, forse, una sede della SUPSI e dei laboratori del Politecnico federale. Senza dimenticare che, entro il 2030, alla Saleggina sorgerà l’ospedale regionale dell’EOC. Pleonastico aggiungere che ciò consentirà di sviluppare ulteriori sinergie. In particolare, cosa significherebbe e cosa porterebbe la presenza del prestigioso ateneo zurighese?

«La zona ex FFS sarà importante per ospitare attività chiave per la Svizzera italiana del futuro. Se pensiamo in termini di sinergie, sarebbe molto utile lo sviluppo di un ospedale universitario vero e proprio, dove alla ricerca possa venir data la giusta importanza. Questo già esiste, ma solo in alcune discipline, come l’oncologia. Mi pare che grazie alla Facoltà di biomedicina questo obiettivo stia diventando sempre più realistico. C’è valore nella vicinanza alla Greater Zurich Area ma anche alla Lombardia, dove sussistono collaborazioni scientifiche importanti».

Quali sono invece i rapporti dell’IRB con la politica in generale, penso in primis al Municipio di Bellinzona? Vi sentite sostenuti?

«Da sempre sentiamo la Città a noi vicina e ne siamo molto riconoscenti. Per farci conoscere di più, cittadine e cittadini potranno visitarci durante una giornata di porte aperte, il 14 maggio. E in primavera si aprirà a Castelgrande un’esposizione dove si parlerà anche dei nostri studi. Nella prospettiva di sviluppare un centro di ricerca riconosciuto a livello nazionale saranno inoltre fondamentali i rapporti a livello cantonale e federale».

L’esperienza negli Stati Uniti

Davide Robbiani ha ottenuto il dottorato in medicina all’Università di Berna nel 2000 ed ha conseguito un dottorato di ricerca in Immunologia alla Cornell University di New York nel 2005. Durante gli studi di medicina è stato ricercatore all’Istituto Theodor Kocher e alla Rockefeller University. Robbiani è tornato alla Rockefeller nel 2005 per iniziare la sua formazione post-dottorato, dove ha continuato come membro della facoltà dal 2009 al 2020. Dall’agosto 2020 dirige l’Istituto di ricerca in biomedicina di Bellinzona; è subentrato al professor Antonio Lanzavecchia.