Crac Parmalat, condanna per riciclaggio
Al quarto processo di fronte a una Corte del Tribunale penale federale, l'ex manager di Bank of America Luca Sala è stato riconosciuto colpevole di riciclaggio di denaro nel filone luganese del crac Parmalat, gigante agroalimentare italiano che ormai un ventennio fa andò a gambe all'aria a causa di una bancarotta fraudolenta, in quello che è ancora oggi è ricordato come uno dei casi più gravi di questo tipo nell'Europa intera. Sala oggi è stato condannato dalla Corte d'appello del TPF presieduta dal giudice Maurizio Albisetti Bernasconi a una pena pecuniaria sospesa e al risarcimento a Parmalat di oltre 17 milioni di dollari (la società, nel frattempo salvata dal fallimento, ne chiedeva oltre cinquanta). A tale scopo - e per pagare le ingenti spese processuali - la Corte d'Appello ha ordinato il sequestro di conti a lui riconducibili per un saldo totale di circa nove milioni di franchi.
Un iter giudiziario complesso
L'iter giudiziario elvetico è stato lungo e complesso, e non è detto che si esaurisca con questa sentenza, contro cui è ancora possibile ricorrere al Tribunale federale. Basti ricordare che Sala, che si è sempre dichiarato innocente, è già stato assolto dall'accusa più grave (ci arriviamo) per ben tre volte: nel 2014, nel 2017 e nel 2019. Il Tribunale Federale aveva però ordinato un nuovo giudizio nelle prime due occasioni. Contro la terza assoluzione l'accusa (il Ministero pubblico della Confederazione) aveva ricorso alla neonata Corte d'appello del TPF: il dibattimento si era svolto un paio d'anni fa e la sentenza è quella comunicata oggi. Vale a dire la prima condanna di merito in Svizzera per riciclaggio di denaro aggravato ai danni di Sala.
Dovrà restituire 17 milioni
L'ex manager era in sostanza accusato - fra il 2000 e il 2003 - di avere riciclato in Svizzera almeno 52 milioni di euro provenienti da conti Parmalat, nell'ambito di un dissesto che aveva causato un ammanco totale stimato in 14 miliardi di euro. Inizialmente Sala doveva rispondere di 501 capi d'imputazione per riciclaggio, nel frattempo scesi a 212 perché per i restanti il reato si era prescritto. Di questi, per la Corte d'appello in 81 casi si è trattato effettivamente di riciclaggio aggravato, mentre per gli altri 131 Sala è stato prosciolto in virtù del principio "in dubio pro reo". Come si legge in un comunicato stampa del TPF, la Corte ha identificato una data "spartiacque" - il 18 luglio 2003 - in seguito alla quale il manager doveva quantomeno sospettare che i fondi da lui trasferiti in Svizzera fossero di origine illegale. Prima di quella data Sala lavorava presso la Bank of America, da cui era poi stato licenziato, e da poco aveva cominciato a lavorare come consulente proprio per Parmalat. Per la Corte prima del 18 luglio 2003 non vi sono in altre parole sufficienti certezze che sapesse dell'origine illecita dei fondi. Tutto ciò si traduce nel riciclaggio di oltre 17 milioni dollari: la cifra riconosciuta di principio a Parmalat, che potrà comunque far valere le proprie pretese anche in ambito civile.
Non è in ogni caso detto che la vicenda si chiuderà qui: come detto, la sentenza potrebbe essere di nuovo impugnata e portata davanti al Tribunale federale per una terza volta.
Condannato anche in Italia
La posizione processuale di Sala si è dunque complicata in Svizzera. Ma non solo. Lo scorso anno il Tribunale di Parma lo ha infatti condannato in prima istanza nella primavera del 2022 a sette anni di carcere, assieme ad altri due ex manager di Bank of America, con l'accusa di bancarotta fraudolenta impropria. La fattispecie, si legge ad esempio su Repubblica, risale alla fine degli anni Novanta e riguardava i finanziamenti delle attività di Parmalat in Sudamerica. Stando al Tribunale di Parma, Sala e gli altri due ex manager avrebbero continuato a concedere prestiti al gigante agroalimentare pur sapendo che versava in condizioni finanziarie avverse.