Confermata la destituzione di Quadri e Verda Chiocchetti

I due ex giudici del Tribunale penale cantonale Siro Quadri e Francesca Verda Chiocchetti «hanno gravemente violato i loro doveri di magistrato denunciando per il reato di pornografia il presidente del Tribunale penale cantonale, pur sapendo che la denuncia del collega per un reato che sapevano non sussistere è inaccettabile e inconciliabile con la funzione di magistrato».
È con questa motivazione che la Commissione di ricorso sulla Magistratura ha respinto il ricorso inoltrato dal patrocinatore dei due magistrati, l’avvocato Marco Broggini, contro il verdetto di destituzione emesso dal Consiglio della Magistratura (CdM) a carico dei due ex giudici. Il patrocinatore riteneva che quella decisione fosse «del tutto tendenziosa nell’esposizione e nei fatti, non priva di numerose considerazioni arbitrarie, e frutto di accanimento». Non così, evidentemente, per la Commissione, che ha quindi confermato la decisione dell’autorità di vigilanza. Nelle due sentenze-fotocopia (una per giudice), la Commissione rileva che «egli non si è fatto scrupolo di denunciare penalmente un suo collega, presidente del tribunale in cui era attivo (Mauro Ermani, ndr), per un reato infamante che sapeva essere del tutto infondato, cavalcando il conflitto suo e di altri per pura e semplice volontà di attaccare il suo avversario, in una fase in cui le istituzioni erano invece attive per risolvere quei conflitti». Dal documento che il CdT ha potuto visionare, emerge poi che «il ricorrente non ha avuto alcun riguardo per lo sconcerto provocato nell’opinione pubblica dal proprio agire e ciò che ne è seguito, così come nella perdita di fiducia nella Magistratura».
La Commissione ha quindi giudicato non tollerabile che all’interno del più alto tribunale cantonale, un magistrato abbia sfruttato scorrettamente «un mezzo legale per ‘‘fare la guerra’’ a un collega». Al riguardo, l’organo rileva che «in un simile collegio deve regnare unità d’intenti e tutti devono collaborare collegialmente per una corretta esecuzione dei loro compiti».
Nella sentenza, la Commissione spiega come i due giudici – nonostante le autorità competenti avessero avviato le necessarie verifiche – abbiano sfruttato a loro vantaggio il caso. Al riguardo, si legge: «Per mesi in Ticino si è scritto, dibattuto o parlato di ‘‘caos al TPC’’: caos ricondotto dapprima al preteso mobbing di cui sarebbe stata vittima una segretaria, e poi alla sconcertante fotografia inviata da Ermani. Senonché entrambe le circostanze erano da tempo oggetto di accertamenti e valutazioni a opera delle autorità preposte per legge al loro esame, ciò che era perfettamente noto al ricorrente; ciononostante, egli ha messo in atto tutta una serie di iniziative volte ad esasperare la situazione all’interno del TPC». Una situazione che tuttavia, sempre secondo la sentenza, sarebbe bastato affrontare all’insorgere delle prime incomprensioni. «Ispirandosi a quei principi –in primis del buon senso – che chiunque confrontato con una controversia sul posto di lavoro avrebbe applicato per risolvere. Il tutto di fronte a una cittadinanza e un’opinione pubblica comprensibilmente scioccate da quanto accadeva all’interno del TPC».
Alla luce di queste considerazioni, la Commissione ha quindi ritenuto che la destituzione fosse «l’unica misura in grado di ristabilire un clima di fiducia all’interno di un tribunale che si è trovato confrontato per mesi in diatribe perfettamente inutili e che hanno comportato non da ultimo un notevole impegno di alcuni giudici nell’evasione delle continue sollecitazioni che il cosiddetto caos al TPC ha comportato».
Motivazioni che tuttavia il legale dei due ex giudici ritiene non sufficienti e che pertanto, come comunicato dallo stesso avvocato a «la Regione», intende rimettere al Tribunale federale.